Il mercato azionario è da sempre fonte di euforia e depressione. Dal minuto successivo all’acquisto di un’azione, un fondo o un ETF azionario quasi maniacalmente andiamo a scrutare, anche più volte al giorno, le pagine online dove vengono aggiornate le performance.
Come ho già spiegato diverse volte, compiere questo esercizio una volta al giorno è malsano perché abbiamo circa una probabilità su due di visualizzare segni negativi. Il problema è che anche compiere questo gesto una volta al mese (oppure all’anno) può essere fonte di cocenti delusioni.
I motivi e le conseguenze di investire pochi soldi in azioni
Per il solito principio che la perdita provoca molto più dolore del guadagno, alla fine investire in azioni diventa una sofferenza costante.
Alcuni investitori nel lungo periodo, e dopo un percorso di educazione ed esperienza, sopportano relativamente bene l’idea di subire le oscillazioni dei prezzi. Altri lo fanno scarsamente convinti, altri ancora rifiutano proprio di prendere in considerazione l’ipotesi. Non a caso quattro italiani su dieci non ha idea di dove investire e tiene i propri soldi su conti correnti.
Il famoso orizzonte temporale diventa così un optional inutilizzato, che ogni tanto qualche bravo consulente cerca di ricordarci sia durante i periodi di guadagno, quando la tentazione di “portare a casa” i profitti (soprattutto se ottenuti in poco tempo) è alta, che durante le fasi negative dove la sensazione dominante diventa quella di aver fatto tanti sacrifici per nulla. E così, come gli ex fidanzati del passato, anche l’investimento diventa una pratica che preferiamo evitare.
Pensiamo troppo a perdite che statisticamente sono molto meno frequenti dei guadagni
Chissà perché la nostra mente metabolizza che i momenti di perdita coprono la maggioranza del tempo.
In realtà dal 1978 a oggi gli anni negativi sull’indice azionario mondiale Msci World hanno rappresentato solo il 25% del tempo totale.

Fonte: curvo.eu
L’investimento in azioni è razionalmente quello che dovrebbe produrre i maggiori guadagni, ma è anche quello che effettivamente porta maggiori preoccupazioni e rimpianti.
Pensieri ricorrenti
Tra i pensieri ricorrenti che tipicamente attraversano la mente dell’investitore c’è il “sono entrato troppo presto” oppure “sono uscito troppo tardi”. Rispetto a cosa è come sempre un fattore personale, ma l’associazione è solitamente negativa con un minimo comune denominatore. entrato troppo presto rispetto a un valore che scende nei giorni, settimane o mesi successivi. Uscito troppo tardi rispetto a un valore che è sceso nei giorni, settimane e mesi precedenti.
La classica mania di persecuzione di rimanere con il cerino in mano non ci abbandona ed è anche per questo che gli “haters” degli ETF passivi possono stare tranquilli. La gestione attiva degli investimenti non ci abbandonerà mai perché è insita nei nostri più profondi istinti.
L’unica certezza che abbiamo quando investiamo denaro sul mercato azionario è che una correzione di mercato prima o poi la conosceremo da vicino.
E se siamo investitori di medio lungo periodo molto probabilmente sarà una correzione che potrebbe anche arrivare al 30-35% sul valore del nostro capitale. Questo ci dicono le medie storiche.
Ma come ripeto spesso, investire è anche un gioco di probabilità ed essere bravi significa stare dalla parte dove le percentuali di successo sono maggiori. Sbagliando il meno possibile.
Nel lungo periodo le probabilità di essere vincenti stanno dalla parte di chi investe in azioni, ma abbiamo anche visto che la paura di perdere soldi nel durante frena (e non poco) il raggiungimento di una ideale asset allocation nella classe di investimento azionaria.

Fonte: awealthofcommonsense.com
Se acquistiamo oggi, oppure se abbiamo già investito, non possiamo sapere se da qui partirà una discesa dei prezzi del 35%, oppure se questa discesa comincerà dopo una salita dei prezzi di un altro 20%.
La cosa migliore in questo caso è cercare di comprendere la nostra reale tolleranza alle perdite.
Come capire facilmente quante azioni avere in portafoglio
Il report costi Mifid che le banche inviano ogni anno nella nostra casella di posta (a proposito era obbligatorio l’invio entro il 30 aprile, verificate se l’avete ricevuto) è molto più scioccante ed efficace quando presentato anche sotto forma di quanto paghiamo alla banca per investire i nostri risparmi in valore assoluto oltre che nella classica percentuale. Così ho tentato di fare lo stesso esercizio per cercare un sistema che facilmente identifichi la nostra ideale quantità di investimento azionario tenendo conto di quanto siamo disposti a rischiare.
Supponiamo di disporre di un capitale investito di 150 mila euro.
Il nostro rischio è equamente ripartito tra azioni e bond, 75 mila euro in capitale azionario, 75 mila euro in obbligazioni.
Quanto siamo disposti a tollerare come perdita massima prima di mollare la presa sull’investimento più rischioso, ovvero quello azionario?
La percentuale è sempre una risposta difficile da dare, ma il valore assoluto risulta essere un concetto con il quale le persone tendono a essere più sincere rispetto al valore percentuale, che richiede un passaggio di trasformazione non sempre agevole a livello mentale.
Ipotizziamo che 20 mila euro è la massima perdita tollerabile sui nostri investimenti per tutta una serie di valutazioni di età, esperienze, obiettivi e altro ancora.
Sempre consigliabile fare questo ragionamento con qualcuno che non risulti direttamente coinvolto nella cosa per evitare facili distorsioni del dato.
Numeri troppo bassi rendono ad esempio impossibili da raggiungere gli obiettivi. Numeri troppo alti potrebbero sottostimare l’impatto emotivo di un mercato ribassista per chi non l’ha mai vissuto sulla propria pelle.
Prendiamo il numero 20 mila lo dividiamo per 0,35 (il 35% di perdita media durante i mercati ribassisti “orso”). Otteniamo 57 mila euro.
Questo è l’ammontare massimo di azioni che ci possiamo permettere di avere in portafoglio. Non siamo disposti ad andare oltre.
Adesso trasformiamo questo valore in percentuale.
57 mila euro rapportati a 150 mila euro diventa 38%, quello che dovrebbe essere il peso corretto di azionario nei nostri investimenti in base alla reale tolleranza per il rischio.
A questo punto dovremo attivarci per ridurre di 18 mila euro le azioni in portafoglio (che facciamo scendere da 75 mila a 57 mila euro) per arrivare appunto al 38% e dormire sonni più tranquilli la notte. E come sanno bene i lettori del nostro blog questo è uno degli esercizi più importanti per l’investitore di buonsenso come abbiamo spiegato in questo articolo dal titolo “Quel pessimismo che non riusciamo a toglierci di dosso quando investiamo i nostri risparmi”.
Naturalmente lo stesso processo vale anche per chi è sotto dimensionato (la maggioranza degli italiani) dal lato dell’investimento azionario pur avendo obiettivi alquanto ambiziosi di rendimento.
Ipotizzando di essere disposti a perdere fino a 40 mila euro sull’investimento, questo significa che 40 mila diviso 0,35 fa 115 mila euro circa.
Tradotto in percentuali azionarie i 115 mila euro rappresentano il 75% dell’intero importo investito.
A questo punto non dovremo fare altro che vendere 40 mila euro di obbligazioni per comprare altrettante azioni ed essere allineati alla nostra personale tolleranza per il rischio.
I cattivi momenti arriveranno, quelli buoni pure, ma ora siamo (si spera) preparati per affrontarli al meglio.
Buon investimento.
Buongiorno Lorenzo,
Grazie per questo articolo molto interessante.
Nel calcolo della perdita massima del 35% andresti ad inserire solamente la quota azionaria o anche altre asset class “rischiose” tipo bond emerging, high yield e real estate?
Grazie per il chiarimento.
Un caro saluto
Mattia
Ciao Mattia, ovviamente il 35% è riferito alla componente azionaria tra la quale possiamo inserire tutto il “pacchetto” completo. Quindi aree geografiche, stili, valute e pure i Reits se intendi questo per real estata. Per completezza e volatilità anche commodity e oro entrano di diritto in questa percentuale comunque personalizzabile.
Le componenti obbligazionarie fanno storia a sè e quindi un profilo bilanciata avrà una percentuale di perdita tollerata più bassa. Ma ripeto anche in questo caso tutto è personale. Visto il 2022 sappiamo comunque che una perdita massima accettata del 10% sull’obbligazionario è una percentuale che non potrà permettersi tante divagazioni sul tema rischio bond.
Credo comunque che, a prescindere dall’asset allocation, il calcolo andrebbe fatto sulla propria soglia del dolore. E solo su quella fare le opportune considerazioni.