By |Categorie: Educazione finanziaria|Pubblicato il: 2 Marzo, 2017|

Come visto nel post di ieri, un’ampia fetta degli investitori nel corso del 2016 si è indirizzata verso gli strumenti a replica passiva. Purtroppo quando fenomeni di questo tipo si verificano la tendenza a guardare qualsiasi cosa che si chiami ETF come “buona” diventa sempre più diffusa, ma la realtà è ben diversa.

La prima cosa da chiedersi quando si decide di acquistare strumenti a replica passiva come gli ETF è quale tipo di indice vogliamo acquistare con i nostri soldi.

C’è differenza tra S&P500 e Russell 2000 in termini di numerosità e capitalizzazione delle società americane rientranti nel paniere. Ovviamente le performance possono essere parecchio diverse da anno ad anno. Stesso discorso vale anche per gli indici europei. Tra ETF che replicano l’indice Msci Emu e Europe c’è una differenza di composizione geografica soprattutto relativa all’ampia fetta di azioni britanniche presenti  nel benchamrk Europe. Anche qui le differenze di performance possono essere notevoli anche per l’effetto cambio (vedi Sterlina); purtoppo spesso e volentieri ce ne accorgiamo solo dopo un pò troppo tempo.

Focalizzarsi fin da subito sull’indice che si vuole replicare è importante soprattutto se le cartucce da sparare non sono tantissime. In fase di Piano di Accumulo o di acquisto per importi modesti, acquistare ETF con sottostanti indici regionali o settoriali o comunqu di cui non si conosce bene la carta d’identità è un grave errore.

Conoscere i prodotti è perciò fondamentale. Anche quando si pensa di aver identificato l’asset giusto è sempre meglio indagare con maggiore analiticità. Su questo blog abbiamo citato in passato due esempi relativi a ETF sui bond emergenti e sull’azionario alto dividendo dove le differenze relative all’indice sottostante comportavano stili e risultati dell’investimento diversi.

Molto spesso si acquistano ETF convinti di coprire ad esempio l’azionario mondiale. A questi acquisti ne seguono altri su ETF a vocazione più regionale. Tutto bello, tutto semplice, peccato che ad un certo punto ci si accorge di avere esposizioni ad aree geografiche o a settori di mercato nettamente superiori a quello che avremmo desiderato. Anche in questo caso solo successivamente agli acquisti ci si accorge di un’architettura un pò pane e salame che rischia di rendere meno efficiente il processo di investimento e soprattutto meno stabile il risultato finale.

Non parliamo poi dei cosiddetti ETF “smart beta” che diversi investitori comprano semplicemente perchè i back test delle case prodotto hanno dimostrato che quella strategia passiva alternativa (che altro non è che strategia attiva con regole ben definite) rende  nel lungo periodo più del classico benchmark.

Pensate un pò, solo sulla scelta dell’indice che vorremmo replicare ci siamo accorti che serve un grado di attenzione e conoscenza non indifferente. Serve tempo insomma, ma in fondo sono i vostri soldi. Se questo tempo non lo avete potete sempre chiedere che sia il vostro consulente finanziario a fare questo capillare lavoro per voi, in fondo lo pagate anche per questo no?

La vera pianificazione dell”investimento comincia da qui, ma qui non finisce.

Nel prossimo articolo cercheremo di capire perchè la liquidità ed il “tracking” dello strumento ETF sono essenziali nella scelta del prodotto giusto che fa per voi.

Un commento

  1. Vito 2 Marzo 2017 at 10:24 - Reply

    Un articolo molto illuminante, come sempre.
    In attesa della prossima “Lezione”, Bravi!
    Un saluto.
    Vito

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