By |Categorie: Investimento|Pubblicato il: 23 Gennaio, 2020|

Alcune volte siamo un pò superbi e ci sentiamo talmente bravi e forti nel nostro mestiere che evitiamo di guardarlo sotto un punto di vista diverso. Quando lo facciamo scopriamo i nostri limiti, ma anche i notevoli margini di miglioramento che abbiamo davanti. La storia dei fori di proiettile di Wald è la conferma di tutto ciò.

La lettura di libri o romanzi che nulla hanno a che fare con la finanza è un’attività per il sottoscritto molto positiva. Mi permette di estrarre dalla mente idee e ragionamenti originali o comunque diversi dallo standard.

Leggendo lo splendido libro di Jordan Ellenberg I numeri non sbagliano mai. Il potere del pensiero matematico sono riuscito a vedere diverse cose della mia vita pratica di tutti i giorni in modo diverso.

L’intuizione di Abraham Wald

All’interno del libro l’autore racconta la storia di Abraham Wald e dei fori di proiettile mancanti nella fusoliera degli aerei americani colpiti durante la Seconda Guerra Mondiale.

Wald era un matematico, di quei geniacci un pò schivi, strambi ma efficaci nel risolvere problemi complessi.

Il problema sottoposto in quel periodo ad un team di matematici americani era il seguente:

Siccome non volete che i vostri apparecchi vengano abbattuti dai caccia nemici, li corazzate. Ma le armature rendono un aeroplano più pesante, e aeroplani più pesanti sono meno manovrabili e consumano più carburante. Insomma, corazzare troppo gli aeroplani costituisce un problema; corazzarli troppo poco costituisce a sua volta un problema. Da qualche parte tra questi due estremi c’è una scelta ottimale. La ragione per cui avete relegato un team di matematici in un appartamento di New York City è stabilire dove cada questa scelta ottimale.

I militari fornirono all’SRG alcuni dati che ritenevano potessero essere utili. Gli apparecchi americani che tornavano dai combattimenti nei cieli d’Europa erano crivellati di proiettili, ma i danni non erano distribuiti in modo uniforme sui velivoli. I fori di proiettile nella fusoliera erano più numerosi di quelli nei motori.

I militari pensavano a una logica risposta a questo problema. Corazziamo maggiormente gli aerei nelle zone più crivellate e alleggeriamo quelle meno colpite.

Wald rispose a questo quesito in modo apparentemente illogico. Le maggiori protezioni devono andare dove non ci sono fori di proiettili, ovvero sui motori.

Wald ebbe un’intuizione geniale.

L’intuizione di Wald consisteva nel porsi una semplice domanda: dov’erano i fori mancanti? Dov’erano quei fori di proiettile che avrebbero dovuto trovarsi sul carter del motore se i danni fossero stati distribuiti uniformemente sull’intero velivolo? Wald era sicuro di conoscere la risposta. I fori di proiettile mancanti si trovavano sugli aerei abbattuti. La ragione per cui gli aerei tornavano con un minor numero di colpi al motore era che gli aerei colpiti al motore non tornavano. D’altra parte, il gran numero di apparecchi che facevano ritorno alla base con la fusoliera ridotta a un colabrodo era una prova decisamente convincente del fatto che i colpi alla fusoliera potevano (e perciò avrebbero dovuto) essere tollerati. Se andate nella sala di rianimazione di un ospedale, vi troverete molte più persone con ferite di proiettile alle gambe che non al petto. Ciò, tuttavia, non è dovuto al fatto che la gente non venga colpita al petto, quanto piuttosto al fatto che la gente che viene colpita al petto spesso non ce la fa.

Ma che legame ha tutto questo con la vita comune e con la finanza personale?

I fori di proiettile e i fondi di investimento

Per quello che riguarda la vita di tutti i giorni l’insegnamento che possiamo trarre dall’intuizione di Wald è che dobbiamo sempre osservare ogni cosa non dando per scontato nulla. Cercare di cambiare nel limite del possibile la prospettiva per avere la controprova che siamo nel giusto è la decisione migliore.

Passando alla cara vecchia finanza il legame che trovo più ovvio è che tutte le statistiche che ci vengono raccontate sulla presunta capacità dei fondi a gestione attiva di battere il benchmark non tengono conto dei cadaveri (i fondi estinti) che si sono accumulati nel corso degli anni. E non sono pochi.

Se affermo che 50 fondi su 100 battono un benchmark  nell’arco di dieci anni sto dicendo una mezza verità.

I fondi erano sicuramente di più alla partenza ma molti si sono persi per strada. La statistica risulta quindi sporcata e sempre per eccesso.

I fondi di investimento rimasti in pista altro non sono che i piloti di aereo tornati alla base durante la Seconda Guerra Mondiale.

Le loro performance passate ci dicono che sono bravissimi? No.

Le loro performance passate ci dicono che alcuni di loro sono mediamente migliori rispetto alla media reale dell’universo dei fondi di investimento.

I fondi che si sono estinti negli anni sono i piloti caduti in guerra che noi non vedremo mai.

Ma se incorporassimo nella statistica anche questi fondi estinti la media generale di rendimento dei fondi di investimento a gestione attiva si abbasserebbe.

La società S&P Dow Jones Index pubblica regolarmente un report dal nome Persistence Scorecard. La stessa società pubblica anche un altro report, lo SPIVA.

8 gestori di fondi su 10 non battono il benchmark

Secondo questo rapporto 8 gestori di fondi azionari americani su 10 non sono in grado di battere il loro benchmark in un periodo di 10 anni.

Ricordo sempre che per benchmark si intende quel parametro di riferimento che sintetizza l’andamento generale del mercato con il quale si confrontano i vari gestori per comprendere se sono stati più o meno bravi.

Sulla base di questi dati possiamo concludere che il meno del 20% dei gestori a distanza di 10 anni è capace di battere il benchmark. E allungando il periodo il numero dei gestori vincenti diminuisce.

Basterebbe distinguere bravi gestori da cattivi gestori, proiettare nel futuro questa fund selection, e battere costantemente il mercato.

Peccato che quello di proiettare nel futuro i dati del passato è uno degli errori più comuni nel mondo degli investimenti finanziari.

Ma questo non è neanche il difetto peggiore e il Persistence Scorecard elaborato da Dow Jones S&P ci spiega perché.

Questo studio misura quanto i gestori sono “consistenti” nel battere il proprio benchmark.

In poche parole, per quanto tempo i gestori di fondi attivi sono capaci di restare sulla cresta dell’onda.

Mediamente i gestori posizionati nel quartile di performance più alto nel primo anno, si trovavano nella stessa posizione della classifica una volta su due. il 50% dei gestori dopo un solo anno non è riuscito a dare continuità alle performance eccellenti dell’anno precedente.

Sotto questo punto di vista potremmo anche ritenerci soddisfatti se non fosse che i veri problemi arrivano andando avanti nel tempo.

A distanza di tre anni 1 su 4 resiste in cima alla classifica. Dopo cinque anni solo il 2% dei gestori migliori si posiziona ancora ai vertici.

Solo 2 gestori su 100 dopo 5 anni sono in grado di restare tra i migliori. Ma non finisce qui.

La fortuna prevale sulla competenza nel mondo dei fondi?

Un altro aspetto interessante emerge sui fondi particolarmente scadenti.

I gestori posizionati nel quarto quartile ad una certa data hanno infatti una elevata probabilità di veder il proprio fondo inglobato in un altro prodotto oppure addirittura chiudere la baracca.

Circa un terzo dei fondi che si posizionano 5 anni prima nell’ultimo quartile di valutazione risultano scomparsi dai radar delle statistiche. Esattamente come i piloti d’aereo di Wald.

Quando acquistiamo o manteniamo in portafoglio un fondo con performance già deludenti abbiamo più o meno una possibilità su tre di vederlo scomparire nei prossimi anni.

E’ molto complicato (se non impossibile) selezionare a priori i fondi di investimento vincenti degli anni successivi. La componente fortuna gioca un ruolo non indifferente nelle sorti future di questi prodotti.

Fortuna che secondo gli studi più recenti molto spesso supera la competenza del gestore.

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