By |Categorie: Pensione|Pubblicato il: 5 Ottobre, 2022|

Battesimi, cresime, lauree, primo lavoro, matrimoni, nascite dei figli, divorzi, diventare nonni, passaggi a miglior vita.

Sono tutti eventi importanti della nostra vita e li sottolineiamo e festeggiamo con eventi dedicati, cerimonie e liturgie.

Li formalizziamo anche con documenti legali. Con tanto di notai, rappresentanti dello stato italiano, avvocati e giudici.

Leggiamo libri e scriviamo articoli su come gestire questi passaggi importanti della vita e, alla fine, la nostra vita ruota e si snoda intorno a ognuno di essi.

Ma a nessuno è stato spiegato come gestire un altro passaggio importante della nostra vita. Me ne sono reso conto in tanti di lavoro di questa mia professione, ovvero quando le persone devono decidere quando e come decidere di smettere di lavorare.

Il famoso “pensionamento”.

È una parola che non piace pronunciare quasi a nessuno, se non per l’idea di smettere di lavorare perché “non se ne può più “, ma che evoca anche un declino psico -fisico a cui molte persone non vogliono pensare.

Al di là della data fatidica della pensione di vecchiaia a 67 anni per uomini e 65 per le donne (generalizzando a leggi vigenti), molti fantasticano sulla possibilità di non dover lavorare fino a quell’età così avanzata.

Un po’ perché “non so neanche se ci arrivo“ oppure  “ci arrivo ma poi non sono più in grado di fare nulla da un punto di vista fisico “ oppure “ci arrivo ma poi avrò pochi anni per godermela”.

Molto dipende da…

Tutti concetti giusti ma che poi dipendono molto da:

  1. lo stile di vita che una persona ha condotto durante gli anni precedenti (si è sempre fatto sport? Sì è sempre stati un po’ sovrappeso? Sì è esagerato con cibo, fumo e alcool? Ci si è curati quando era necessario?)
  2. dal tipo di lavoro che una persona ha svolto (a 67 anni l’azienda ha ancora interesse ad avermi come risorsa umana o preferiscono un giovane che pagano ¼ di quello che pagano al sottoscritto?)
  3. da hobby e interessi praticati e coltivati nel corso della vita

Insomma, si può anche arrivare a 67 anni, nel pieno della vigoria fisica, con tanti hobby e vivere in buona salute fino a 90 anni.

Oppure già ai 50 fisicamente non si è in forma, con pochi interessi e amici, con qualche patologia. Arrivare a 67 è un pò come come scalare l’Everest.

Ogni persona fa storia a sé, ma per tutti ho notato che pochi hanno voglia di lavorare fino all’età decisa dallo stato italiano dei 67, data decisa per una questione meramente di sostenibilità del sistema pensionistico italiano. E che, presumibilmente, salirà nel corso dei prossimi anni.

E allora iniziamo ad avere conversazioni infinite sul momento in cui è possibile e si vuole smettere di lavorare. Ben prima dei 67 anni per cercare di capire se sia fattibile da un punto di vista finanziario.

È un cambio di mentalità

Il pensionamento o, come preferisco chiamarlo io “la decisione su quando smettere di lavorare”, non è solamente un passaggio e una transizione dal lavoro giornaliero a una vita di piacere e relax. È un passaggio importante nella relazione che abbiamo con i nostri soldi. Per anni e anni e decenni abbiamo risparmiato, investito e visto (o almeno si spera) il nostro portafoglio salire di valore.

Quando smettiamo di lavorare è come se dovessimo schiacciare un bottone e iniziare a spendere questi soldi così faticosamente guadagnati. Le buone abitudini che avevamo mentre lavoravamo, ovvero risparmiare e investire metodicamente, è come se si rivoltassero contro di noi e inibissero la capacità di godere dei frutti del nostro lavoro.

Alla fine, l’obiettivo è quello di passare a miglior vita con il portafoglio più grande di tutti? O come disse il grande Charles Aznavour “non voglio essere il più ricco del cimitero”. Speriamo tutti che non sia questo l’obiettivo di ognuno di noi.

Perché se fosse così significa che non avremmo speso per fare esperienze i cui ricordi ci porteremo dietro tutta la vita, nonché aver passato del tempo con le persone che amiamo.

Oppure non abbiamo fatto i viaggi sempre sognati, pranzi e cene in ristoranti tanto desiderati o di acquistare le cose che ci portano gioia. Alla fine, non vogliamo essere come i faraoni che si portavano con loro nell’aldilà le proprie ricchezze.

Il cambiamento non è facile

Questo cambiamento di mentalità, come detto, non è facile. E’ come imparare un qualcosa di nuovo, ovvero imparare a spendere senza avere quella sensazione di stress o ansia.

È una di quelle capacità che non ci hanno insegnato a scuola e che non è mai stata richiesta all’essere umano, soprattutto a noi italiani con le nostre pensioni garantite dei tempi d’oro.

L’uomo ha sviluppato il commercio e ha inventato la valuta per rendere più facile il trasferimento di beni e servizi. Abbiamo poi evoluto questo sistema per incoraggiare investimenti, per far crescere le aziende e per finanziare i governi. Ora, tutta questa creazione umana che, banalmente, sono i mercati finanziari e gli investimenti, ci deve supportare per vivere gli anni in cui smettiamo di lavorare e per adempiere alle nostre necessità di spesa. Non abbiamo nessuno che ha scritto un libro o che può insegnarci quali sono le linee guida. Dobbiamo costruire, come dicono gli americani, questo aereo “mentre è in volo”.

Smettere di lavorare è un vero e proprio diritto umano

Fino alla fine del secolo scorso, il pensionamento era una necessità improcrastinabile. Si lavorava fino a quando,  dal punto di vista fisico, non si poteva più continuare. E poi si moriva subito dopo.

Oggi, con i miglioramenti della scienza e della medicina, milioni di persone vanno in pensione intorno ai 65 anni e hanno aspettative di vita per circa altri 20/25 anni. Le aspettative di vita molto più lunghe presentano una sfida molto importante per le nostre società e per il modo in cui abbiamo pensato il nostro sistema economico e finanziario. Una di queste sfide è proprio saper utilizzare bene i nostri risparmi nel periodo del “pensionamento”.

Smettere di lavorare e più che una transizione o un cambiamento nella nostra relazione con i soldi. È proprio un cambiamento di come vediamo noi stessi. Il lavoro e la carriera che hanno definito le nostre vite per decenni non fanno più parte della nostra routine quotidiana.

Imparare a farsi qualche domanda sul “dopo”

Ogni cosa è diversa dopo il pensionamento. È importante chiedersi “chi sono io senza il mio lavoro e senza la mia carriera”? È più importante ancora chiedersi “come passerò il tempo”? Come “passerò i miei giorni, le mie settimane, i mesi, le mie stagioni, e gli anni fino a che la routine finisce”?

Queste sono questioni vitali per chiunque debba iniziare a pensare a quando smetterà di lavorare. Per molte persone, infatti, giorni di ozio sulla spiaggia o nel giardino perdono il fascino abbastanza velocemente. Il rischio di annoiarsi in fretta è reale ed è un rischio che molti non prendono in considerazione.

I pensionati degli ultimi anni, con cui interagiamo spesso, iniziano a sentire una sensazione di incompletezza dopo i primi anni di gioia senza lavoro. Il lavoro dà la possibilità alla gente di interagire con altre persone e di dare un senso alla vita quotidiana. La perdita di questa comunità è una sorpresa per molti che prima disdegnavano magari il caffè con i colleghi e il pranzo forzato nel bar sotto l’ufficio.

Potrei continuare all’infinito questo leitmotiv ma vi lascerò solo con delle riflessioni finali.

Il pensionamento è uno delle transizioni più importanti nella vita delle persone. È un passaggio che richiede molta più attenzione ed è necessario pensarci con un discreto anticipo per fare in modo che possa essere un periodo della vita piena di felicità e successo.

C’è qualcosa di più deprimente che stare tutto il giorno seduti in casa davanti alla televisione guardando il portafoglio che continua a crescere e non viene speso?

Il momento per pianificare, non solo la data del pensionamento, ma anche che cosa farai e come spenderai durante il pensionamento deve iniziare addirittura quando si hanno 40 anni, non 50 o 60.

Il tempo non manca, è arrivato il momento di “spenderlo bene”.

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