Uno degli indicatori di valutazione relativa del mercato azionario più seguito negli ultimi anni è certamente il CAPE di Robert Shiller. CAPE sta per Ciclically Adjusted Price Earnings Ratio ed ha trovato spazio per merito del suo autore e della sua capacità di prevedere lo scoppio delle recenti bolle speculative.
Shiller, per determinare questo parametro, parte dal classico rapporto Prezzo / Utili di un indice azionario e lo aggiusta per il ciclo economico in atto in modo da renderlo più realistico. Per ottenere il CAPE, Shiller prende per esempio il prezzo dello S&P500 e lo divide per la media degli utili degli ultimi 10 anni.
Fonte Reseach Affiliates ecco i CAPE delle principali borse mondiali.
Proprio nei giorni scorsi Shiller ha comunicato, tramite il consueto update del suo database , il raggiungimento di quota 27,78 nel CAPE da parte dello S&P500.
Il grafico tratto dal sito di Robert Shiller ci mostra la storia di questo indicatore e lo confronta con l’andamento dei tassi a lungo termine sempre americani.
Il CAPE ha raggiunto un livello che è superiore al massimo del 2007 (27.54) e che ritroviamo solamente a maggio 2002, oltre che nella crisi del 1929. Obiettivamente però questo indicatore ha una valenza in termini di timing di breve periodo piuttosto debole se non nulla (e di seguito ve lo dimostro) mentre ci aiuta tantissimo nel perfezionare le aspettative di lungo periodo sull’azionario americano.
Ma andiamo con ordine e attingiamo al database di Shiller per fare alcuni ragionamenti sfruttando anche l’ottimo lavoro fatto da Novelinvestor.com nelle settimane scorse.
Sono stati presi i dati del CAPE sullo S&P500 al primo gennaio nel periodo 1926-2014 e si sono osservati i ritorni annui della borsa in versione total return a distanza di 1, 3, 5 e 10 anni a seconda del livello di CAPE di quel momento.
Cominciamo dal caso in cui il mercato è più a sconto, ovvero quello con CAPE inferiore a 10.
Il mercato è stato qui 10 volte dal 1926 e l’ultima è stata nel 1984; il valore più basso è stato quello del 1982 di 7.39. Da notare come anche a distanza di 1 anno è possibile perdere denaro con CAPE così bassi.
La seconda tabella mostra il caso più frequente, quello con CAPE compreso tra 10 e 15. Ventisei sono state le rilevazioni dentro questo range, l’ultima nel 1988 anche se a marzo 2009 il CAPE toccò quota 13.3.
Siamo al caso numero tre, quello con CAPE compreso tra 15 e 20. In questa situazione il mercato ci è stato 22 volte, l’ultima nel 2009.
Cominciamo a sentire l’alta quota e la quarta tabella mostra il CAPE tra 20 e 25. Venti sono state le volte in cui lo S&P500 si è trovato qui, l’ultima nel 2014. Cominciamo a notare un segno meno anche nel ritorno dello S&P500 a distanza di 10 anni.
Infine l’ultima tabella, quella più attuale visto che qui rientra il caso del 2015 cominciato con un CAPE di 26,6 a gennaio. Dodici le rilevazioni effettuate oltre quota 25 con il valore più elevato toccato a 43.77 a gennaio 2000.
Alcune conclusioni di “buon senso” che possiamo trarre da questi dati.
1) Il CAPE non ha nessuna valenza tattica di breve periodo. Come si vede dai ritorni ad 1 anno conseguiti con CAPE maggiore di 20 possiamo avere performance massime e minime in linea con quelle conseguite con CAPE decisamente più contenuti. Il CAPE superò quota 25 nel 1995, ma salì progressivamente fino al 2000 accompagnando mercati al rialzo. Nel 2004 il CAPE superò quota 25 e ci rimase fino al picco del 2007
2) A distanza di 3 anni la borsa americana ha ottenuto ritorni in doppia cifra anche con CAPE superiori a 25.
3) La vera differenza (e quindi il segnale di aspettativa che ci fornisce il CAPE) si comincia a notarsi a 5 e 10 anni. Non solo i valori medi e mediani sono decisamente più bassi rispetto agli altri scenari, ma anche le escursioni di massimo appaiono decisamente più contenute senza praticamente mai arrivare (tranne in un caso a 5 anni) alla doppia cifra (10,7%).
E’ evidente che oggi siamo lontani dalla media di lungo periodo 1926-2014 di 17.6, ma nulla vieta che possiamo assistere ad ulteriori allunghi delle borse. Quello che però è il messaggio in bottiglia che ci manda il CAPE è legato alle aspettative che devono nutrire gli attuali acquirenti di equity a 5 e 10 anni. Nulla esclude che potremo battere da qui a uno e due lustri i massimi di ritorno annuo del 10.7% e del 8.4% conseguiti in passato con CAPE superiore a 25, ma è chiaro che, se dobbiamo pensare ad uno scenario intermedio, ciò che è stato finora difficilmente si ripeterà con la stessa intensità in futuro in termini di rendimenti. Quindi basiamoci su aspettative più contenute e realistiche quando formuliamo delle attese di rendimento del nostro portafoglio evitando illussioni ed aprendoci a piacevoli sorprese.
Fonti: Novelinvestor.com – Putting the CAPE ratio into context
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Ciao AW, per stimare un rendimento di qualsiasi mercato a lungo termine, può essere giusto aggiungere oltre al valore che restituisce il cape di Shiller(controllare il p/e trailing e forward, poi facendo un medione)anche il valore medio dei dividend?