Nel mondo sportivo ci sono tanti modi di misurare la massima frequenza cardiaca al quale può arrivare uno sportivo durante il massimo sforzo fisico. I praticanti più assidui ed esperti sapranno che uno dei metodi più raffinati (ma ne esistono anche altri) utilizzato per misurare questo valore è la formula di Karvonen.
In alternativa e senza fare troppi calcoli cervellotici può andare bene come approssimazione la formula di Astrand. Questa formula prevede un ritmo massimale al quale può battere un cuore sotto sforzo generato dalla differenza di 220 – l’età per gli uomini e 226 – l’età per le donne. Quindi se siamo uomini ventenni possiamo affrontare salite ciclistiche o piscine olimpiche anche per diversi minuti con 200 battiti cardiaci al minuto senza farci venire un infarto. Se siamo donne quarantenni possiamo spingerci fino ai 186 battiti al minuto.
Ora vi starete chiedendo cosa c’entra tutto questo in un blog di finanza personale?
Massima frequenza cardiaca e massima percentuale di azioni
Avete ragione le considerazioni che ho fatto poco fa in apparenza non hanno grandi legami con la finanza, ma tantissime volte mi sono sentito chiedere qual’è la percentuale di azionario che dovrebbe essere presente in un portafoglio di investimento.
Premesso che ogni persona ha un suo profilo di rischio, che ogni persona ha obiettivi propri ed esigenze di vita diverse, l’età ha comunque un ruolo cruciale.
Come ben sappiamo il tempo è nostro amico nel mondo degli investimenti se ne abbiamo tanto davanti.
Ma sempre il tempo è un nostro nemico se abbiamo pochi anni utili per far lavorare sul mercato il nostro denaro.
Come nel campo della cardiofrequenza esistono delle regole empiriche valide in modo approssimativo per tutti e che ovviamente possono essere personalizzate sulla base delle caratteristiche del singolo.
Ad esempio il fondatore di Vanguard Jack Bogle proponeva di investire in obbligazioni una quota percentuale pari ai propri anni (ed in azioni il resto).
Se abbiamo 20 anni può andare bene un portafoglio rappresentato dal 20% di bond e l’80% di equity. A 80 anni dovrà prevalere secondo Bogle l’obbligazionario con l’80% a fronte di un 20% di azioni.
Tutto è opinabile sono d’accordo, ma tornando all’utilizzo dei cardiofrequenzimetri trovo molte analogie con la scelta di quale quota parte di azioni ed obbligazioni mettere in portafoglio.
Le analogie tra un cardiofrequenzimetro e una asset allocation
Quando i nostri battiti sono al di sopra del massimo consentito dal nostro corpo il cardiofrequenzimetro, durante il massimo sforzo, segnalerà con un bip questa anomalia (nel mio cardiofrequenzimetro con una bella musica funeraria giusto per ricordare gli effetti di una esperienza di questo tipo).
A quel punto il consiglio che arriva dalla macchina è quello di rallentare se non volete rischiare l’infarto. Anche senza lo strumento elettronico il nostro corpo ci farà comunque capire che stiamo per “scoppiare”. Acido lattico a gogo, difficoltà di respirazione, affanno, testa pesante, poca lucidità e altro ancora. Tutti i campanelli di allarme si accendono in situazioni di questo tipo.
Le stesse considerazioni possono essere fatte quando investiamo i nostri risparmi.
Se abbiamo messo troppo denaro sull’azionario, nel momento di maggior sofferenza dei mercati cominceremo a preoccuparci, a non dormire la notte perché penseremo di aver buttato via i nostri risparmi, ad essere nervosi guardando ogni giorno l’andamento degli indici azionari, ad attaccarci a siti internet o giornali specializzati nella speranza di trovare qualche conferma sulla bontà della nostra scelta.
In quel momento saremo già fuori soglia, avrete già avuto la conferma di aver ecceduto nel rischio tollerato e, se lo sportivo commette un errore madornale nel fermarsi all’improvviso quando non ce la fa più al massimo dello sforzo, la stessa cosa vale per l’investitore.
Rallenta ma non fermarti
Nello sport quando lo sforzo diventa troppo importante dobbiamo semplicemente rallentare, far ritornare a livelli adeguati i battiti cardiaci e permettere al nostro corpo di riprendere la marcia seppur ad un ritmo inferiore.
Lo stesso vale nel mondo degli investimenti.
Quando ci accorgiamo che abbiamo preso troppi rischi, scaliamo la marcia senza vendere tutto, ma solamente ciò che eccede la nostra capacità di sopportare il rischio. Lo capiremo molto in fretta e se non la comprenderemo al primo ribasso, accadrà al secondo.
Agendo in questo modo saremo più tranquilli perché in parte avremo venduto ciò che ci stava facendo molto male, ma al tempo stesso manterremo una quota di denaro sui mercato finanziari proprio per realizzare quegli obiettivi di lungo termini che ci eravamo prefissati.
Prima lo faremo e meno doloroso sarà per il nostro piano di investimento.
Buon allenamento e buon investimento.