Da un commento su questo post circa la scelta di un prodotto a replica fisica dell’indice delle materie prime piuttosto che un altro, ho preso per scrivere questo post. Non sempre il fattore costi, o meglio risparmio dei costi, deve essere determinante nella scelta del prodotto ed ora vi dimostro il perché.
Nello specifico il commento era riferito al dubbio se scegliere tra un ETF con commissioni di gestione dello 0,35% rispetto ad un ETC con commissioni dello 0,49%. Perché regalare 14 punti base all’anno al gestore? A parte la differenza di sottostante (l’ETF il Crb Index, l’ETC il Bloomberg Commodity ) su cui mi riprometto di tornare, non dovrebbe esserci motivo per preferire il prodotto più costoso, in questo caso l’ETC.
Invece così non è, e questa volta la nostra preferenza andrebbe per il prodotto più costoso anche se andrebbero fatti dei distinguo. Il motivo è individuabile nella differente tassazione tra ETC ed ETF che trovate ben spiegata qui .
Soprattutto la nuova tassazione degli ETF impedisce la compensazione di minusvalenze pregresse, cosa invece possibile con gli ETC.
Abbiamo parlato prima di distinguo. Chi fa investimenti in ottica di lungo periodo, magari comprando ETF con piani di accumulo regolari e nient’altro, non dovrebbe essere molto interessato al discorso minusvalenze poiché tendenzialmente fa parte del plotone di chi fa buy and hold.
Nella realtà le cose non vanno sempre così e spesso ci si lascia andare ad iniziative di trading personale o di investimenti in altri strumenti (obbligazioni, azioni, ecc…) che possono generare delle minusvalenze nel ciclo di vita di un investitore.
Le minusvalenze possono essere recuperate entro 4 anni dalla loro realizzazione se compensate da plusvalenze e, se la compensazione è totale sull’utile realizzato, non si pagano imposte visto che si sfrutta il credito maturato verso il fisco.
A tal proposito ho preparato un esempio che ci fa capire come fermarsi al semplice dato di costo a volte può essere fuorviante.
La tabella successiva mostra una simulazione di investimento di 10 mila euro per 5 anni sui due prodotti, l’ETC e l’ETF. Per semplicità la performance annua è stata stimata in +5% annuo ed ogni 12 mesi otteniamo un montante depurato dalle commissioni di gestione.
Allo scadere del quinto anno è evidente che il fondo che costa meno porta a casa un montante più elevato. Se non avessimo minusvalenze il discorso finirebbe qui. Se però supponiamo di avere minusvalenze per 1.000 Euro il discorso cambio. L’utile dell’ETF, pur in presenza di uno zainetto di minus, viene infatti tassato per intero al 26%. L’utile generato sull’ETC può scontare invece dai 2.453 euro di utile i 1.000 euro di minusvalenza. La situazione si ribalta completamente, con l’utile finale al netto di costi e fisco che diventa decisamente più elevato per l’ETC rispetto a quello conseguito con l’ETF.
Questo è un esempio che volontariamente non prende in considerazione altri fattori (esempio l’imposta di bollo), ma nel concreto il succo del discorso è sempre quello. I prodotti devono essere conosciuti molto bene prima di diventare i veicoli di investimento dei nostri risparmi e non sempre il costo è il parametro decisivo nella scelta.
In questo caso abbiamo dimostrato come l’ottimizzazione fiscale prevale sul risparmio di costo e soprattutto alza il rendimento effettivo del nostro investimento.
Ottimo intervento!
Ti segnalo solo che non funziona il link sul dettaglio sulla tassazione tra ETC ed ETF.
:)