Come abbiamo visto nel post “Il coro unanime degli analisti su bond e azioni” le previsioni 2015 per gli investitori obbligazionari non sembrerebbero essere delle più felici, ma lo stesso accadde anche alla fine del 2013 e di fatto non andò esattamente come si pensava un anno fa.
Vogliamo però mettere sotto un’altra luce l’investimento obbligazionario che rimane comunque un’arma da mantenere in portafoglio per alleviare la pressione sui nostri investimenti nei momenti di maggiore tensione finanziaria.
L’ottimo blog A Wealth of Common Sense ci offre un buon punto di partenza per la discussione in questo post.
La prima tabella mostra infatti i 10 maggiori guadagni annuali di un investimento in bond a lunga scadenza. Il 2014 si pone nella top five della classifica ed è abbastanza evidente come questi numeri sono tutti arrivati a partire dal 1982 quando è cominciata la tendenza ad un generale ribasso dei tassi di interesse sulla parte lunga della curva.
Oggi ogni investitore si aspetta un rialzo nei tassi di interesse e questo sembra essere più una speranza legata alla matematica che non una certezza finanziaria. Dal 1926 al 1960 i rendimenti dei bond a scadenza lunga rimasero ingabbiati tra il 2 e il 4% e nulla esclude che questo scenario si possa ripetere per i prossimi anni.
La tabella successiva mostra i 10 più ampi guadagni del mercato obbligazionario in quel periodo.
Mentre nel periodo storico più ampio 1926-2014 la media delle 10 migliori performance è stata del 27%, qui arriviamo appena al 10%. Questo è logicamente legato alla minor capacità del flusso cedolare di lavorare a favore dell’investitore sia nelle fasi positive che negative. In questo periodo storico (1926-1960) i bond a lunga scadenza ritornarono all’investitore americano il 3,2% annuo (1,8% in termini reali) contro il 5,7% annuo (2,8% in termini reali depurati dall’inflazione) dell’intero arco temporale 1926-2014.
Questo lo scenario che si presenta davanti ad un investitore obbligazionario nel 2015. Non necessariamente i tassi saliranno perché sono bassi numericamente parlando o perché in passato è successo. E’ possibile che scendano ancora o che rimangano stabili, tutti gli scenari sono aperti e per questo la componente bond non va mai eliminata dal portafoglio, usate il buon senso come sempre. La peggior perdita dei bond nella storia finanziaria moderna è stata infatti pari a meno di un sesto di quella dell’azionario e quindi non è il pericolo di segni negativi il problema (ancora meno lo diventa se i tassi si alzano molto gradualmente), quanto il pericolo che l’investimento venga eroso dall’inflazione.
L’ultima tabella ci mostra cosa è successo all’investimento in bond durante la salita nei tassi del periodo 1951-1981. I ritorni sono annualizzati e, nonostante diversi rialzi dei tassi di interesse durante questo arco temporale, non c’è traccia di segno meno tra le componenti di investimento dedicate ai bond. Questi sono ritorni annui nominali, altro discorso se gli stessi numeri diventassero reali e quindi depurati dall’inflazione.
Non lasciatevi travolgere dalle indicazioni trancianti degli analisti finanziari se il vostro obiettivo è creare valore nel lungo periodo. Non conosciamo il futuro, possiamo ragionevolmente attenderci con buon senso un ritorno più basso negli anni a venire per la componente obbligazionaria, ma non necessariamente un ritorno negativo e non dimentichiamo mai che uno dei pochi ammortizzatori nei momenti di crisi del mercato azionario sono proprio i bond.