By |Categorie: Investimento|Pubblicato il: 11 Febbraio, 2015|

Alcuni mesi fa la Oxford University ha pubblicato uno studio in cui venivano stimati una serie di lavori che la tecnologia e i robot avrebbero rimpiazzato in futuro. Tra questi lavori vittima dell’automazione rientravano anche il 58% delle professioni di consulente finanziario (il personal advisor).

oxfordQuesto studio è stato un po’ snobbato dai consulenti i quali continuano a ritenere fondamentale il rapporto umano con la clientela per creare piani di investimenti duraturi e soprattutto efficaci.
Peccato che nell’arco di un anno l’avanzata dei ROBO-Advisors ha spiazzato tutti mostrando caratteristiche che, soprattutto per la fascia patrimonialmente più bassa della clientela, renderanno probabilmente molto reali le previsioni della Oxford University.

Negli Stati Uniti realtà come Wealthfront o Betterment stanno rapidamente crescendo in termini di masse grazie ad un’attività di intenso marketing affiancata a costi di advisor offerti alla clientela molto bassi.
Le masse gestite sono ancora ridotte in termini di capitalizzazione (circa 15 miliardi di $) rispetto agli asset under management (AUM) gestiti da advisor individuali (5 trilioni di $), ma quello che impressiona è la presa che queste realtà stanno avendo soprattutto tra i giovani laureati (e non solo) americani.

oxford2L’infografica molto carina offerta dal sito Paladinregistry  mostra come i conti aperti dai risparmiatori presso i ROBO-Advisors sono modesti come controvalore (mediamente 20 mila dollari), ma altrettanto modesti sono i costi. Con una spesa di 70 dollari all’anno si possono investire 20 mila dollari puntando su un asset allocation efficiente, strumenti liquidi ed economici (vengono utilizzati solo ETF), ribilanciamento costante e continuo, nessun costo di transazione e ottimizzazione fiscale.

In molti credono che quella dei ROBO-Advisors rappresenti una moda passeggera da bull market destinata a naufragare alla prima crisi finanziaria vera. Io non sono di questa idea.
In fondo questi algoritmi non fanno nient’altro che utilizzare gli stessi modelli matematici accademici (se guardate chi sono i fondatori o gli azionisti di questi ROBO-Advisors troverete tante personalità appartenenti alle università americane) che utilizzano le grandi case di investimento, solo che lo fanno a costi molto più bassi.

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A questo si aggiunge un appeal tecnologico che il consulente umano non è in grado di fornire e che invece fa molta presa tra i cosiddetti Millenials, ovvero i giovani che si affacciano ora nel mondo del lavoro.

I ROBO-Advisors non devono essere demonizzati dai consulenti e nemmeno affrontati sul campo (le librerie ne sanno qualcosa dopo aver sfidato e perso contro Amazon), ma piuttosto devono essere spunto di critica e nello stesso tempo di nuove opportunità.
Ad esempio non credo affatto che questi strumenti riusciranno a catturare le fasce patrimonialmente più elevate dove le esigenze di wealth management richiedono la presenza della figura umana per risolvere problemi complessi e non standardizzabili (successioni, donazioni, arte, real estate, fisco,ecc…).

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Credo altresì che quando la mania dei ROBO-Advisors arriverà anche in Europa il mercato degli investimenti finanziari e della raccolta di risparmio avrà un’ulteriore spinta con il risveglio di attività dormienti che potranno essere intercettate anche dai consulenti umani.

Per il consumatore ci sarà un effetto benefico con un generale ribasso dei costi, ma gli stessi consulenti potranno sfruttare accordi di partnership con i ROBO-Advisors attingendo a piattaforme tecnologiche più avanzate che eleveranno il servizio offerto.
E’ un bene che i giovani comincino a familiarizzare con piani di investimento, seppur di piccolo importo, di questi consulenti virtuali; soprattutto i giovani risparmiatori riceveranno quelle dovute attenzioni che il mondo finanziario e bancario non vuole fornire per mancanza di massa critica nei patrimoni dei ragazzi.

Il patrimonio dei Millenials in questo modo crescerà progressivamente ed in modo equilibrato evitando mode o temi di mercato. Solo quando la capitalizzazione di questi piccoli patrimoni sarà cresciuta allora i consulenti rientreranno in gioco offrendo servizi più personalizzati che gli algoritmi non sono capaci per ora di erogare.

Credo che per il mondo dell’advisory (consulenza finanziaria) i ROBO-Advisors rappresentino una di quelle novità tecnologiche che finalmente daranno una scossa a entrambi gli attori in gioco, professionisti e clienti.

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