Bell’articolo di Neil Irwin sul NY Times in cui viene messa in evidenza la storia degli ultimi 200 anni di tassi di interesse negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. La conclusione potrà lasciare qualcuno sconcertato, ma come non dare torto a Irwin.
Gli attuali rendimenti del mondo obbligazionario non sono altro che un ritorno all’interno di una fascia di normalità che ha caratterizzato gran parte della storia finanziaria.
Quello che è stato anomalo (ed al quale tutti quanti avevamo fatto l’abitudine) è stato il periodo 1970-2007 in cui i tassi medi decennali americani sono stati del 7.3%.
Dal 1876 al 1919 i tassi americani a lunga scadenza sono stati sempre sotto al 4% e la stessa cosa è successa dal 1924 al 1958. Ancora più evidente questo aspetto in Gran Bretagna dove i tassi di interesse sono sempre stati sotto al 4% fino allo scoppio della prima guerra mondiale.
Quello che magari si potrebbe tenere in dovuta considerazione per il futuro è che il periodo d’oro per i possessori di rendita da bond ha coinciso con un’inflazione molto più stabile che negli anni precedenti i conflitti mondiali. Questi repentini e bruschi movimenti dell’inflazione molto spesso portavano in territorio negativo i tassi reali. Basti pensare che dal 1836 al 1928 gli Stati Uniti hanno avuto una recessione ogni 2.1 anni.
Non so se quella che stiamo vivendo è una fase di tassi bassi che durerà per decenni (e questo è uno dei motivi per non stare fuori dai bond) e nemmeno se i tassi reali rimarranno positivi nel prossimo lustro. Di certo quando si investe in titoli del reddito fisso oltre ai tassi di interesse bisogna sempre tenere in considerazione anche il fattore inflazione, diversificando adeguatamente il portafoglio proprio per rendere lo stesso adatto a vivere in ogni ambiente, temperatore rigide o tropicali che siano.