Il fattore liquidità è da sempre un elemento cruciale per il successo di un piano di investimento. Un fattore che troppo spesso tendiamo a sottovalutare. Peccato, perchè dettagli apparentemente insignificanti come questo aumentano le probabilità di centrare gli obiettivi verso i quali abbiamo dedicato tante risorse finanziarie.
Come investitori abbiamo la tendenza a ricordare periodi particolarmente critici per i soldi che abbiamo scelto di buttare nell’arena dei mercati finanziari. Tutto normale. Quello che purtroppo ricordiamo quasi in forma esclusiva sono shock macro come ad esempio una perdita del 30% in poche settimane guarda caso dopo aver acquistato.
Dimentichiamo invece con relativa facilità cosa stava accadendo in quel momento di panico ai diversi strumenti finanziari che componevano il nostro portafoglio.
Anche nei momenti di tensione esistono azioni, obbligazioni o ETF particolarmente scambiati che troveranno sempre qualcuno disposto a vendere o comprare. Altri strumenti sempre dello stesso tipo diventano invece impossibili da scambiare. Market maker e frequentatori dei listini si fanno di nebbia per la difficoltà ad inquadrare il prezzo corretto di un titolo. Per stare dalla barte dei bottoni si dice che si ritirano dal book, rendendo un titolo illiquido.
Nel 2008 gestivo il portafogio di un istituto di credito. Ricordo ancora giornate terribili in cui gli stop loss fioccavano come neve, tutti i regolamenti interni mi obbligavano a vendere, eppure i book di negoziazione (la piazza dove ogni giorno compratori e venditori si incontrano in borsa) erano deserti. Vendere un’obbligazione era impossibile. Vendere gli ETF era possibile ma sacrificando fino al 10% del prezzo reale.
Senza necessariamente richiamare momenti che si verificano una volte ogni generazione, dobbiamo sapere che ogni strumento ha la sua dose di illiquidità più o meno intensa.
Caratteristiche dello strumento stesso, momenti di mercato, eventi estremi e straordinari che piombano all’improssivo, tutto fa brodo per aumentare il grado di illiquidità dello strumento.
Uno strumento ha il suo massimo grado di illiquidabilità quando è impossibile abbinare a un venditore un compratore anche a prezzi molto distanti tra loro.
Uno strumento ha il suo minimo grado di illiquidabilità quando il prezzo proposto da chi vende è sostanzialmente identico a quello di chi compra.
Tra gli asset finanziari più liquidi al mondo troviamo ad esempio il dollaro americano. In qualsiasi momento decideremo di vendere sul mercato biglietti verdi troveremo qualche compratore disposto ad a un prezzo molto vicino a quello che stiamo chiedendo.
Il fenomeno della liquidità dello strumento segue onde cicliche.
Quando le banche centrali inondano il mercato con la liquidità (come abbiamo visto dal 2020 in avanti) i differenziali di prezzo tra chi acquista e chi vende generalmente si restringono. Anche investimenti particolarmente illiquidi suscitano l’interesse degli investitori determinando una generale compressione del premio per il rischio. Ecco spiegato il motivo che rende gli intermediari finanziari particolarmente desiderosi di piazzare prodotti alternativi nei momenti in cui la volatilità dei mercati è minima. Chissà perchè ritirano questi strumenti dal catalogo prodotti quando tutto sembra andare in vacca.
Il premio per l’illiquidità è un elemento trascurato ma determinante nella definizione del rendimento atteso di un investimento.
Se abbiamo difficoltà nel vendere uno strumento sul mercato in qualsiasi momento della giornata (e spesso servono anche più giorni), è lecito pensare che il compratore potenziale sarà disposto a liberarci dal peso ma con un ampio sconto di prezzo.
Storicamente ci sono asset class più illiquide di altre. Queste asset class offrono in cambio rendimenti potenzialmente più elevati. Maggior rischio, maggior rendimento.
Nell’azionario ad esempio le small caps sono più illiquide delle large cap.
Nell’obbligazionario i junk bond (meglio conosciuti come high yield bond) sono più illiquidi dei corporate investment grade bond.
E ancora. Il private equity è un investimento molto più illiquido dell’azionario tradizionale, il crowdfunding sul mercato immobiliare è enormente più illiquido rispetto ai REIT quotati in borsa.
Tutti esempi nei quali il premio di rendimento che viene richiesto per scambiare lo strumento è molto superiore alla media.
Cerchiamo di ricordare sempre questo concetto fondamentale in tempi nei quali l’iperdiversificazione rischia di fare anche dei danni.
Penso ad esempio a tutti gli strumenti tematici o ancora a investimenti in criptovalute fino ad arrivare a quegli strumenti con sottostanti crediti inesigibili che ignari risparmiatori si ritrovano nel dossier titoli sotto forma di fondi chiamati alternativi. Sì, alternativi al buon senso e al modo di investire correttamente.
Come dice giustamente Antti Illmanen nel suo libro Expexted Returns (libro lungo e che richiede un minimo di competenze tecniche ma che consiglio per avere un panorama esaustivo del mondo degli investimenti e dei suoi rendimenti attesi), il premio di illiquidità richiesto da un investitore non è solo legato alle caratteristiche intrinseche di liquidità del prodotto, ma anche dalla sua sensibilità al variare delle condizioni generale di liquidità presenti sul mercato.
Il rischio di illiquidità è un fenomeno che tende a esplicitare i suoi effetti nel lungo periodo dove il maggior rendimento offerto assume contorni più definiti.
Questo non giustifica la classica “scusa” dei venditori di fumo secondo cui un investimento illiquido può essere considerato uno strumento sicuro e redditizio. No un investimento illiquido per sua natura è più insicuro e rischioso.
Esistono decine di motivi che potrebbero spingere ogni investitore a disfarsi dell’investimento domani.
La necessità di reperire denaro per coprire una spesa inaspettata. Ribilanciare il portafoglio per esigenze di vita, di mercato o di età. La voglia di disfarsi di uno strumento che non rende un accidente a causa dei costi insostenibili che solitamente lo contraddistinguono.
Ognuna di queste scelte potrebbe avere un costo, più o meno alto.
Per questo motivo consiglio sempre di valutare con attenzione in cosa stiamo investendo.
Capire fin da subito quanta parte di quell’investimento può essere liquidata il giorno successivom con relativa facilità. A quel punto, se si desidera rischiare un pò di più, si possono anche valutare strumenti meno liquidi per una porzione di portafoglio residuale.
Se lo strumento è quotato abbiamo già una garanzia in più, necessaria ma non sufficiente.
Il consiglio è quello di classificare gli strumenti secondo una specie di graduatoria di quanto costerebbe in temini di tempi, di costi e di perdita di prezzola liquidazione anticipata dello strumento stesso. A quale punto fare un bilancio e capire quanto del nostro portafoglio è ad elevato rischio di illiquidità. Compito non semplice anche per la complessità tecniche di alcune tipologie di prodotti. Quindi sempre meglio affidarsi a un buon consulente indipendente.
Se alla fine dell’analisi il bilancio è soddisfacente a posto così, non dobbiamo fare nulla.
Altrimenti rivediamo la sua composizione senza nessun problema. Per esperienza non ho mai perso nessuna “occasione della vita” non metterete uno strumento illiquido nel mio portafoglio di investimento.