By |Categorie: Educazione finanziaria, Investimento|Pubblicato il: 14 Settembre, 2015|

Ormai tutti quanti parlano di rialzo dei rendimenti obbligazionari nei prossimi mesi anche se come sempre andrebbe distinta l’area geografica alla quale si fa riferimento. America, UK, Euro o paesi emergenti? Quando poi si parla di rialzo dei tassi andrebbe anche considerato che questo movimento alimenta spostamenti sul rischio credito del comparto corporate rendendo l’ipotesi rialzo tassi un po’ troppo semplicistica.
Fatta questa premessa ho trovato interessante l’articolo pubblicato da uno dei più celebri advisor americani, Micheal Kitces. Il pezzo è molto tecnico ma mira a spiegare come il metodo del cosiddetto “rolling” sui bond è tendenzialmente da preferire a quella del “hold to maturity” a cui sono affezionati molti investitori italiani. Comprare un titolo e tenerlo a scadenza offre una sicurezza di rendimento e capitale (se non c’è insolvenza in mezzo) che l’acquisto di un ETF o fondo che investe sempre su un tratto di curva non è in grado di fornire.

Kitces smonta questa certezza, vediamo come.

Per spiegare la tecnica del rolling annuale supponete di comprare un BTP a 5 anni al rendimento del 1,75%; al termine del primo anno vendete il BTP la cui vita residua si è ridotta a 4 anni per comprare un nuovo BTP a 5 anni e fate questo per cinque anni. Dall’altra parte della stanza trovate invece il classico investitore che si compra il BTP al 1,75% di rendimento e lo porta a scadenza alla fine del quinto anno.

In una fase di tassi decrescenti ogni anno venderete il BTP a prezzi superiori (supponiamo 101 se i tassi dopo il primo anno sono scesi di 25 punti base a 1,50%) e ricomprate il nuovo BTP a 5 anni a 100 con rendimento del 1,50%. Questo meccanismo di rolling è quello che in modo un po’ semplicistico fanno ETF e fondi per mantenere invariata la duration del portafoglio come da regolamento. La cosa interessante è che questa operazione di rolling crea enorme valore per l’investitore. Se infatti il detentore di BTP fino a scadenza dopo 5 anni si troverà con capitale 100 + 8,75 euro di cedola, colui che fa rolling si troverà, per estremizzare, un valore comunque superiore dopo 5 anni che potrà arrivare ad esempio a 13,75 euro ( cedola più 1 euro di apprezzamento del bond per ogni anno di calo dei rendimenti di mercato di 25 punti base).

Al 5° anno, da una parte avremo un investitore con cash e dall’altra un possessore di bond a 5 anni con rendimento ovviamente molto basso, ma tutti e due avranno la possibilità di ricomprare un BTP a 5 anni. Dove sta il rischio? Sta ovviamente nel fatto che i tassi nel durante potrebbero salire facendo scendere il prezzo dell’obbligazione, ma anche qui è tutta una questione di intensità del rialzo.

Ciò che infatti scoraggia ogni investitore dal comprare ETF o fondi con duration definita è il timore di perdere soldi nella fase di rialzo dei tassi, cosa che un bond detenuto fino a scadenza evita, su questo non ci sono dubbi. Ma è veramente così? Non sempre.

Il grafico che riportiamo sotto mostra il rendimento cumulato generato dal possesso fino a scadenza di un bond a confronto con la tecnica del rolling annuale testata su tre diversi gradi di rialzo dei rendimenti annui, 25, 50 e 75 punti base.

Partendo sempre da 1,75% con un incremento annuo dei rendimenti di 25 punti base, ci ritroveremo alla fine del quinto anno con un BTP che paga il 3%. Ogni anno si vende il BTP in perdita per ricomprarne uno a 5 anni con rendimento più elevato, ma come ci mostra il grafico questo comportamento rimane vincente rispetto al mantenere a scadenza. Pressoché indifferente se il rialzo dei tassi sarà di 50 punti base all’anno, svantaggioso se il rialzo sarà di 75 punti base all’anno. In questo caso avremo fra 5 anni tassi al 5,50%, ipotesi che pare allo stato attuale un po’ irrealistica da pensare sulle curve dei rendimenti europee ed americana.

La strategia quindi dell’ETF non appare più così svantaggiosa come si è soliti pensare, ma non finisce qui perché ci sono altri fattori da considerare.

Intanto lo spread denaro/lettera e i costi di intermediazione.
Se parliamo di titoli di stato molto liquidi probabilmente il bid ask è migliore di un ETF, ma andando su bond di altra natura è evidente che pagherete dazio all’atto dell’acquisto ed eventualmente della vendita. Poi ci sono i costi di intermediazione che rendono preferibile l’ETF o il fondo ad una soluzione casalinga del rolling.

Altro nodo critico è legato all’incertezza di come si alzeranno o abbasseranno i rendimenti sui tratti di curva, oltre allo scarto del movimento stesso. Più è basso la scarto tra le scadenze (quindi più la curva è piatta) meno l’esercizio del rolling produce valore.

Infine c’è il rischio credito. Questo esercizio può valore per titoli di stato senza rischio credito (Bund e Treasury), ma quando si parla di BTP o corporate entra in gioco un ulteriore fattore legato al merito dell’emittente che non andrebbe mai dimenticato e che aumenta le incognite.

Credo comunque che con questo post venga rafforzata la necessità per un risparmiatore (come avevamo fatto qui) di utilizzare strumenti gestiti attivi o passivi per ottimizzare il processo di investimento, sempre bilanciando costi e benefici di un’attività artigianale rispetto ad una professionale.

Lascia un Commento