Ben 125 anni dopo la prima campanella datata 26 maggio 1896, questo vecchietto non sembra affatto sentire il peso degli anni fresco reduce da nuovi massimi storici proprio nel 2021.
Osservando il grafico seguente capiremo di che pasta è fatto un investimento di lungo periodo, inapplicabile ovviamente per ragioni anagrafiche, ma dimostrazione vivente di come crisi, guerre, pandemie non hanno impedito a nonno Dow di crescere ad un tasso annuo composto di rendimento del 6,95% con 1464 massimi storici.
Fa sorridere pensare agli inutili titoli di giornale, agli acchiappa clic del web, e a tutta quella retorica che puntualmente tenta di segnalare l’ennesimo massimo storico dell’indice come il segnale del crash dietro l’angolo oltre che della solita irrazionale euforia.
E dire che di crash il Dow ne ha visti in questi 125 anni, ma si è sempre rigenerato e moltiplicato nella sue valutazioni. Il progresso dell’economia è creato dal progresso degli utili aziendali ed il Dow è da sempre stato l’espressione delle 12 blue chip più rappresentative d’America poi diventate 30 dal 1928.
Nella tabella che segue scoprirete le mitiche 30 che compongono il paniere attuale. Dopo l’uscita di General Electric nel 2018 è scomparsa l’ultima pioniera fondatrice presente, assieme a nomi ormai passati nel dimenticatoio come American Cotton Oil e Distilling & Cattle Feeding, nel Dow Jones delle origini. Procter & Gamble al momento è la decana del gruppo essendo stata aggiunta nel 1932 e mai uscita da allora.
La forza di un indice è propria questa. Rimanere in vita per 125 anni mentre alcuni (se non quasi tutti) componenti originali sono scomparsi. Messaggio rivolto a chi pensa che la stock selection fai da te porta dei vantaggi tangibili all’investitore. Esattamente l’opposto. Aumenta i rischi di pescare una delle razze in via di estinzione.
Il Dow partì nel suo lungo viaggio con un valore dell’indice di 40.94. Superò quota 100 nel 1906, quota 1000 nel 1972, quota 10000 nel 1999. Altri 20 anni e il suo valore si è moltiplicato per di tre volte e mezzo nonostante lo scoppio della bolla dot.com, la Grande Crisi Finanziaria del 2007-2008 e la pandemia del 2020.
Ma che dire del secolo precedente? La Grande Depressione del 1929, due guerre mondiali, la guerra fredda ed altre crisi e crisette varie sparse qua e là con tanto di Black Monday nel 1987 quando in un giorno il Dow perse il 22,6%.
Durante la sua storia il Dow ha visto 25 recessioni e 23 presidenti (10 democratici e 13 repubblicani).
Il Dow ha vissuto periodi di inflazione a doppia cifra e di deflazione e tassi di interesse a zero. Il rendimento annuo composto è stato del 10,2%, ma considerando il fattore inflazione quasi un 7% all’anno è stato in grado di garantirlo agli investitori che hanno creduto in lui.
Se dovessi appendere un manifesto nella cameretta di un ragazzino per spiegargli cosa vuol dire investire in borsa credo proprio che il grafico del Dow Jones rappresenti il candidato ideale.
Difficoltà tante, gioie di più, ricchezza creata un’enormità.
Rischio e rendimento stanno tutti racchiusi qui dentro, come del resto pazienza e capacità di mantenere a bada le emozioni.
Buon compleanno Dow, ci rivediamo per i 150!