Questo articolo è stato scritto qualche mese fa ma ho volutamente atteso il momento di mercato giusto per pubblicarlo. Un articolo che segue di qualche settimana quello già pubblicato qui.
Investire in fondi (o ETF) ESG non necessariamente significa investire sul mercato globale delle società belle, brave e intrise di etica. Questo naturalmente è quello che cerca e cercherà nei prossimi anni da far passare come messaggio il tam tam del marketing sempre molto attento dell’industria finanziaria.
Nelle ultime settimane le notizie su vaccini e Game Stop varie sembrano aver spento qualche riflettore esclusivo sulle società più smart di Wall Street. Ed ecco che allora apro il cassetto del blog e prendo fuori questa bozza rivista e corretta.
Il Financial Times in questo articolo di agosto aveva già messo a nudo l’abbondante esposizione dei fondi ESG ai giganti del tech americano. Dai FAANG non si prescinde insomma. Un patto con il diavolo pur di non perdere terreno contro i tradizionali indici?
Pensare che Amazon, Apple, Facebook, Google e compagnia bella possano essere società eticamente perfette è un’utopia. Esiste ovviamente di peggio, ma le controversie su condizioni di lavoro, rispetto della privacy, monopoli vari, fioccano in ogni parte del globo contro le Grandi Sorelle del Big Tech. Personalmente credo che questo faccia parte da sempre delle regole del gioco del business e quindi non mi scandalizzo per nulla. I gestori di fondi ESG che hanno ormai raccolto oltre 1 trilione di Dollari a livello globale non possono investire in azioni prescindendo da questi giganti che di fatto hanno trascinato Wall Street sui massimi storici acquistando ormai oltre un quinto dell’intera capitalizzazione di borsa. Anche volendo non potrebbero farlo.
E così 8 dei 10 fondi che investono nelle large cap americane con etichetta ESG hanno Amazon, Apple e Microsoft tra i top ten delle società possedute in portafoglio. Il 17% del portafoglio è mediamente investito nelle società Faang (si aggiunge anche Netflix), una differenza di poco conto rispetto al 23% dei fondi tradizionali.
Fonte: FInancial Times
Ognuno può naturalmente trarre le sue conclusioni ma ricordo che le 4 società sono anche state ingaggiate nel 2020 dal Congresso americano proprio a luglio 2020 per rispondere di accuse ben precise.
La mia sensazione è che presto o tardi le sorelle diventeranno quello che erano i giganti petroliferi negli anni ’70, monopolizzando o rendendo oligopoli intere fette di business che, a quanto pare in Covid-era, sono le poche che fanno soldi. Ma di questo parleremo magari in un altro articolo.
E’ molto pericoloso questo approccio, come è molto pericoloso ingannare gli investitori con delle semplici etichette che poi racchiudono dentro tante eccezioni capaci di generare proprio anomalie come queste. L’ideale del filtro ESG è una qualcosa di positivo che sono convinto produrrà effetti virtuosi nel medio periodo. E tra parentesi sono molto contento di quello che sta accadendo anche nel mondo della finanza.
Noi qui parliamo soprattutto di come investire i nostri soldi ed oggi la maggior parte dei prodotti ESG è ancora troppo acerba per poter essere considerata così’ perfetta da farci dire tranquillamente che stiamo investendo in società veramente in linea con questi ideali.
Un consiglio che mi sento di dare quando chiediamo o ci viene offerto dal nostro consluente un fondo ESG, è di verificare sempre la storia del fondo. Abbiamo di fronte un fondo che effettivamente ha sempre fatto della sostenibilità un suo mantra? Oppure ci stanno rifilando un fondo rottamato che viene da una storia di in-successo? Ricordate il tema che abbiamo affrontato qui dei fondi scomparsi?
Fortunatamente nel corso del 2021 una regolamentazione più accurata e speriamo indipendente metterà fine ad un certo grado di aleatorietà che i vari indici si stanno prendendo nella composizione. Ed anche questo sarà un elemento positivo in grado di far maturare un fenomeno ESG che, volenti o nolenti, starà con noi per diversi anni.
Quando investiamo è comunque sempre meglio ragionare con la propria testa e non fidarsi del marketing finanziario che ogni giorno cerca di catturare l’attenzione dell’investitore medio allontanandolo da quei gesti, e soprattutto da quei prodotti semplici ed a basso costo, più che sufficienti per raggiungere gli obiettivi di lungo periodo.
Naturalmente il tema che tiene sempre banco negli ultimi tempi è se investire in ESG “rende” di più rispetto ad un fondo equivalente in versione tradizionale. Premesso che non tutto deve essere misurato in performance ma, come in questo caso anche in valori, è ovvio che veder soddisfatti i propri ideali va bene se il costo non è esagerato. Quindi è importante che l’ESG tenga il passo del tradizionale.
Il grafico che ci presenta Amundi Research sembra dirci che negli ultimi 3 anni sui fondi azionari questo è in effetti avvenuto.
In alcuni casi, come sul mercato europeo, si è visto anche un sorpasso. Attenzione però, 3 anni non sono tanti per fare valutazioni in quanto (e questo è quello che è successo) certe derive settoriali potrebbero impattare sul risultato complessivo. Le sottoperformance clamorose del settore petrolifero hanno inciso sicuramente sul risultato della sfida ESG-tradizionale avvantaggiato di contro dall’esplosione dei temi ambientali e green in generale.
Di recente anche Vanguard si è pronunciata con una interessante ricerca proprio dedicata al mondo ESG.
Cosa è emerso da questa ricerca? Intanto che i fondi ESG hanno andamenti molto diversi rispetto ai mercati sottostanti. Questa differenza di performance e volatilità è legata alla differenza di stili e settori che si ritrovano in questi fondi. La dispersione dei rendimenti risulta decisamente più accentuata nei fondi ESG a gestione attiva. E dalla ricerca di Vanguard non poteva non emergere che l’alpha totale statisticamente per i fondi ESG risulta pari mediamente a zero. Ed ancora una volta i responsabili sono loro, i costi.
Altri studi hanno messo in evidenza livelli di oscillazione rispetto ad indici tradizionali più contenuti con alternanza di risultati migliori e peggiori. Insomma su questo fronte la diagnosi è ancora riservata, ma credo non ci si debba troppo incapponire sulle performance di un metodo piuttosto che l’altro.
Semplicemente perchè sono due stili di investimento diversi dove naturalmente gli ideali che stanno alla base dell’ESG si spera che nel corso del tempo faranno assomigliare sempre più i due indici proprio per la virtuosità del fenomeno a livello globale.
A parte questo, cambiano le mode, cambiano i temi, ma rimangono sempre validi i consigli dei vecchi tempi. Spendi poco ed investi globalmente. ESG o tradizionale che sia.
Buon investimento.