By |Categorie: Investimento|Pubblicato il: 6 Giugno, 2020|

Vorrei oggi concentrarmi su un evento che è passato abbastanza inosservato, visto il periodo estivo ma soprattutto l’osticità della tematica.

Ovvero la decisione della Banca Centrale Americana, la FED, di non alzare i tassi di interesse fino a che l’inflazione non abbia raggiunto e superato il 2% annuo.

In sintesi, i tassi di interesse in America (e quindi nel resto del mondo) rimarranno a zero o vicino allo zero per molti anni a venire.

Voglio qui spiegare come questa decisione impatterà, soprattutto positivamente, molti degli aspetti della nostra vita di tutti i giorni.

i tassi di interesse sui titoli di stato decennali di vari paesi nel mondo….tutto a zero o anche sottozero

Questa decisione è abbastanza rivoluzionaria perché cambia la modalità con cui le banche centrali muovono i tassi di interesse: di solito le banche centrali alzano preventivamente i tassi di interesse PRIMA che l’inflazione raggiunga il 2%. E questo rialzo, di solito, viene preso male dai mercati finanziari azionari, nonchè obbligazionari: perchè il denaro costa di più, per i privati, per le imprese, per le famiglie, per gli stati.

Un numero, il 2%, messo lì in tempi passati dalle banche centrali ma che ora non ha più ragione di esistere: perchè sono cambiate tantissime dinamiche dei sistemi economici e finanziari.

Ma soprattutto, questa decisione, ha una miriade di effetti importantissimi sulle nostre vite quotidiane, perché il tasso di interesse influisce direttamente sui mutui accesi con le banche, sui finanziamenti che abbiamo, sulle nostre pensioni future, ma soprattutto sui nostri investimenti.

Cominciamo con il dire che le banche centrali alzano o abbassano i tassi di interesse a seconda che nel sistema economico sia presente o meno l’inflazione.

L’inflazione è un nemico ostico da combattere, quando è molto alto, perché distrugge il nostro potere d’acquisto.
Sappiamo tutti perfettamente che €10.000 oggi non avranno lo stesso potere di acquisto tra 10 anni: Se c’è molta inflazione, diciamo un 2% annuo, con €10.000 oggi potremmo comprare, diciamo, una piccola utilitaria: tra 10 anni forse ci compreremo 2/3 dell’utilitaria stessa, con i 10.000 euro che avrebbero un valore pari a circa 7-7.500 euro di oggi.

Mi ricordo perfettamente quando, tra la metà degli anni Ottanta e l’inzio degli anni ‘90 i tassi di interesse “bancari” in Italia erano intorno al 15%: Cioè se qualcuno chiedeva un mutuo o un finanziamento le banche applicavano un tasso del 15% annuo.

Questo perché l’inflazione era intorno al 13/14% annuo. Ed i BTP avevano le cedole al 10%: poi nessuno capiva che se guadagnavi il 10% di cedola ma c’era inflazione al 13%, il tuo rendimento REALE era del -3%. Ma questa è un’altra storia.

Oggi l’inflazione è bassa, ben sotto il target del 2% annuo delle banche centrali e, prima che arrivi al 2% e salga ben sopra, le banche non alzeranno i tassi di interesse.

In sintesi, Le banche centrali alzano i tassi di interesse quando l’inflazione è molto alta per ridurla: se il costo del denaro (ad esempio, il costo percentuale del prestito preso in banca) è alto, ci sarà meno domanda. E quindi meno liquidità in giro e quindi meno inflazione.

Al converso, le banche centrali abbassano i tassi di interesse quando invece l’inflazione è bassa.

Questo cappello introduttivo serve solo per spiegare l’importanza delle decisioni delle banche centrali sui tassi di interesse: che noi vediamo come notizie che passano sui giornali, web e telegiornali, ma non abbiamo mai la percezione reale di quale impatto possano avere sulle nostre vite di tutti i giorni.

Ed io sono qui per elencarvi, sommariamente, una serie di conseguenze su cui dovremo confrontarci nei prossimi anni: già però organizzandoci da oggi per approfittare o proteggerci da questi tassi così bassi, a seconda che siamo investitori oppure debitori.

1. MUTUI/FINANZIAMENTI PERSONALI/LEASING: Qui siamo dei debitori. Ovviamente il primo impatto è sul costo dei finanziamenti che abbiamo aperto con la nostra banca.

L’Euribor a 3 mesi – il tasso preso a riferimento da tutte le banche per i mutui a tasso variabile – è negativo: -0,47% – la banca ci applica uno spread, di solito dell’1.5%, quindi il tasso dovrebbe essere intorno all’1%. Dovrebbe. Bisogna negoziare con la banca

Se abbiamo aperto un mutuo qualche anno fa, i tassi oggi sono molto più bassi e dovete assolutamente contattare la vostra banca per rinegoziare il tasso di interesse (soprattutto se era a tasso fisso) o, in mancanza di una risposta positiva da parte della banca, surrogare il mutuo.

Il tasso fisso a 30 anni, 0.13% – a cui la banca poi aggiunge il suo spread, di solito l’1%, quindi un totale dell’1.13% a 30 anni ad oggi in italia. Soldi gratis praticamente

Lo stesso discorso vale per i finanziamenti e leasing: qui non si può né surrogare né rinegoziare, ma si può aprire un altro finanziamento da altra banca per chiudere quello attuale e spendere di meno di tasso interesse su quello nuovo.

Ovvero, come debitori andremo a pagare meno di interessi in questo campo, ma dobbiamo muoverci e negoziare. In pratica, dobbiamo indebitarci il più possibile perchè il costo del denaro è nullo ed, invece, usare il nostro cash o liquidità (che avremmo altrimenti usato per comprare beni e servizi) per essere investiti in modo più profittevole (vedere qui sotto).

2. I NOSTRI INVESTIMENTI: Qui siamo investitori. E non c’è bisogno di una laurea in tecnica dei mercati finanziari per capire che se il tasso di interesse è pari a zero, le obbligazioni – che sono legate a questo tasso di interesse con la loro bella cedola a zero – avranno rendimenti pari a zero nei prossimi anni.

Quindi se ci sono obbligazioni o fondi obbligazionari in portafoglio è ovvio che non ci si potrà aspettare niente in termini di rendimento dei prossimi anni. Le obbligazioni possono rimanere in portafoglio come parcheggio di liquidità e “buffer” contro la volatilità della parte azionaria, ma niente più.

E torna in ballo la nostra amica signora Tina: ovvero l’acronimo inglese per “There is no alternative”, nell’ investire nell’azionario. Che guarda caso sta facendo nuovi massimi da qualche settimana a questa parte: ovviamente parlo sempre e solo dell’azionario USA, dove noi investiamo.

Un po’ è dovuto a mancanza di alternative (“vendo l’azionario ai massimi: ma poi dove metto il cash?”), un po’ perché le aziende USA hanno dimostrato di saper prosperare anche durante la pandemia.

E se c’è un trend nuovo che ormai accelerato drammaticamente il suo avvento, ovvero quello dello Smart Working cioè il lavoro da casa, queste aziende sono esattamente al centro di questa rivoluzione – Apple, Amazon, Microsoft, Facebook, Nvidia, Netflix, Google, Shopify ecc – e riescono a produrre fatturato, utili, dividendi e cash flow a maggior ragione in un mondo in cui ci sarà poca gente che tornerà in ufficio.

Ci sono ripercussioni anche sul dollaro USA e sulla sua debolezza rispetto all’euro (e, quindi, sui nostri investimenti denominati in US$) e sull’oro: ma non sono così rilevanti

Però sull’oro proprio scriverò una newsletter ad hoc. Il titolo c’è già: “l’oro non è un investimento”.
3. LE NOSTRE PENSIONI: qui siamo “investitori”.

E si apre un capitolo importante ma, per semplicità, va affermato ancora di più il concetto che, già come italiani non investiamo e non scegliamo i fondi pensione integrativi aziendali o privati lasciando invece il TFR in azienda: ma quando decidiamo di sottoscriverli, scegliamo le strategie tranquille, bilanciate, poco “rischiose” ovvero tutte obbligazionarie che, ovviamente, non ci daranno nessuna performance nei prossimi anni.

Quindi cambiare immediatamente il comparto di investimento del proprio fondo pensione, sia quello negoziale che quello privato. Dal comparto tranquillo a quello “dinamico” o “espansione” o “crescita”: qui, sul sito dell’autorità di vigilanza dei fondi pensione, trovate le performance medie annue degli ultimi 10 anni e vedete bene la differenza di crescita se si è scelto un fondo dinamico rispetto ad uno tranquillo. Se avete problemi con le risorse umane che fanno resistenza, chiamatemi o scrivetemi.

Il TFR lasciato in azienda viene, invece, rivalutato ad un tasso lordo dello 0,75% annuo, già miserrimo di suo, legato appunto ad un’inflazione media del nostro paese. Inflazione che non c’è o rimane bassa: motivo per cui, ancora una volta, anche in Europa non si alzeranno per molto tempo i tassi di interesse da parte della BCE, come in America con la sua banca centrale, la FED.

E’ probabile che questo tasso di rivalutazione scende ancora di più nei prossimi anni e quindi il TFR praticamente non si rivaluterà di quasi niente quando lo ritireremo.

Spostare tutto il TFR (più fare una contribuzione autonoma del 2% dello stipendio mensile che l’azienda deve corrispondere) nei fondi pensione integrativi che l’azienda deve per legge offrire ai propri dipendenti o, se siete liberi professionisti, aprire un fondo pensione integrativo aperto (stile: https://www.secondapensione.it/ MA NON un PIP, piano individuale pensionistico, di emanazione delle società assicurative, che è costoso e di solito poco performante).
4. IL DEBITO PUBBLICO DEL NOSTRO PAESE (E DI QUELLO DI TANTI ALTRI PAESI): i tassi di interesse bassi sono una manna dal cielo per la montagna del debito pubblico che l’Italia ha accumulato nel corso degli anni, ma che anche altri paesi hanno aumentato notevolmente durante la pandemia.

Da noi siamo arrivati ad oltre 2400 miliardi di euro di debito, pari ad oltre il 140% del PIL prodotto in Italia.

 

Il debito pubblico italiano negli ultimi 60 anni, in termini assoluti (linea rossa), il PIL in miliardi di Euro (linea Blu) e in percentuale rispetto al PIL (linea viola): siamo al 140

Ma se il tasso di interesse che i governi devono pagare su questo debito viene tenuto basso e mantenuto basso per tanto tempo, non ci dovrebbero essere grandi tensioni dal punto di vista di finanza pubblica per pagare gli interessi sopra questo debito.

Perchè di questo si tratta: non di “restituire il debito pubblico” o ripagarlo, ma di essere in grado di pagare gli interessi su questo debito. Infatti, il debito che arriva in scadenza (quando ci rimborsano i nostri BTP), viene “riacceso” immediatamente emettendo nuovi BTP.

E’ quindi è molto improbabile che si arrivi, come si è parlato frequentemente nelle settimane e mesi precedenti, a patrimoniali per ripagare il debito pubblico. 

Soprattutto fino a che l’Europa (tramite la BCE) ci compra tutto il debito ed i BTP emessi e ci presta soldi con MES e recovery funds vari e variegati con tassi pari a zero, possiamo andare avanti ancora così per molto tempo.

Certo, non è una situazione ottimale perché comunque avere tanto debito sulle spalle è un freno alla crescita economica vista l’impossibilità dello stato di investire nell’economia, ma perlomeno non avremo interventi draconiani sulle nostre finanze private e sui nostri patrimoni.

Certo non dobbiamo aspettarci grandi aiuti dallo stato italiano, con riduzione delle tasse e semplificazione burocratica vista la qualità dei nostri “statisti” e l’inerzia della burocrazia statale: motivo per cui, e a maggior ragione, dobbiamo gestire bene i nostri investimenti, i nostri patrimoni e le nostre pensioni sfruttando il più possibile i tassi di interessi così bassi per molto tempo a venire.

Ed io sono qui ad aiutarvi per sfruttare al massimo questa rivoluzione così poco “chiassosa” ed, anzi per usare un paragone storico importante, “di velluto”.