Nel precedente post “Pessimo affare l’investimento in immobili italiani negli ultimi 20 anni” abbiamo sfatato alcuni miti come quello della superiorità dell’investimento immobiliare. Un altro grosso problema del risparmiatore italiano è quello della eccessiva concentrazione sugli asset domestici. La tabella che riportiamo qui sotto evidenzia l’andamento delle cinque variabili finanziarie prese in considerazione in questa analisi, azionario italiano, titoli di stato a lunga e breve scadenza, oro e abitazioni.
Dalla nascita della moneta unica l’inflazione media italiana è stata del 2,2% un valore che ha peggiorato il già negativo dato nominale dell’azionario italiano. In pratica chi ha investito nel comparto più rischioso tra gli asset di investimento ha subito una volatilità superiore al 20% per ritrovarsi con un pugno di mosche. Sono sicuro che state già arrivando alla conclusione che l’investimento azionario anche nel lungo periodo non porta da nessuna parte, ma sbagliate.
Investire tutti i propri soldi in un unico paniere non porta da nessuna parte e lo dimostreremo facilmente in un prossimo post.
Ma torniamo a noi. L’italiano che si è ritrovato con gli Euro al posto delle Lire il primo gennaio 1999 aveva altre alternative di investimento domestiche, come ad esempio una bella casa. La percezione di molti concittadini è quella di un raddoppio dei prezzi rispetto a quelli che conoscevamo in Lire. Almeno in ambito finanziario l’aumento è in parte assolutamente giustificato dall’inflazione, quindi circa il 31% dal 1999, ovvero 2,2 moltiplicato per i 14 anni dal 1999 al 2013.
Tornando alle case notiamo però come anche qui la percezione generale è errata. Dal 1999 al 2013 il prezzo delle abitazioni italiane è aumentato del 2,8% all’anno, percentuale che depurata dall’inflazione ci porta ad una modesta performance reale dello 0,6% annuo, decisamente un pessimo affare.
Ok allora se la casa non ci ha protetto da inflazione e cambio moneta, meglio andare sull’oro. Se nel lungo periodo l’oro non performa meglio dei mercati azionari mondiali, la forte ascesa del metallo giallo in questo arco temporale ha portato ad un eccellente ritorno reale di quasi il 7% annuo, ma attenzione alla colonna posta a fianco del rendimento, la deviazione standard o volatilità. Questo eccellente ritorno è stato portato a casa con un volatilità annua del 16%, inferiore a quella dell’azionario, ma doppia rispetto a quella dei titoli di stato decennali e otto volte superiore di quelli a breve scadenza.
In termini di indice di Sharpe l’oro ha ripagato l’unità di rischio spesa quanto i Btp 7-10 anni.
E arriviamo alla fine. Il Btp 1-3 anni con il suo modesto 1,8% annuo reale non ha mai messo alla prova le coronarie dell’investitore vista la volatilità bassissima (2,5% annua). Questo ci porta ad essere stati ripagati di ben lo 0,7% per unità di rischio.
Possiamo adesso trarre una serie di conclusioni. La prima, è assolutamente sbagliato investire sulla percezione che si ha dei mercati finanziari.
La seconda, la diversificazione è assolutamente l’unico strimento che ci permette di difenderci dall’imprevedibilità dei mercati.
Terzo, il profilo di rischio che ognuno di noi deve indirizzare la politica di investimento. Per alcuni è tollerabile una volatilità di breve piuttosto spinta per avere ritorni superiori alla media nel lungo periodo , per altri questo è inaccettabile.