By |Categorie: Investimento|Pubblicato il: 12 Ottobre, 2020|

I tassi di interesse che sono a zero in tutto il mondo e che ci rimarranno per molto tempo. Sappiamo che la Banca Centrale Americana ha gettato alle ortiche il mantra storico di modalità della lotta all’inflazione, decidendo di alzare i tassi solo quando l’inflazione sarà sopra il 2% per un po’ di tempo, invece di alzarli preventivamente in previsione di una salita dell’inflazione stessa.

RI-tradotto per noi, anche se l’inflazione riparte i tassi di interesse rimarranno a zero per molto tempo.  E così anche i rendimenti delle obbligazioni e dei titoli di Stato. Sappiamo quindi anche che investire in un titolo di Stato o un’obbligazione, oggi, è come mettere dei soldi in uno strumento che non rende niente: anzi, al netto dell’inflazione, abbiamo un rendimento negativo.

Questo rendimento negativo, ovvero il rientro del capitale investito MENO un qualcosa, diciamo un 1%, rappresenta il premio assicurativo di una polizza: insomma, è come se pagassimo per avere indietro il nostro capitale. E perché dovremmo pagare per avere indietro il nostro capitale, quando nel passato si avevano anche rendimenti su questo capitale sicuro e senza rischio? Diciamo che stiamo pagando un premio per avere l’assicurazione della restituzione del capitale in seguito a casi estremi e di “imprevisti”. E quali sarebbero questi casi estremi e questi imprevisti? Ovviamente tutti magari stanno pensando ad un altro crollo del mercato azionario, un’altra pandemia, un futuro disastro epocale geopolitico o qualcosa del genere.

Mi viene in mente una battuta che gira nei mercati finanziari dalla crisi di Cuba del 1962, in cui un famoso investitore americano comprava a mani basse i titoli azionari che scendevano vertiginosamente a causa della crisi missilistica di Cuba: e diceva ai suoi consociati inorriditi da questi acquisti “ragazzi! Ci conviene comprare, perché se dovesse veramente arrivare il missile, nessuno si preoccuperebbe di ricevere i soldi dalla vendita delle sue azioni”… geniale!

Ovvero, se la gente vende in panico ed i prezzi scendono e si possono comprare a prezzi di saldo, conviene sempre comprare perché se, veramente arriva la tragedia, l’ultimo dei nostri problemi è a che prezzo è stato venduto o acquistato un titolo (e, soprattutto, chi ci ha venduto il titolo che ora è nei nostri portafogli a prezzi stracciati, anch’egli mica si preoccupa se gli arrivano i nostri soldi della compravendita).

Grafico, Crescita, Finanza, Profitti

E’ chiaro che è una provocazione, ma il mondo obbligazionario ci sta dicendo più o meno questa cosa: c’è ovviamente qualcuno che sta comprando le obbligazioni per motivi economico-politici, ovvero le banche centrali, per sostenere gli stati che emettono debito per finanziare la ripresa economica. Ma ci sono anche investitori che comprano queste obbligazioni a rendimenti negativi per cautelarsi da cause estreme, preferendo pagare un premio per assicurarsi contro queste cose stesse.

Siccome noi siamo sempre nel campo dei positivi e degli ottimisti, non perché siamo velleitari e romantici ma perché se si vuole essere investitori di successo bisogna necessariamente essere ottimisti e positivi sul futuro, mi voglio concentrare su un’area degli investimenti azionari che è stata trascurata e non compresa fino in fondo dai più. Ovvero di l’importanza  dei dividendi azionari nella performance dei nostri portafogli.

In pratica un po’ come contraltare delle famose ed amate cedole delle obbligazioni e dei titoli di Stato: che ora non ci sono più. Sappiamo che i dividendi azionari non sono fissi come le belle cedole andate, ma possono essere sospesi, tagliati, cancellati perché sono un metodo di restituzione di valore agli azionisti non obbligatorio, come invece lo sono le cedole delle obbligazioni (si chiamano appunto “obbligazioni” da obbligo di pagare la cedola – poi ci sono anche obblighi disattesi, chiedere a chi ha investito nelle obbligazioni argentine, o della Hertz o di altre società fallite).

Se noi compriamo le azioni,  diventiamo soci di queste aziende, ci esponiamo al loro business model, alla loro capacità o meno di generare ricchezza, fatturato, flussi di cassa e dividendi e, quindi, anche alla potenziale volatilità dei dividendi. Ma è stato osservato negli ultimi anni che i dividendi sono una fonte di ritorno sull’investimento molto più stabile di quanto si creda: fino a pochi anni fa, il rendimento in percentuale dei dividendi era sempre stato inferiore al rendimento da cedola dei titoli di Stato e obbligazioni aziendali.

Diciamo che a fronte di un rendimento da dividendo del 2%, e parlo ovviamente dell’America, le cedole di un titolo di stato decennale americano erano intorno al 3-3.5%, mentre quella di un’obbligazione aziendale più o meno equivalente oltre il 4-5 %. Quindi per gli investitori che erano alla ricerca del reddito cedolare, il flusso da dividendo non era così attraente.  Oltre alla  inerente volatilità dell’investimento azionario. Non era una vera alternativa alla stabilità dell’obbligazione e della relativa cedola.

Voglio però sottoporre un grafico che, per noi che siamo sui mercati da tanti anni, è molto importante per capire l’importanza dei dividendi azionari ma, soprattutto, della costante crescita dei dividendi rispetto ad un investimento a cedola fissa. Il grafico qui sotto mostra il rapporto tra l’indice standard & Poor 500 comprensivo di dividendi ed il semplice S&P500 senza dividendi.

A prima vista questo grafico non sembra dire granché, se non che si vede una crescita costante da oltre 30 anni, arrivata al 2% annuo proprio nel 2020. Innanzitutto, è una linea che cresce in maniera continua: ed è già è bello da vedere per un investitore. Ma soprattutto indica il tasso di crescita dei dividendi anno su anno, indipendentemente dal rendimento da dividendo.

Facciamo un esempio: se compro un ETF che investe nell’indice S&P 500, riceverò annualmente in conto corrente un dividendo intorno al 1,89% (lordo). Non entro nei tecnicismi di come si calcola questo rendimento, ovvero di come si muove al muovere il prezzo dell’ ETF  e/o delle scelte sulle politiche dei dividendi da parte delle aziende, ma ci basti sapere che ad oggi il rendimento in America è dell’1.89% lordo.

Ciò che ci interessa sapere è che, anche durante le crisi degli ultimi vent’anni e basti pensare a:

  1. la bolla di internet del 2000
  2. le torri gemelle
  3. la guerra in Iraq
  4. Sars ed Ebola
  5. Lehman Brothers nel 2008
  6. Fallimento della grecia nel 2011-2012
  7. Brexit ed elezione Trump nel 2016
  8. Guerra in Ucraina
  9. ed anche la pandemia del 2020

I dividendi sono sempre cresciuti anno su anno ed hanno tenuto soprattutto il passo con l’inflazione. Questo è un aspetto fondamentale dell’investimento azionario: già sappiamo che le azioni hanno tassi di crescita tripli storicamente del mondo obbligazionario, ma addirittura anche i rendimenti da dividendo crescono costantemente e tengono il passo dell’inflazione. A differenza invece delle obbligazioni, non a caso chiamate “reddito fisso”: il reddito sarà pure fisso, la cedola, ma se c’è inflazione quel reddito fisso viene mangiato dall’inflazione.

Per chiudere, faccio un ultimo esempio: immaginiamo un titolo che ha un rendimento da dividendo dell’1%. Per i successivi 10 anni sia l’azione che il dividendo crescono del 20%. Il rendimento da dividendo rimane all’1%, ma abbiamo fatto un sacco di soldi da quei dividendi che sono cresciuti del 2% anno su anno. Per non parlare della crescita del nostro capitale per l’effetto dell’investimento azionario.

Quindi, per concludere, quando si parla di un rendimento medio annuo delle azioni del 6-6.5% su un arco temporale di almeno 5-6 anni, io aggiungo sempre “più dividendi”. Se questi dividendi arrivano in conto corrente avremo un flusso cash dell’1.89% lordo: ma se li rivestiamo (magari con uno strumento che reinveste automaticamente i dividendi), il rendimento è ben oltre il 7.5% annuo medio.

Diciamo che, per chi viveva sui flussi delle cedole obbligazionarie, il dividendo azionario non è esattamente il migliore dei mondi possibili, ma non bisogna concentrarsi solamente su questo 1.89% lordo: perché, banalmente, a differenza dell’obbligazione, si ha anche la crescita del capitale delle azioni che pagano dividendo. La cui crescita si può anche “staccare” come se fosse un dividendo quando e se ce n’è bisogno. A patto che si capisca che la volatilità dell’azionario non ti permette di staccare in maniera costante questi profitti: ci saranno anni in cui ci “staccheremo” capital gains importanti ed altri no.

Ma preferisco pagare questo premio assicurativo, ovvero espormi alla volatilità dell’azionario, per avere anche solo rendimenti da dividendo che sono stabili ed in crescita, rendimenti che il mondo obbligazionario ormai si può solo esclusivamente sognare di notte.

Grazie per aver letto fin qui.

Lascia un Commento