By |Categorie: Educazione finanziaria|Pubblicato il: 12 Giugno, 2017|

Nel primo articolo dedicato allo strumento degli Inflation Linked abbiamo capito a quali scopi è destinata questo tipo di obbligazione. Il grande pregio dei titoli indicizzati all’inflazione, TIPS o BTPi o altro ancora, è quello di fare capire a noi comuni mortali il valore dei tassi di interesse reali.

Anni fa questo indicatore rappresentava un qualcosa di oscuro ed accessibile solo ad operatori specializzati. Ai giorni nostri basta prendersi un titolo qualsiasi e rendersi conto di quali sono le aspettative di inflazione da parte del mercato. Se infatti il titolo Inflation Linked offre un rendimento reale, la differenza tra il rendimento nominale offerto da un classico BTP a cedola fissa ed un rendimento reale offerto da un BTP indicizzato all’inflazione, altro non è che l’aspettativa di inflazione sull’anno X.

Aspettative appunto e non necessariamente il mercato azzeccherà in pieno la previsione. Questo spiega perchè, prima della scadenza, il titolo indicizzato subirà delle oscillazioni.

Se però noi scomponiamo in vari pezzi l’inflation linked, ci rendiamo conto come in realtà il suo rendimento è determinato anche da altre componenti.
Oltre al rendimento nominale (costituito da rendimento reale e inflazione attesa), dobbiamo aggiungere anche una serie di  premi tra cui quello di “illiquidità” e quello di protezione dall’inflazione.  Vedetela come un’assicurazione che si paga per poter disporre di un paracadute contro l’evento inatteso di un‘inflazione diversa dalle attese.

Trovare il contesto in cui il Btp indicizzato fa meglio del classico tasso fisso non è facile, soprattutto perchè entrano in gioco almeno due fattori. I tassi di interesse di mercato e le aspettative di inflazione.

La combinazione di questi due fattori determina il movimento di prezzo del Btp indicizzato.

Abbiamo però cercato nella tabella successiva di mettere insieme i due contesti (tassi ed aspettative di inflazione) incrociando con una matrice l’andamento di inflation linked e tasso fisso nominale. I segni ++ (–) significano forte movimento verso l’alto (basso), i segni + (-) significano lieve movimento verso l’alto (basso). Ovviamente entrano in gioco altri fattori ed in alcuni casi gli inflation linked salgono o scendono più del tasso fisso, ma non è nostra pretesa qui cercare di individuare ogni casistica. Quello che si vuole far capire è come certe dinamiche influenzano gli andamenti dei prezzi.

Vale comunque una regola generale. Se l’inflazione attesa nel corso degli anni futuri sarà superiore a quella stimata, il BTPi sovraperformerà il BTP tasso fisso. Se sarà inferiore sottoperformerà il titolo di stato a cedola fissa. Rialzi dei tassi sono negativi per entrambe, ribassi sono positivi pur con le differenze del caso.

Ricapitolando. Se abbiamo un rendimento di un Btp a 30 anni del 3% questo è un tasso nominale. Il rendimento reale è sconosciuto. Se però abbiamo un Btp indicizzato all’inflazione con rendimento reale del 1%, il rendimento nominale è incerto essendo dipendente dal futuro tasso di inflazione. La differenza tra il 3% del tasso nominale e l’1% del tasso reale determina il tasso di inflazione atteso (o breakeven).

Ovviamente sul mercato le cose non stanno esattamente in questi termini visto che alcuni fattori come la liquidità o il premio di copertura inflazione incidono sul prezzo di mercato. Quello che conta però, come sempre, è capire quanto meno di che cosa si sta parlando quando qualcuno ci propone inflation linked come soluzione a tutti i mali dell’inflazione futura.

Buon investimento a tutti.

 

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