Su Bitcoin è stato scritto tanto, anche su questo blog. Non c’è molto altro da aggiungere se non che sia un fenomeno speculativo con però alla base una tecnologia rivoluzionaria, la Blockchain, sulla quale mi soffermerò in altri articoli.
Oggi voglio focalizzarmi brevemente su due aspetti da non sottovalutare se si decide comunque di “investire” nelle cryptovalute:
1. il rischio esistenziale che gli stati le mettano al bando, perchè ovviamente stati ed governi non vogliono che le crypto “valute” soppiantino i dollari e gli Euro e le sterline e le lire turche e gli yuan – da qui la volatilità pazzesca degli ultimi tempi.
2. l’impatto tremendo ambientale di consumo di energia, dovuto dall’utilizzo continuo e costante 24/24 e per 365 giorni all’anno della rete di PC e servers in giro per il mondo per mantenere “accesa” l’infrastruttura su cui girano i Bitcoin, ovvero la Blockchain.
Doverosa una riflessione su due sviluppi recentissimi, che hanno causato il -50% dai massimi di Marzo.
1. GLI STATI SI SONO “SVEGLIATI”: era solo questione di tempo, ma prima o poi i “regolatori” del mondo degli investimenti (la SEC americana, la nostrana CONSOB), i partiti politici a capo degli stati (il partito comunista cinese), i dittatori di paesi emergenti (Erdogan in Turchia) hanno iniziato un’opera forse concertata per rendere illegale (semplifico) l’uso del Bitcoin in transazioni di compravendita.
Era partito Elon Musk, il fondatore di Tesla, dicendo un mesetto fa che avrebbe accettato Bitcoin per l’acquisto delle sue auto elettriche: prima ancora aveva annunciato che aveva investito 1.5miliardi di dollari della tesoreria aziendale di Tesla in Bitcoin (facendo rizzare i capelli agli azionisti di Tesla….brrrrrr).
Poi è arrivato l’hacking di una delle più importanti infrastrutture di raffinazione e distribuzione di petrolio degli Stati Uniti, la Colonial, che ha bloccato il rifornimento di benzina da una parte all’altra degli Stati Uniti.
E come si volevano far pagare gli hackers per sbloccare il software di controllo della Colonial? lo avete già capito, in Bitcoin (e gli hackers sembra siano riusciti a farsi dare 5milioni di $ in controvalore in Bitcoin).

Nel solo 2021, gli hackers in giro per il mondo sono riusciti a farsi pagare “riscatti”, per sbloccare servers e PC, per oltre 250$ milioni di controvalore in Bitcoin
Quindi?
E’ partita una serie di “annunci” di controlli fiscali per chi ha investito in Bitcoin (l’IRS, l’agenzia delle entrate USA) poi l’annuncio della Cina che non avrebbe più permesso (o quasi) transazioni in Bitcoin (anche perchè la banca centrale cinese sta lanciando la sua crypto valuta, lo e-yuan, controllato dal partito), Erdogan che fa lo stesso, la nostra Consob che mette in guardia dalle perdite che si possono avere sul Bitcoin e quant’altro.
Non so se sia finita qui la correzione del Bitcoin, dai massimi di Marzo di 60,000$ (ora a 36,000$), fatto sta che io ho un dovere fiduciario nei confronti dei risparmiatori ed investitori di metterli in guardia sulle mode e sulle speculazioni.
Investire è noioso, ci vuole molta pazienza, il tempo è dalla nostra parte se si sa e vuole aspettare, bisogna avere fiducia nelle aziende delle quali diventiamo soci che non ci fanno diventare “ricchi” in due giorni.
Perchè se fosse così semplice, nessuno lavorerebbe più. O mi sbaglio?
2. L’IMPATTO “AMBIENTALE” DEL BITCOIN: visto che ormai l’investimento “sostenibile”, “etico”, “rispettoso dell’ambiente” ecc è sulla bocca di tutti (per chi volesse rileggersi cosa abbiamo scritto sugli investimenti ESG come “moda”, può trovarlo qui), qualcuno si è svegliato (proprio Elon Musk di Tesla!) ed ha tirato fuori il segreto di pulcinella, ovvero che per mantenere “accesa” la blockchain su cui viaggia il Bitcoin, si consuma annualmente più elettricità che tutta quella consumata dalla Malesia e dalla Danimarca in un anno.

Elon Musk di Tesla ha fatto dietrofront ed ha twittato che il costo ambientale di “minare” i Bitcoin e mantenerli sulla Blockchain va contro i principi fondanti di Tesla stessa, ovvero l’auto elettrica non inquinante…ma va?
E quindi? Basta Bitcoin per Tesla, il Bitcoin va contro i principi green del pianeta, è una valuta “sporca” ed ora i fedeli del Bitcoin dovranno combattere anche con gli attivisti ambientali in giro per il mondo per difendere l’impatto negativo del Bitcoin sul pianeta.
Auguri.
In definitiva: ci sono troppe variabili e pochissime certezze sul Bitcoin e le cryptovalute per essere prese in considerazione come investimento.
Almeno per noi. Poi magari il Bitcoin andrà ad 1milione di dollari e mi sentirò come uno sciocco. Ma almeno una posizione l’abbiamo presa, nel bene e nell’eventuale male.
Chiudo con una menzione speciale di uno dei più bei film che abbia visto negli ultimi 20 anni.
E già qui mi espongo parecchio. D’altronde mi piace prendere posizioni, anche magari controverse (vedi il Bitcoin), anche perchè Nomadland può essere un film che “disturba” e può assolutamente non piacere.
Il fatto che abbia vinto il Leone d’oro a Venezia e svariati Oscar americani non è garanzia che il film possa, appunto, e debba piacere.
Purtroppo si trova, ad oggi, solo sul servizio di streaming di Disney (Disney +: per chi è amante dei film Marvel, della saga di Star Wars ed ha figli sotto i 16 anni, a 9 euro al mese, lo consiglio vivamente), ma arriverà anche su altre piattaforme in futuro.
Oppure al cinema: dico “oppure” perchè non è facile andare al cinema al giorno d’oggi e non so nemmeno se ci sarà un futuro per le sale cinematografiche, per come le abbiamo conosciute noi. I servizi di streaming (Netflix, Amazon prime, Disney + ecc) hanno letteralmente cambiato il nostro modo di guardare film, per non parlare di serie TV (ma questa è un’altra storia).
Comunque, per chi non conosce gli USA “profondi” ma anche per chi ha vissuto negli Stati Uniti o conosce il paese abbastanza bene, Nomadland è uno degli affreschi più belli ed intensi del famoso Midwest.
Quel Midwest che ha votato Trump nelle elezioni precedenti e che vive in un mondo tutto suo, completamente estraniato dalla realtà, che non sa che cos’è il Bitcoin, non sa che cos’è la block chain, non gli interessa, vive alla giornata, a contatto con la natura, in maniera super semplice.

Una immensa Frances Mc Dormand, la musa dei fratelli Coen, in Nomadland.
E’ un film poetico, tragico, triste, a volte paradossale, ma che racchiude bene lo spirito di quelle persone negli Stati Uniti che, costrette dalle crisi economiche locali devastanti, sono costrette a “partire”.
E quindi rifiutano lo status quo, rifiutano la tecnologia (eppure ci sono delle bellissime sequenze del lavoro che fanno nei centri di smistamento di Amazon), che vivono appunto come nomadi dell’era moderna.
Un qualcosa di completamente inconcepibile per noi che viviamo nelle grandi città e che siamo ormai abituati ad interagire in un certo modo, sia tra di noi che con la tecnologia.
Film dalla sceneggiatura semplice e anche da una trama molto essenziale, ma di grandissimo impatto emotivo e che consiglio veramente a tutti di vedere, anche solo per l’interpretazione fantastica di Frances McDormand.
La fotografia è altrettanto spettacolare: non ha vinto l’Oscar per questa categoria ma è ai livelli del vincitore (Mank, che si trova su Netflix qui)
Chissà cosa ne pensa Fern, la protagonista di Nomadland, del Bitcoin.
Penso già di saperlo.