La duration è uno dei quei fattori importanti nel definire il grado di rischio tasso di un investimento obbligazionario. Non è naturalmente il solo rischio che affronta un investitore obbligazionario, ma è sicuramente uno degli elementi che impatta maggiormente sulle oscillazioni di prezzo offrendo all’investitore una misura sintetica e veloce di quali sono i rischi (o i benefici) di investire su titoli a bassa o alta duration.
Dal 1975 ad oggi, il 90% del ritorno dell’indice Barclays Us Aggregate Bond è arrivato dal flusso cedolare e questo indipendentemente dal movimento dei tassi; considerando che dagli anni ’80 i tassi di interesse sono costantemente in calo questo risultato la dice tutta su qual è la fonte primaria di performance dei prodotti bond oriented. Chiaramente le oscillazioni sui tassi del mercato creano volatilità sui prezzi, movimenti che tendono ad essere tanto più marcati quanto maggiore è la duration del prodotto.
La duration può essere calcolata in vari modi, ma il termine generico si riferisce alla duration effettiva, ossia alla variazione percentuale approssimativa del prezzo di un titolo al variare di 100 punti base del suo rendimento. Ad esempio, il prezzo di un’obbligazione con una duration effettiva pari a 5 anni aumenterà (o diminuirà) del 5% ad ogni diminuzione (o aumento) pari al 1% del suo rendimento.
La copertura (hedge) del rischio tasso sembrerebbe essere la soluzione a questo tipo di problema. Prendersi solo il flusso cedolare del prodotto azzerando il rischio di oscillazione dei prezzi pagando un piccolo premio per la copertura derivata è la ricetta magica. Questa considerazione spiega la nascita di molti prodotti gestiti (attivi e passivi) che mirano ad eliminare questa variabile dal rischio dell’investimento portando di fatto la duration a zero, peccato che il gioco non funziona esattamente così.
Supponiamo di avere un ETF Global Aggregate con duration 5 anni e di adottare una copertura del rischio di tasso andando corti (short) su un Treasury a 5 anni americano. Se i tassi salgono di 100 punti base, a fronte di un 5% di perdita sui prezzi per il prodotto con duration non hedging, dovremmo teoricamente trovare un perdita nulla per il prodotto hedged e questo grazie al guadagno della posizione corte del Treasury a 5 anni pari al 5%.
Quando si adottano delle operazioni di copertura la struttura derivata non è gratis, ma ha dei costi di transazione che percentualmente diventano sempre più rilevanti con l’abbassarsi dei tassi di interesse sottostanti all’investimento riducendo così il rendimento a scadenza. Ma questo è solo uno dei punti a sfavore dei prodotti a duration hedged.
Morningstar ha svolto un’analisi prendendo il Barclays Treasury 7-10 e il suo indice short e ne ha analizzato il comportamento in due periodo con tassi decennali crescenti. Nel primo caso, compreso tra dicembre 2008 (tassi decennali 2,42%) e aprile 2010 (tassi 3,85%), l’indice hedged ha portato a casa l’1,9% annualizzato contro l’1,7% dell’indice non coperto; questo piccolo vantaggio dell’indice hedged è arrivato però con una volatilità decisamente più elevata (10,8% contro 6,2% dell’indice aperto alla duration).
Ma come? Archeowealth è un errore! No affatto.
Anche nel secondo caso esaminato di rialzo dei tassi decennali compreso tra luglio 2012 (tassi a 1,53%) e dicembre 2013 (tassi 2,90%) la volatilità del fondo coperto è stata quasi doppia (9,6% contro 5,3%) dell’indice a duration non coperta. Oltretutto quest’ultimo ha ottenuto un rendimento annualizzato del 1% contro il – 0,1% dell’indice a duration coperta.
Interessante anche il confronto fatto da Morningstar tra un prodotto global aggregate e un prodotto US corporate bond nelle fasi di rialzo dei tassi di interesse recenti (teoricamente lo scenario migliore per il fondo hedge duration).
Fonte Morningstar
Come si vede dalla seconda e dalla terza tabella, anche in fasi di rialzo dei tassi l’indice a duration hedged ho fornito un ritorno minore.
In questo caso la compressione del rischio credito (100% nel Corporate Inv.Grade, meno della metà sul Global Aggregate) e le cedole più elevate potrebbero avere inciso in parte sulla sovraperformance.
Comunque il risultato del fondo a duration coperta non è stato ciò che ci si aspettava.
Un altro punto da rimarcare è quello relativo alla tecnicalità della copertura della duration che solitamente avviene andando short su un titolo free risk (Treasury o Bund).
Questo fatto comporta una copertura della duration non perfetta se ad esempio stiamo cercando di coprire un attivo diverso come un fondo Corporate. Il perché di questa imperfezione è da ricercare nella convessità.
La convessità spiega come la duration si modifica per effetto di un movimento dei tassi.
Corporate e titoli di stato hanno convessità diverse.
I bond con cedole nominali molto basse (tipicamente i titoli di stato) hanno una convessità più elevata, quelli con cedole più alte una convessità minore.
Questo significa ad esempio che un Treasury ha solitamente una convessità più elevata di un corporate con duration identica. In questo modo, quando i tassi salgono la volatilità sul titolo di stato è più elevata di quello di un corporate, lasciando di fatto un mismatch nella copertura con conseguente duration positiva (seppur ridotta) a carico dell’investitore che pensava di averla azzerata.
E’ esattamente il caso attuale con i tassi così bassi che rendono il Treasury molto convesso. Questo tecnicismo spiega anche perché i fondi hedged sono più volatili avendo appunto come sottostanti dei titoli di stato che, per effetto di una maggiore convessità, sono molto più sensibili alle variazioni dei tassi.
In conclusione i prodotti a duration hedged risultano più costosi, più volatili, con un rapporto rischio / rendimento peggiore dei fondi long only. A tutto questo si aggiunge, in fase di salita dei tassi, un mismatch nella copertura che espone l’investitore ad una, seppur moderata, duration positiva.
In questo caso la decisione di buon senso per un investitore che teme il rialzo dei tassi è quella di costruire un portafoglio di bond diversificato con scadenze ravvicinate mixate a scadenze lunghe.
Il rinnovo delle frequenti scadenze a tassi di mercato più elevati aggiusteranno il rendimento medio del portafoglio verso l’alto.
Fonte: Morningstar – Should Investors be thakful for interest rate hedged bonds?
Non credo che la differente convessità tra titoli di Stato e obbigazioni corporate investment grade possa giocare un ruolo determinante nel lungo periodo.
Ciò detto il vero costo delle coperture di duration non è tanto data dai costi di transazione (perchè la liquidità di futures per esempio su Bund o TNote è tale che i costi espliciti delle operazioni di copertura sono quasi nulli), ma è dato dal costo implicito che deriva dallo yield negativo che si paga mantenendo in portafoglio una posizione “corta” di tali futures.
Per esempio se ci si copre con un mix di Bund (decennale tedesco) e Bobl (quinquennale tedesco) il rendimento medio a scadenza del portafoglio di copertura è il vero costo della stessa. In questo caso spannometricamente avremmo un costo della copertura pari a 0.15% all’anno se ipotizziamo di avere per il 50% Bobl e 50% Bund (i rendimenti a scadenza attuali sono circa rispettivamente 0% e 0,3%).
Il discorso sarebbe assai diverso se i rendimenti a scadenza dei titoli free risk fossero decisamente differenti. Se per ipotesi il Bobl rendesse il 3% e il Bund il 4% il costo implicito della stessa copertura sarebbe alquanto differente (in questo esempio sarebbe del 3,%% annuo).
Quindi, a parer mio, con una curva dei tassi d’interesse molto appiattita verso lo 0, come è quella attuale europeo e anche giapponese, ma non quella americana e nemmeno quella inglese, la copertura del rischio di duration ha senso, quantomeno nel breve periodo, ovvero fintanto che il decennale non ritorna almeno al 2,5-3%. Oltre questo livello l’onerosità della copertura può renderla dal punto di vista effettivo poco efficacie per un portafoglio di lungo poeriodo.
Inoltre bisogna considerare anche un’altra cosa ovvero che i titoli in portafoglio possono appartenenere a fasce di duration differenti rispetto ai futures con cui viene fatta la copertura anche se mediamente la duration viene portata a 0; ciò potrebbe generare una copertura imperfetta e quindi potenziali perdite dovute a movimenti non paralleli della curva dei tassi di interesse (per esempio potrebbe capitare che si alzano i tassi sul tratto di curva che va da 6 a 8 anni ma non si alzano a 5 anni e nemmeno a 10 anni, unici due punti della curva su cui il portafoglio è puntualmente coperto; in questo caso i titoli che hanno una scadenza tra 6 e 8 anni all’interno del portafoglio perderebbero di valore senza che questo sia compensato da guadagni sui futures di copertura).
Guardando i dati Morningstar comunque la volatilità minore porta qualche argomentazione a favore della copertura del rischio tassi.
E’ anche vero, come tu stesso hai ricordato, che esistono altri fattori di rischio, nello specifico il rischio di credito dei bond corporate, che fluttua in modo indipendente rispetto alle variazioni dei tassi e di solito in modo inverso rispetto alla curva dei tassi d’interesse (classicamente quando i dati macro sono positivi e in miglioramento aumentano i tassi e contemporaneamente si riducono gli spread creditizi e viceversa); questo andamento configura già di suo un hedging naturale e questo è sicuramente un ottimo argomento contro le coperture del rischio duration per gli investimenti in corporate bond o in titoli di Stato non free risk (per esempio italiani).
In definitiva il mio parere è un pò differente, ovvero SI alle coperture del rischio duration ma solo se i tassi sono molto bassi (ovvero per valori inferiori al 2% su tutta la curva) ben sapendo che la copertura riduce il rischio ma potrebbe anche ridurre il rendimento.
PS.
La maggior volatilità realizzata dall’investimento duration hedged rispetto a quello non coperto tra dic-2008 e apr-2010 è interamente dovuto alla perdita subita dai corporate bond tra gen-2009 e mar-2009, quindi ad un fattore che non risulta essere coperto (ovvero lo spread creditizio) e i tassi sulla curva americana cominciarono a risalire nel secondo trimestre 2009.
Quindi su questo esempio Morningstar “bara” un pò con i dati.
Ciao