By |Categorie: Investimento|Pubblicato il: 22 Dicembre, 2014|

Qualche giorno fa abbiamo discusso sull’opportunità o meno di coprire il rischio di cambio in un investimento azionario.

Questa settimana affrontiamo lo stesso tema, ma sull’investimento obbligazionario.

I bond hanno due fonti principali di rendimento: il flusso cedolare e la variazione di prezzo. Ovviamente la parte dominante del rendimento è rappresentata dalle cedole mentre una piccola parte può derivare nel lungo periodo dalla crescita del prezzo ed ovviamente solo se il bond viene venduto prima della scadenza. Questa regola vale però solo per le emissioni in valuta domestica (Euro), poiché per quelle in cosiddetta divisa out una terza fonte di rendimento può arrivare dall’apprezzamento della valuta di emissione del bond.

In alcuni casi la scelta ricade su un bond in valuta diversa da quella nazionale anche per diversificare il rischio emittente o spuntare un rendimento più interessante, ma questo pone il dubbio se per l’efficienza del portafoglio è meglio coprire il rischio di cambio oppure no.
A questo quesito risponde Alliance Bernstein con un interessante studio.


Tra il 1994 e il 2013 un classico investimento Global Aggregate tarato sull’indice Barclays ha prodotto nella versione coperta da rischio cambio un ritorno del 5.6% contro il 5.7% della versione non coperta, un inaspettato e sostanziale pareggio. L’analisi è tarata sull’investitore americano e la stranezza deriva proprio dal fatto che tendenzialmente in questo periodo il dollaro si è indebolito.

bond hedged
Ma la sorpresa più grande è un’altra. Sebbene l’esposizione valutaria è vista come fonte di diversificazione del rischio essa non riduce affatto la volatilità, anzi. Come si vede dal grafico un portafoglio global bond (fatto quindi di emissioni internazionali) con rischio di cambio coperto è risultato sempre meno volatile (quindi rischioso) dell’equivalente a cambio aperto, oltre che dello stesso investimento domestico in US bonds.

Quindi investire in bond globali con cambi aperti, dal 1994 al 2013, ha portato lo stesso risultato dei bond con cambio coperto, il tutto però con una rischiosità decisamente più elevata. Una preziosa considerazione da tenere presente quando si fa asset allocation. Soprattutto chi cerca un portafoglio bond che offra stabilità di lungo periodo deve tenere in considerazione Etf o fondi obbligazionari in valuta estera ma con il rischio di cambio coperto.

Fonte: AllianceBernstein – Global Bonds Beg the Currency Question

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