By |Categorie: Investimento|Pubblicato il: 16 Aprile, 2020|

La volatilità è spesso associata all’andamento negativo dei mercati finanziari e soprattutto alle fosche prospettive per il futuro degli investimenti. Pensiero non sempre corretto.  L’economista Joachim Klement ha dimostrato come aspettattive negative sull’evoluzione dei mercati azionari storicamente possono essere nutrite quando la volatilità segue un certo percoso e non necessariamente deve essere bassa. Quello che conta non è il valore assoluto della volatilità ma la sua dinamica nel corso del tempo. Da qui possiamo ottenere dei livelli di probabilità sull’andamento dei prossimi mesi sui mercati azionari

Decine di migliaia di analisti finanziari di tutto il mondo osservano con attenzione maniacale le variazioni degli indici di borsa e della loro volatilità. La speranza di ognuno di loro è quella di caatturare in anticipo quel movimento capace di prevedere il prossimo crash dei mercati azionari.

Alla gente piace ascoltare e prevedere disastri (purchè non siano i loro), mentre fare previsioni di rialzi dei mercati finanziari piuttosto che di un tranquillo e pacioso navigare all’interno di un noioso fiume di rendimenti finanziari positivi (ma non esagerati) non piace. Anzi annoia.

Dall’interessante blog di Joachim Klement ho estrapolato parte di un’analisi molto più articolata che l’accademico svizzero ha elaborato di recente.

Sostanzialmente Klement ha associato S&P500 e VIX, il classico indice che misura le aspettative di volatilità.

Solitamente si crede che un volatilità molto bassa sia un preludio ad una caduta dei mercati azionari in un’esplosione di panico quasi ci trovassimo di fronte a dei numeri del lotto ritardatari.

Allo stesso tempo si tende a credere che una elevata volatilità sia indicativa di un mercato troppo rischioso che porterà con sè ancora perdite.

Fondamentalmente l’errore sta in entrambe le affermazioni.

Nell’analisi vengono raggruppati i valori del VIX in 5 quintili. Nel primo si trovano le rilevazioni storiche del VIX sotto 13, nel secondo 13-15,8, nel terzo 15,8-19,3, nel quarto 19,3-24, nel quinto sopra 24.

Sulla base di questi livelli si vanno ad analizzare nei tre mesi successivi le performance dello S&P500.

A livelli di VIX molto bassi il mercato azionario offre nei tre mesi successivi il secondo rendimento medio più elevato. Questo è normale, il mercato è tranquillo e solitamente tende a rimanere in questo stato di beatitudine per un lungo periodo.

I problemi cominciano ad arrivare quando il nervosismo sale dal secondo al terzo gradino.

Evidentemente in questa fase qualcosa turba la serenità degli investitori che cominciano a chiedere un premio per il rischio maggiore facendo scendere i prezzi. Lo stesso accade nel quarto quartile di rilevazioni del VIX, mentre a sorpresa nel momento della massima esplosione di volatilità (quinto quintile) i ritorni a tre mesi del mercato azionario sono al massimo livello.

Siamo nella fase di panico, quando gli investitori impauriti tendono a vendere al meglio creando le premesse per ottimi livelli di ingresso e di rendimento atteso nei mesi a venire.

Sulla base di questa analisi possiamo perciò dire che comprare quando il VIX è storicamente molto basso o molto alto non è un cattivo affare.

Lo studio però fa un passo in più.

Tenendo in considerazioni le fasi di passaggio da un quintile più basso a quello successivo si nota come le performance rimangono elevate nelle prime fasi (dal primo al secondo e dal secondo al terzo), mentre il passaggio dal terzo al quarto quintile e dal quarto al quinto sono fatali con la borsa che nei tre mesi successivi fa registrare mediamente performance negative.

Come giustamente conclude Klement nel suo blog è possibile che alla fine non arrivi nessuna crisi nonostante l’innalzamento del livello di VIX, ma una strategia di alleggerimento del rischio nel momento in cui la volatilità comincia a salire al di sopra di quota 19 in termini di VIX può essere opportuna stando sempre all’erta di rientrare nei momenti di panic selling.

 

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