Gli ultimi articoli che questo blog ha trattato a tema Bitcoin hanno scatenato polemiche, riflessioni, commenti concitati con tanto di tifo da stadio pro e contro criptovalute. Quando succede tutto questo credo che sia doveroso cercare di comprendere meglio il fenomeno bitcoin senza preconcetti, possibilmente attingendo le informazioni da fonti competenti. Fortunatamente tra i nostri lettori ci sono persone esperte di questa materia complessa. Una di queste persone (che ringrazio di cuore) ha scritto per noi una serie di articoli che speriamo possano aiutare i lettori di investireconbuonsenso.com a capire, nel modo più semplice possibile, come funziona Bitcoin e tutto ciò che vi gira attorno. Sarà un viaggio a puntate dove scopriremo le origini di Bitcoin e della blockchain, capiremo pregi e limiti di questa tecnologia, tenteremo di capire come spendere, conservare e convertire bitcoin con un occhio rivolto a quello che i Governi mondiali potrebbero (o non potrebbero) fare per gestire questo fenomeno.
Parte 4 – L’acquisto di bitcoin, l’utilizzo, le altcoins
L’acquisto di bitcoin: come trasformare i bitcoin in valuta fiat e viceversa, come spenderli e conservarli
Negli articoli precedenti abbiamo descritto come funziona la rete Bitcoin, ma come si acquistano i bitcoin e come si forma il prezzo? Come si vendono? Come si conservano o si spendono?
In precedenza abbiamo visto che i nuovi bitcoin vengono prodotti ogni 10 minuti in base ad un algoritmo predefinito, quindi per comprare dei bitcoin con una valuta legale (definita valuta fiat, cioè emessa da uno Stato o da una Banca Centrale), ad esempio dollaro o euro, occorre “concordare” con qualcuno che possiede dei bitcoin il prezzo a cui scambiarli. Questo scambio bitcon-valuta fiat avviene in luoghi chiamati “exchange” (i più noti sono Coinbase e Binance, ma ne esistono centinaia). Questi sono normalmente dei portali Internet e funzionano in maniera molto simile agli scambi di borsa. Ognuno inserisce le sue proposte di acquisto e vendita e quando due proposte si incrociano avviene lo scambio. Il valore che assume di volta in volta nei vari exchange questo incrocio diventa il prezzo di bitcoin, che quindi dipende esclusivamente dalla volontà degli acquirenti e dei venditori attivi in un certo momento e, anche per questo motivo, può avere normalmente delle oscillazioni quotidiane superiori al 10%.
Dal momento che gli exchange sono molti, tuttavia, il prezzo di bitcoin non è mai identico nei vari exchange, perché in ognuno di questi la domanda e l’offerta possono essere differenti in un certo momento. Non esiste quindi un prezzo “ufficiale” di bitcoin e in ogni sito dove viene riportato il prezzo di bitcoin è normalmente indicato anche l’exchange che comunica quel prezzo (ad es. per Google è Coinbase). Per via del funzionamento della rete Bitcoin, inoltre, per gli speculatori non è possibile intervenire efficacemente con un’azione di arbitraggio, cioè comprare in un exchange dove il valore è più basso e vendere in uno dove è più alto, consentendo di raggiungere lo stesso prezzo dovunque, come avviene normalmente nei mercati regolamentati. Questo per via delle 6 conferme che è necessario attendere per trasferire i bitcoin da un exchange all’altro. Se ricordate, in precedenza abbiamo visto come sia normalmente necessario attendere la produzione di 6 blocchi per “confermare” una transazione, ognuno dei quali viene prodotto ogni 10 minuti circa. Ma, data l’elevata volatilità di bitcoin, dopo un’ora il prezzo potrebbe essere cambiato abbastanza da non rendere più conveniente l’operazione. Alcuni exchange hanno ridotto il numero di “conferme” richiesto, tuttavia il problema rimane.
La valuta fiat (es. euro o dollari) può essere depositata negli exchange, o prelevata, generalmente tramite carta di credito o bonifico bancario, mentre i bitcoin, una volta acquisitati, possono essere lasciati in custodia presso l’exchange oppure è possibile trasferirli in un wallet, concetto che vedremo fra breve.
La differenza principale tra un “exchange” e un mercato tradizionale è che il secondo è regolamentato, mentre il primo non offre nessuna tutela legale all’acquirente o venditore. Famoso è diventato ad esempio il collasso avvenuto tra il 2013 e il 2014 del più grande exchange allora esistente, Mt. Gox, che comportò la sparizione di centinaia di migliaia di bitcoin.
Nel mondo crypto è abituale l’affermazione “not your keys, not your coins”, cioè se non hai la chiave privata dei tuoi bitcoin, non hai i bitcoin. Come ormai avrete compreso, la chiave privata che abbiamo visto nella prima parte di questo articolo è la “chiave” (scusate il gioco di parole) di tutto il sistema e rappresenta l’unica certezza di poter accedere ai propri bitcoin, per cui, nel momento in cui trasferite i vostri bitcoin su un indirizzo di un exchange, ne cedete la proprietà a qualcuno a cui date completa fiducia. Se li perde o li ruba non avete diritto a nessun risarcimento.
C’è da dire che negli anni la situazione è molto cambiata e attualmente gli exchange più noti offrono garanzie quasi paragonabili a quelle di un mercato regolamentato. Tuttavia sono ancora su base volontaria, non esistendo tutt’ora nessuna regolamentazione.
In ogni caso, se non si vogliono lasciare i propri bitcoin in custodia presso un exchange, vanno tenuti in un wallet cioè un programma informatico, un hardware, o anche un pezzo di carta (paper wallet) che contenga le chiavi private e pubbliche dei bitcoin. Al riguardo esistono diverse soluzioni, nessuna sostanzialmente priva di rischi di perdere le chiavi o che qualcuno le rubi. La soluzione considerata più sicura è normalmente quella di acquistare un “hardware wallet”, i più noti sono prodotti dalla Ledger, cioè una specie di chiavetta USB che potete conservare dove preferite e che contiene le chiavi.
Periodicamente vi sarà capitato di leggere una news in cui si afferma che qualcuno “ha perso” una fortuna in bitcoin. In pratica, come ormai dovremmo avere chiaro, questo significa che ha perso le sue chiavi private. Si stima che dei 18,5 milioni di bitcoin in circolazione almeno 3 milioni siano persi per sempre. Un altro milione è stato minato direttamente dal PC di Satoshi Nakamoto nei primi mesi dall’avvio della rete Bitcoin, prima cioè che qualcuno si interessasse al suo sistema. Nessuno però sa se prima o poi li utilizzerà, per cui alcuni considerano questi bitcoin come persi, altri no. Nakamoto non ha infatti mai speso i bitcoin in suo possesso, se non per fare qualche test iniziale.
Una volta che possedete dei bitcoin, potete decidere se spenderli o rivenderli. Se li volete spendere dovrete trovare un negozio che accetti questo tipo di valuta. Nel momento in cui effettuate il pagamento, come descritto in precedenza, utilizzerete la vostra chiave privata per firmare la transazione “sto dando i bitcoin a XXX” dove “XXX” è la chiave pubblica del venditore e invierete questa richiesta alla rete Bitcoin. Se invece volete venderli, farete la stessa operazione, ma la chiave pubblica è quella che vi sarà indicata dall’exchange a cui invierete i vostri bitcoin e in cui poi potrete effettuare lo scambio con valuta fiat, come abbiamo visto prima.
Per quanto riguarda la divisibilità della valuta bitcoin, è possibile dividerla fino a 8 decimali, cioè 0,00000001 bitcoin, unità che viene chiamata “satoshi”, in onore dell’inventore di Bitcoin.
Le altcoins e le applicazioni blockchain
Siamo arrivati quasi alla fine di questa panoramica su Bitcoin, ma non si può non parlare degli “eredi” di Bitcoin. Come abbiamo visto, la tecnologia Bitcoin, al di là dell’effettiva utilità, è stata una brillante soluzione tecnica a problemi informatici che erano stati fino a quel momento insolubili, tuttavia, come spesso accade nel mondo tecnologico, la prima soluzione è stata superata tecnologicamente da altre soluzioni successive, che hanno cercato di risolvere i problemi lasciati irrisolti.
Sono nate quindi le criptovalute, cioè valute protette dalla crittografia, chiamate anche altcoins o, in maniera dispregiativa dai puristi di Bitcoin, shitcoins. Il portale Internet di riferimento per il mondo delle criptovalute è generalmente CoinMarketCap (http://www.coinmarketcap.com).
La più famosa criptovaluta dopo Bitcoin è Ethereum, nata nel 2015, che da tempo ha la seconda capitalizzazione di mercato, ma ne esistono diverse migliaia.
Queste nuove criptovalute hanno generalmente provato ad estendere le funzionalità della blockchain di Bitcoin, che è relativa solo al trasferimento di denaro. Una volta compreso il funzionamento della blockchain, infatti, qualcuno si è chiesto: ma se io posso firmare il messaggio “ho dato un bitcoin ad ArcheoWealth”, perché non posso firmare il messaggio “ho venduto la casa ad ArcheoWealth” risparmiando sui costi del notaio? In effetti la tecnologia della blockchain consente di evitare l’intervento di una terza parte garante e definire qualsiasi tipo di contratto valido in tutto il mondo. Fermatevi un momento ad immaginare l’impatto di un concetto del genere applicato ad esempio ai rapporti commerciali tra imprese dislocate in qualsiasi parte del globo.
In pratica, per quasi ogni problema oggi esistente, dalla finanza alla vendita di auto usate o allo streaming video, è nata almeno una criptovaluta che prova a risolverlo.
L’argomento è di tale importanza che ad esempio la “Enterprise Ethereum Alliance”, nata per supportare la diffusione della tecnologia di Ethereum, ha nel board soggetti come Microsoft, Intel, J.P. Morgan, Santander.
Il valore di bitcoin e delle altcoins
E quindi dovremmo tutti precipitarci a comprare bitcoin o magari altcoins?
Ovviamente nessuno può permettersi di dare indicazioni finanziarie se non è qualificato (e io non lo sono) e soprattutto se non conosce il destinatario, perché ognuno ha la sua situazione personale. Alcune osservazioni però credo sia opportuno evidenziarle e ritengo che questo blog sia probabilmente il posto più idoneo per farlo. Ringrazio ArcheoWealth per avermi dato l’opportunità di farlo.
La seconda criptovaluta per capitalizzazione, Ethereum, la stessa di cui sopra abbiamo visto la “Enterprise Ethereum Alliance”, rispetto alle 7 transazioni massime al secondo di Bitcoin e alle migliaia di Visa, riesce oggi a gestirne non più di 45. Quarantacinque. Nel 2017 un unico gioco denominato CryptoKitties ha rischiato di far collassare l’intera rete di Ethereum. Sta faticosamente effettuando una migrazione a Ethereum 2.0 che dovrebbe risolvere una parte dei problemi, ma stiamo ancora parlando di possibili potenzialità future fra alcuni anni, non attuali.
Se andate su CoinMarketCap, vedrete che la quinta criptovaluta per capitalizzazione al momento della scrittura di questo articolo (31 gennaio) è Polkadot, che ieri 30 gennaio era la quarta e che un anno fa non era neanche presente. Sempre al momento della scrittura di questo articolo, CoinMarketCap riporta 8.363 criptovalute esistenti, ieri erano 8.361 e ogni giorno se ne aggiungono di nuove.
Quale o quali di queste avranno successo e quali no? Nessuno lo sa. Con ogni probabilità, al livello di avanzamento in cui siamo, la tecnologia della blockchain resterà, potrà essere una rivoluzione o, più probabilmente, una progressiva integrazione nei sistemi esistenti di cui non ci accorgeremo, ma la realtà è che al momento attuale sono ancora tutte promesse. Durante la bolla Nasdaq chi avesse scoperto in anticipo Google o Amazon tra le migliaia di imprese esistenti avrebbe potuto ottenere risultati incredibili, ma chi può conoscere oggi quale o quali delle 8.363 criptovalute (oltre alle nuove che si aggiungeranno ancora) resteranno realmente e quali invece varranno zero?
Per Bitcoin la questione è differente, e per certi versi più semplice. La blockchain di Bitcoin è la più obsoleta e la meno efficiente tra quelle esistenti. È lenta, costosa e dispendiosa. Esistono centinaia di criptovalute che sono in grado di fare quello che fa Bitcoin, ma molto meglio. Il software di Bitcoin (Bitcoin Core) come abbiamo visto è gratuito, chiunque può copiarlo per farsi il suo Bitcoin, per cui non ha nessun valore. Tuttavia Bitcoin ha un brand fortissimo. È un marchio che ormai è entrato stabilmente nell’opinione comune, in particolare nei giovani. Un marchio talmente superiore a quello di tutte le altre migliaia criptovalute che da solo capitalizza normalmente dal 60% al 70% del valore totale delle criptovalute esistenti. Il suo valore non ha ormai più nulla a che vedere con la tecnologia di realizzazione, esistono cloni di Bitcoin che, pur essendo tecnologicamente praticamente identici, hanno valori irrisori. E mentre le altcoins, finita la festa dei fantastilioni di zio Paperone che c’è in questo momento, si ritroveranno a doversi guadagnare sul campo il loro valore in base a quello che realmente dimostreranno di saper fare, Bitcoin probabilmente no. Nessuno si sta aspettando da Bitcoin chissà quali rivoluzioni tecnologiche, i suoi casi d’uso sono ormai noti da anni.
Quindi alla domanda “dovrei comprare bitcoin?” la risposta forse più adatta è un’altra domanda: comprereste un “oggetto” che ha un valore intrinseco pari a zero, che svolge a fatica una funzione che altri svolgono molto meglio e che potrebbero sostituirlo in qualsiasi momento, ma che oggi vanta un brand eccezionale per cui tante persone sono disponibili ad attribuirgli un valore elevatissimo, con la consapevolezza però che domani potrebbe avere un valore ancora più alto oppure perdere il fascino attuale del brand e valere quindi zero?
Grazie a tutti per l’attenzione.
Leggi anche:
Ho letto il libro sui metalli preziosi di Mike Maloney, ti cito delle frasi alle quali io, volutamente, ho aggiunto le 2 parole: “bitcoin” e “informatici”. Inutile riassumerlo è abbastanza complesso e occorre leggerlo con calma:
“Non è possibile che il debito diventi grande 10 volte la dimensione della nostra economia – sostiene Maloney – Prima o poi arriva una frenata stridente e tutti gli asset (compresi bitcoin, immobili e le azioni) si adeguano ai nuovi valori di mercato e i metalli preziosi come l’oro e l’argento ne escono vincitori perché da millenni sono considerati la riserva estrema di rifugio in tempi difficili, la certezza ultima, la fuga dal rischio. E il sistema monetario ancorato ai metalli preziosi è l’unico che ha dimostrato nei millenni di essere in grado di funzionare fino a quando qualche imperatore, governante o banchiere o informatico ha provato a inventarsi qualcosa di alternativo, fallendo poi sempre miseramente”.
Quando la valuta in carta diventa troppo abbondante, e di conseguenza perde valore, l’uomo torna sempre ai metalli preziosi” dice Maloney.
“Siamo fiduciosi che il valore di bene rifugio di ultima istanza dell’oro rimarrà intatto perché per oltre tremila anni oro e argento fisico hanno sempre mostrato la capacità di tutelare il potere d’acquisto, tenendo conto di tutto l’eccesso di moneta in circolazione e facendo giustizia di tutte le bolle finanziarie. Questa rivalutazione si è verificata anche in tempi relativamente recenti e non c’è ragione di credere che oggi stia accadendo qualcosa di diverso”……………………………..