By |Categorie: Investimento|Pubblicato il: 9 Ottobre, 2015|

Il grafico che vedrete di seguito rappresenta la curva dei rendimenti americana espressa come differenza tra il tasso di interesse offerto da un’obbligazione con scadenza a 10 anni e quello offerto da un obbligazione con scadenza a 2 anni.
In condizioni di crescita economica la curva presenta un valore positivo, ovvero prendere a prestito denaro a breve per investire a lungo offre un cosiddetto “carry” positivo che rende interessante l’investimento in qualsiasi forma. Questa è la normalità che troviamo negli Stati Uniti o anche negli stessi paesi dell’Europa occidentale.
In talune condizioni (vedi Grecia di recente) o Italia nel 2011, la curva si inverte non solo per critiche condizioni economiche ma anche perché il mercato nutre una forte sfiducia nell’emittente e quindi richiede un premio molto più alto per prestare denaro con scadenza breve. Russia e Brasile sono ad esempio due paesi che in questo momento sulle emissioni in valuta locale hanno curve dei rendimenti invertite proprio perché il mercato si aspetta il proseguimento di una recessione economica anche nei prossimi trimestri.
Tornando a quella che è la curva dei rendimenti più osservata del mondo, quella americana, in questo momento il tasso a 2 anni è inferiore di poco meno di 150 punti base rispetto a quello a 10 anni (2.0%). Situazione tranquillizzante direte voi, ed in effetti così è…per ora.

La curva dei rendimenti è una delle preoccupazioni principali della Federal Reserve nel momento in cui alzerà i tassi di interesse ed è anche il modo più esplicito da parte dei mercati di invitare la Fed a non farlo o per mostrare il proprio disappunto. Se la Fed alza i tassi ufficiali in modo modesto (diciamo 25 o 50 punti base) allora per semplici ragioni matematiche la differenza tra tassi a lunga scadenza e quelli a breve si riduce ma rimane pur sempre positiva (ovviamente a parità di tassi decennali). Se però la Fed alza i tassi ed il mercato risponde con una pressione sui rendimenti a lunga abbassandoli con acquisti massicci di TBond, allora il messaggio tanto tranquillizzante non è.

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Perché questo? Perché il mercato metterebbe in chiaro come una manovra restrittiva in questo momento economico farebbe più male che bene. Questo è quello che succede ormai da 2 anni con un differenziale di rendimento passato da 270 punti base agli attuali 145.

Ma qual è la soglia del dolore? Personalmente credo che l’asticella che in passato è stata rappresentata dalla linea dello zero, alla luce dell’eccezionale politica di tassi a zero di questi anni può essere posizionata a 100/120 punti base, un livello che dal 2008 ha sempre arginato i tentativi di ribasso.

Il grafico riportato sopra ci dice cosa succede ad un’economia quando la curva si inclina negativamente, ovvero i tassi a 10 anni diventano più bassi di quelli a 2 anni.

Solo una parola, recessione economica sicura (vedi barre rosse verticali).

Ecco perché il compito della Fed è molto arduo e nel manovrare i tassi dovrà cercare di farlo comunicando bene ai mercati il perché lo sta facendo e con quale intensità intende procedere nei prossimi mesi. Una curva dei rendimenti negativa porta a recessione perché le banche trovano antieconomico raccogliere denaro a breve per prestare a lungo visto che pagherebbero la raccolta di più rispetto al rendimento offerto dagli impieghi. Il circuito del credito andrebbe in stallo e tutta l’economia ne risentirebbe.

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Ecco che la tabella qui sopra  indica secondo me chiaramente lo stato attuale dei mercati. L’incertezza va rimossa dalla Fed ma questa operazione va fatta in modo tale che la reazione dei mercati non risulti essere disordinata.

Il 29 ottobre, giorno del FOMC, conosceremo (forse) la sentenza.

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