By |Categorie: Educazione finanziaria|Pubblicato il: 1 Giugno, 2017|

Un pò di esperienza personale e soprattutto l’ampio materiale presente in rete, mi permettono di fare chiarezza su cosa sono i titoli Inflation Linked.

Dopo anni di torpore e deflazione, i titoli Inflation sono stati riscoperti dal marketing finanziario alla disperata ricerca di temi obbligazionari capaci di fronteggiare, nell’immaginario degli investitori, il rialzo dei tassi. Sotto forma di fondo o di obbligazione l’importante è assecondare le voglie dei clienti impauriti dal rialzo dei tassi e/o future fiammate dell’inflazione. Per gli effetti collaterali c’è sempre tempo verrebbe da dire.

Peccato che questi strumenti non possono essere paragonati ad un perfetto “hedge” contro l’inflazione, a meno che non decidiate di comprare  un titolo Inflation Linked governativo e portarlo a scadenza.

I titoli Inflation con maggiore storia sono quelli americani, i cosiddetti TIPS, nati nel 1997. I titoli hanno, come i Btpi (non i Btp Italia che hanno struttura diversa), una cedola nominale di partenza ed un valore facciale di 100 che salirà nel corso degli anni per effetto dei tassi di inflazione che via via verranno capitalizzati andando ad aumentare il valore del bond. Questo è il motivo per cui quando comprate Inflation Linked il prezzo dell’obbligazione (sopra sotto o uguale a 100) verrà aumentato di una quota di inflazione già accumulata nel corso del tempo dal bond.
Chi compra a 100 in emissione non potrà mai perdere denaro (salvo default dell’emittente) perché in caso di deflazione il pavimento minimo di 100 è garantito. Diverso è il caso di chi compra un titolo già emesso da tempo (quindi sul cosiddetto mercato secondario) che incorpora al suo interno una fetta di inflazione del passato.

In caso di deflazione vedrete scendere il valore dell’obbligazione inteso come montante sul quale calcolare gli interessi (costituito da 100 + inflazione passata), ma anche in questo caso 100 rappresenta il pavimento al di sotto del quale non si andrà.

L’altro aspetto caratterizzante è la cedola.

Nominalmente fissa, tende però ad aumentare in termini di controvalore per effetto dell’imponibile sul quale viene calcolata. Se infatti all’atto dell’emissione questi bond hanno valore di 100, al termine del primo anno un’inflazione del 2% porterebbe tale valore a 102. Su quel 102 (e non più su 100) verrebbe calcolata la cedola dell’anno successivo. Se questa cedola era 1%, l’anno successivo vedrà lo stesso 1% calcolato su 102, di fatto diventando 1.02%.

Spiegato l’obiettivo degli Inflation Linked (mantenere stabile il potere d’acquisto del capitale con un premio cedolare), cerchiamo di capire come si muovono i prezzi di  strumenti che, se non mantenuti fino a scadenza, possono generare utili o perdite non sempre compresi dagli investitori.

Il concetto chiave attorno a cui ruota tutto è quello di tasso di interesse reale.

Il tasso di interesse reale è generato dalla differenza tra tasso di interesse nominale e inflazione attesa. La formula utilizzata per il calcolo diventa quindi:

(1+ tasso di interesse nominale) = (1 + tasso di interesse reale) * (1+ tasso di inflazione atteso)

Se l’inflazione attesa è del 2% e il tasso nominale dell’obbligazione è del 2,5%, allora il rendimento reale sarà dello 0,5%.

Quando è attesa inflazione positiva i rendimenti reali saranno inferiori ai rendimenti nominali.

I rendimenti reali potranno però anche essere negativi.

Come è abbastanza logico chi compra un bond a tasso fisso non è in grado di sapere quanto della cedola nominale incassata verrà erosa dall’inflazione, quindi non conosce il rendimento reale. Per questo gli Inflation Linked mirano a fornire proprio un rendimento reale capace di compensare questa lacuna. Il rendimento nominale infatti non si conosce in anticipo visto che i flussi cedolari dipenderanno dalle dinamiche di inflazione le quali quali andranno a modificare il valore nominale dell’obbligazione. Le cedole saranno ripagate in termini reali ed il nominale finale di rimborso sarà anch’esso reale. Protezione dall’inflazione quindi, ma a scadenza.

La deflazione può incidere ovviamente sul valore nominale del titolo aggiustato per l’inflazione e per questo un consiglio è sempre quello di comprare emissioni recenti sulle quali la deflazione non fa danni. Esiste sempre un floor legato al valore iniziale di 100 dell’emissione e quindi, anche ipotizzando una deflazione persistente, non si assisterebbe su un titolo di nuova emissione a nessuna forma di perdita legata al fenomeno dell’erosione del nominale.

In un prossimo articolo cercheremo di capire come si forma il prezzo di un titolo Inflation Linked e soprattutto cercheremo di analizzare perché un titolo inflation si muove al ribasso anche in caso di rialzo dei prezzi al consumo.

 

 

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