By |Categorie: Educazione finanziaria|Pubblicato il: 4 Dicembre, 2017|

L’inflazione è uno dei peggiori nemici dell’investitore (rendimento nominale vs rendimento reale), ma anche dello Stato esattore fiscale. Ora vi spiego perché, ma perdonatemi se virtualmente sorrido ogni volta che sento dire (anche a presunti esperti del settore finanziario), che gli attuali tassi di interesse impediscono qualsiasi forma di investimento sul mercato obbligazionario perché non redditizi. Redditizi per chi?

Ma andiamo con ordine, l’esempio è tanto semplice quanto concreto. Se investo in un’obbligazione al prezzo di 100 e cedola nominale del 4% ottengo per l’appunto un rendimento del 4%. Lo Stato mi chiede, all’atto di riscossione della cedola, il 12,5% se abbiamo investito in titolo di Stato o sovranazionale, il 26% se trattasi di bond corporate.

Quindi lo 0,50% nella migliore delle ipotesi va in tasse riducendo il mio rendimento nominale a 3,5%. Se al termine del primo anno l’inflazione risultasse del 4% noi investitori dovremmo restituire tutto il guadagno (3,50%) più 50 punti base (0,50%) visto che il mio potere d’acquisto si sarebbe ridotto dello 0,50%.

Alla fine della partita investitore -0,50%, Stato +0,50%.

Secondo esempio. Se investo in un’obbligazione al prezzo di 100 e cedola 0%, un classico Bund tedesco di questi tempi, otterrò al termini del primo anno zero interessi. Qui lo Stato comincia a borbottare perché zero interessi = zero imposte incassate. Se l’inflazione al termine del primo anno sarà zero, come investitore non incasserò nulla ma non vedrò nemmeno eroso il potere d’acquisto. La partita terminerà con un bel zero a zero.

Quale delle due soluzioni è migliore per voi?

Qualcuno potrà sollevare l’obiezione che per uno Stato emettere obbligazioni tasso zero è un enorme vantaggio che supera di gran lunga le imposte incassate su ogni interesse pagato al possessore di obbligazioni. Ne siete sicuri? Bassissima inflazione significa bassa velocità di circolazione della moneta, bassa crescita economica, bassa produttività, bassi stipendi, basse tasse incassate e via discorrendo.

Ma non divaghiamo, qui stiamo ragionando sul vostro vantaggio ed è innegabile che la seconda soluzione è preferibile. Provocatoriamente ho utilizzato questi numeri ed è evidente che i lamenti che salgono dal mondo finanziario sono legati al fatto che il tasso zero rende più difficoltosa la generazione di un rendimento positivo da prodotti gestiti da terzi. Tutto vero, ma ribadisco quello che conta sono i vostri soldi.

Non sta scritto da nessuna parte che l’inflazione ci accompagnerà per i prossimi 20 anni visto che questo è un fenomeno relativamente recente e nato con l’interventismo delle Banche Centrali le quali hanno cercato di calmare la volatilità dei prezzi al consumo dei decenni precedenti.

Quando qualcuno vi proporrà perciò degli investimenti, di qualunque natura essi siano, chiedetegli qual è il rendimento reale atteso e  quanto sarà questo rendimento reale atteso al netto delle tasse.

Vedrete spesso e volentieri visi imbarazzati davanti a voi, un godimento assoluto ve lo garantisco (ed una soddisfazione unica trovare consulenti preparati e sul pezzo).

Ad dimenticavo! A chi vi risponderà con fare sicuro che il risultato sarà con certezza X%, chiedetegli se per caso ha qualche rapporto di parentela con Nostradamus; l’inflazione futura è ovviamente imprevedibile e quindi il rendimento reale può essere solo presunto, non certo.

Un consulente finanziario serio semplicemente vi illustrerebbe delle ipotesi, quello un pò meno serio delle certezze che nessuno ha.

Buon investimento a tutti.

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