By |Categorie: Educazione finanziaria, Investimento|Pubblicato il: 1 Marzo, 2015|

Molto spesso si citano gli ETF come i migliori strumenti di replica passiva di indici di mercato (ci sarebbero anche gli index fund praticamente assenti in Italia). Lo strumento ETF unisce i vantaggi della quotazioni in continua dell’azione a quella di un OICR (Organismo di investimento collettivo del Risparmio) ed ha appunto l’obiettivo di replicare l’indice di mercato preso come benchmark. Io stesso nei tanti esempi portati nei post passati ho evidenziato le qualità degli ETF rispetto ai fondi soprattutto focalizzandomi sul lato costi e su quello replica del benchmark.

etf1Lo studio dello strumento è sempre la cosa migliore da fare prima di cominciare ad investire ed anche gli ETF devono essere soggetti ad un’analisi che comunque non è esente da critiche. Se certamente il vantaggio di costo viene sempre citato come un Plus riguardo ai fondi (valore sintetizzato nel TER), la voce spese si arricchisce anche di altre componenti più o meno trasparenti.
Ad esempio il costo di negoziazione presso il proprio intermediario (quello di un’azione) va a sommarsi al costo

che grava sul prodotto; se l’orizzonte temporale è di breve periodo e gli importi sono bassi questo è un punto da non trascurare. Se acquistate ad esempio 1000 Euro di un ETF Global Aggregate il cui rendimento a scadenza attualmente è del 1,80%, una commissione di negoziazione dello 0,30% porta ad un’erosione del rendimento di 30 punti base a cui sommare altri 30 punti base di TER. Alla fine di questa operazione avremo un prodotto che, in caso di orizzonte temporale a 1 anno, avrà un rendimento a scadenza del 1,20% al lordo della fiscalità e a parità di condizioni di mercato (nel senso che non è un bond che vede decrescere la duration e quindi è soggetto alle fluttuazione dei tassi di mercato).
Questi costi di intermediazione vanno poi anche considerati per svolgere la periodica attività di ribilanciamento dei prodotti presenti in portafoglio.

Altra voce di costo, meno trasparente, è quella legata al differenziale denaro lettera al momento dell’acquisto visto  l’ETF non è scambiato al NAV come un fondo.

bidaskSe un ETF è piuttosto liquido questo differenziale sarà contenuto a 10/20 punti base, ma per ETF meno liquidi oggetto di scarse contrattazioni, i market maker possono amplificare lo spread anche oltre i 50 punti base. E’ chiaro che questo costo occulto graverà sull’investitore sia in acquisto che in vendita e che il suo impatto sarà tanto più pesante quanto più basso sarà l’importo investito.
Passiamo adesso ad un altro elemento critico per gli ETF, ovvero come questi strumenti replicano gli indici sottostanti.

Possiamo avere gli ETF a replica fisica, ovvero strumenti che comprano tutte o un campione delle società appartenenti ad un indice. In alternativa abbiamo ETF a replica sintetica (swap based) che utilizzano strumenti derivati per replicare il benchmark. In questo caso la replica sintetica potrà essere unfunded o funded a seconda del fatto che il denaro derivante dalle sottoscrizioni sia utilizzato o meno nell’acquisto del paniere di azioni sostitutive.

Nella replica sintetica i soldi degli investitori vengono utilizzati per acquistare un contratto swap con una controparte finanziaria che riconosce all’ETF la performance total return dell’indice replicato.
Personalmente preferisco quelli a replica fisica pur essendo consapevole che i costi e il bid ask potrebbero risultare superiore a quelli con replica sintetica soprattutto su ETF di nicchia e poco scambiati. Seppur sfumato dalla normative UCITS (max 10% per emittente) il rischio controparte del derivato comunque esiste e da questo punto di vista preferisco tutelarmi il più possibile.

Un ultimo rischio per gli ETF, presenti comunque anche sui fondi, è quello del delisting. Ultimamente a Piazza Affari si stanno vedendo diverse cancellazioni di ETF dal mercato e qui il motivo è strettamente legato ai volumi di contrattazione. L’offerta è talmente ampia che molto spesso certi ETF dedicati ad aree di investimento molto “da amatori del genere” non scambiano per giornate intere nemmeno un pezzo; il delisting è la scelta obbligata per l’emittente che ha comunque costi fissi di negoziazioni (market maker, costi amministrativi, ecc…)

Come abbiamo visto quindi anche quando investiamo con ETF dobbiamo porci delle domane e ricercare gli strumenti migliori per il nostro piano di investimento. Se abbiamo intenzione di investire nel lungo periodo è inutile avviare ad esempio piani di accumulo su strumenti poco liquidi a rischio delisting, mentre la scelta migliore deve sempre ricadere su prodotti molto scambiati con basse commissioni di gestione e stretto bid ask, magari a replica fisica.

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