Interessante articolo di Michael Batnick apparso nei giorni scorsi sul blog del Cfainstitute.
L’analista americano si pone alcune domande che spesso e volentieri vengono in modo inappropriato girate dai consulenti finanziari ai clienti anche per scaricare alcune responsabilità di eventuali e future inefficienze gestionali.
Tra questi quesiti ci sono ad esempio qual è l’orizzonte temporale più appropriato per misurare i risultati o quale tipo di rendimenti utilizzare nella misurazione delle performances o ancora su quale scansione temporale è più opportuno confrontarsi.
Comincio fin da subito a dire che personalmente non ho una posizione netta. Ogni investitore fa storia a sé. Situazione familiari diverse, obiettivi diversi, condizioni economiche di partenza diverse. Generalizzare è impossibile e spesso fuorviante, fattori che purtroppo i questionari propinati dai vari istituti di credito non catturano. Sicuramente su questo punto il consulente “umano” è irraggiungibile dalla “macchina” e qui bisognerebbe investire parecchio in conoscenza per creare valore aggiunto.
Chiusa questa parentesi vediamo alcuni concetti di fondo sui quali ogni investitore dovrebbe sempre cercare di ragionare in modo lucido.
Ad esempio corre una bella differenza tra Price Return e Total Return. Spesso e volentieri si comprano azioni ed Etf che nel corso della loro vita staccano dividendo. In maniera errata si tende sempre a disperdere (e non reinvestire) quella che nel mondo obbligazionario sarebbe la classica cedola, valutando la bontà dell’investimento dalla sola variazione di prezzo. Sbagliato! Pensate che dal 1928 1 $ investito nella borsa americana è diventato in termini di prezzo 109$ nel 2015. Se però la stessa grandezza la misurassimo in termini di total return (prezzi + dividendi) il numero diventerebbe 3.362$!!!
Tutti sorpresi e sbalorditi, ma occhio che ora raffreddo gli entusiasmi. Un secondo concetto da tenere sempre presente è la differenza tra ritorno nominale dell’investimento e ritorno reale, ovvero al netto dell’inflazione. Quando mettete da parte 1000 euro di risparmio dovete considerare che l’anno successivo con un inflazione del 2% gli stessi 1000 euro non vi permetteranno di acquistare beni o servizi che l’anno precedente costavano 1000, il listino infatti sarà stato ritoccato a 1002.
Riprendendo i 3.362 $ (valore di 1$ investito nella borsa americana nel 1928) sappiate che al netto dell’inflazione diventano in termini reali 342$, 10 volte meno!!
Una terza fonte di incomprensione quando si snocciolano i dati è quella tra ritorno medio di un investimento e ritorno composto. Un conto è dire che la borsa americana in media ha realizzato una performance annua dal 1928 del 12%, un conto è dire che il rendimento composto è stato del 10%.
La media aritmetica altro non è che prendere una serie di numeri, sommarli e dividerli per il numero degli stessi. Se noi investimento 100, il primo anno guadagniamo il 50% (andiamo a 150) e l’anno successivo perdiamo il 50% (andiamo a 75), abbiamo una media di rendimenti (+50% – 50% diviso 2 rilevazioni) pari a 0%. Peccato che il nostro estratto conto ci dice (correttamente) che la nostra performance è del -25%. Ecco perché prendere le medie storiche è sempre un esercizio da maneggiare con cura anche quando lo facciamo su questo blog.
In un prossimo post cercheremo di affinare ulteriormente i concetti con l’ausilio di qualche grafico.
Ciao Archeowealth, ti leggo sempre con piacere…io avrei una domanda che, siccome non sono nel campo, potrebbe sembrarti molto stupida.
Ipotizziamo che io sia un investitore con discrete disponibilità e che abbia accumulato un pò quantità di quote di società quotate in borsa e/o ETF. Mi chiedevo se, e in che termini (ecco la domanda stupida) è conveniente fondare una holding che detiene tutte le quote. Per esempio una cosa alla “Berkshire Hathaway” di Warren Buffett, ma sono a conoscenza anche di altri esempi molto più piccoli e non quotati.
Grazie in anticipo se vorrai rispondermi
Ciao!
Mario