Proseguiamo nella nostra analisi delle asset allocation più “gettonate” negli Stati Uniti. Questa settimana ci occupiamo del celebre Ivy Portfolio reso famoso dal libro dell’analista americano Meb Faber. Il libro sostanzialmente cerca di spiegare le strategie di investimento dei gestori finanziari di Harvard e Yale, due delle università più importanti degli States.
Quella che vedete qui sotto è la composizione semplificata di questo modello (ovviamente tarata sull’investitore americano). Lo stesso Faber propone un approccio di momentum mentre i dati che mostreremo a seguire prevedono una simulazione basata sulla staticità ed il solo ribilanciamento. Ancora una volta la fonte è Portfogliocharts.com.
20% Azioni America
20% Azioni Internazionali (ex-Us)
20% Governativi Usa
20% Commodities
20% Reit
Come si è comportato questo portafoglio dal 1972 ad oggi? Al netto dell’inflazione e al lordo di eventuali commissioni e tasse, il grafico riportato qui sotto mostra il risultato storico di Ivy Portfolio. Un rendimento medio annuo del 6,6% con una volatilità del 11,4%.
Questo portafoglio ha perso denaro nel 23% del tempo (ricordo che parliamo di 43 anni di storia) e che ha passato il 39% del suo tempo a ruotare attorno al rendimento medio.
Altre indicazioni statistiche le troviamo qui sotto.
Il peggiore drawdown si è verificato dal 1973 per una durata di 5 anni. A seguire la striscia peggiore di perdite consecutive (quattro) è stata quella 2008-2012. Nell’anno peggiore questo portafoglio ha perso il 31%, in quello migliore ha guadagnato il 26%. La migliore decade ha fatto registrare un +11,1% annuo, la peggiore un +1,4% annuo.
Mai quindi l’Ivy portafoglio ha perso denaro al netto dell’inflazione in un arco temporale di 10 anni.
Interessante infine l’ultimo grafico che mostra i rendimenti annui composti (Cagr) su 15 anni rolling (ovvero se avessi investito ogni anno dal 1972 al 2001 er 15 anni).
Mai in negativo ovviamente anche su un arco temporale di investimento di 15 anni. Chi sta per chiudere l’investimento in questo 2016 (e che ha investito nel 2001) si porterà a casa un 4% al netto dell’inflazione. Non male considerando i due tremendi bear market del 2000/2002 e 2007/2008 che hanno appesantito quel 60% di equity di Ivy Porfolio.
Possiamo quindi dire che l’Ivy Portfolio è riuscito a dimostrare una buona tenuta negli ultimi anni anche se quel 20% di commodity ha pesato e non poco.
Personalmente proprio questo eccessivo peso di materie prime ed anche di Reit (azioni legate al settore immobiliare) non incontra i miei favori.
Questo sbilanciamento potrebbe essere un fattore di zavorra in uno scenario di “stagnazione secolare” caratterizzato da bassa inflazione. Al contrario una ripartenza dei prezzi al consumo riporterebbe l’Ivy Portfolio ad antichi splendori, ma di questo non v’è certezza.
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