By |Categorie: Investimento|Pubblicato il: 13 Giugno, 2019|

Quando si investe in portafogli  azionari diversificati è opportuno stimare un rendimento atteso su un certo orizzonte temporale.

L’esercizio non serve per definire un obiettivo di x % fra y anni da realizzare a tutti costi pena il fallimento del progetto.

L’esercizio serve per capire con quale rischio e con quanti mezzi è possibile avvicinarsi al nostro obiettivo di capitale avendo pronto un piano B qualora qualcosa andasse storto sui mercati finanziari.

Come ben sappiamo il rendimento di un investimento azionario (ma non solo quello) non è controllabile dall’investitore. Abbiamo visto come su 10 o 20 o 30 anni le oscillazioni possono essere importanti e deviare in modo considerevole dalle medie storiche.

 

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Quello che ognuno di noi può fare è cercare strumenti statistici in grado di aiutarci nella costruzione del piano.

Uno dei più celebrati negli ultimi anni sul mercato azionario è il CAPE di Shiller.

Ne abbiamo già parlato in diverse occasioni, ma questa volta l’ottimo Larry Swedroe di ETF.com ha pubblicato un bell’articolo sul tema.

Il CAPE di Shiller è un rapporto tra il prezzo e gli utili medi degli ultimi 10 anni e questo ci serve per avere un indicatore aggiustato per i cicli economici. Qui trovate una definizione .

Il CAPE può essere misurato per qualsiasi area geografica e in rete trovate diversi provider in grado di fornire dei riscontri numerici aggiornati.

In modo un po’ superficiale alcuni investitori tendono a prendere il valore attuale come una guida puntuale per il futuro tralasciando il fatto che storicamente il CAPE, non solo nel breve periodo non ha capacità previsionali, ma che anche nel lungo periodo non fornisce una stima così accurata di rendimento, quanto piuttosto un ampio ventaglio di possibilità.

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Vediamo di spiegarci meglio.

Il CAPE sulla borsa americana attualmente si posiziona ad un livello molto elevato attorno a 30.

Quando il CAPE nella storia secolare della borsa statunitense si è posizionato sotto 10 (quindi ben lontano dai livelli attuali) il rendimento annuo reale (quindi al netto dell’inflazione) a distanza di 10 anni è stato del 10.3%, più del 50% della media storica realizzata dai mercati azionari del 6.8% (9.8% nominale meno 3% di inflazione).

La decade migliore ha fornito un rendimento reale annuo del 17.5%, quello peggiore del 4.8%, appena il 2% sotto la media storica di rendimento dei mercati azionari. Differenza tra max e min 12,7%

Quando il CAPE si posiziona ad un livello intermedio compreso tra 15.7 e 17.3 (la media di lungo periodo è stata di 16.5), il rendimento medio reale realizzato su 10 anni è stato del 5.6%. La migliore decade ha realizzato +15.1%, la peggiore +2.3%. Differenza tra max e min 12.8%.

Quando il CAPE come ora si posiziona sopra 25.1 la storia dice che il rendimento medio reale a 10 anni prospettico è di +0.5%, più o meno il rendimento che storicamente si è spuntato in termini reali da un investimento in un titolo di stato americano a breve scadenza.

Ma chi me lo fa fare direbbe qualcuno.

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Anche qui la media nasconde decadi in cui il rendimento reale annuo è stato del 6.3% (vicino alla media storica) e decadi che si sono chiuse con -6.1% annuo. Anche qui la differenza tra min e max è di poco superiore al 12%.

Questa sbrodolata di numeri può confondere portando all’errata conclusione che investire in strumenti azionari in questo momento è un esercizio pericoloso.

Nulla di più sbagliato per tutta una serie di motivi che Swedroe ci illustra con la sua consueta chiarezza.

Prima di tutto le valutazioni di partenza contano. Inutile fare voli pindarici su ritorni in doppia cifra da qui ai prossimi 10 anni.

E’ vero che in finanza tutto può succedere, ma la statistica storica dice che è altamente improbabile vivere una stagione d’oro come quella degli ultimi 10 anni.

Le valutazioni iniziali contano, ma non ci dicono nulla su quelli che saranno realmente i numeri sui quali potremo affidamento per raggiungere i nostri obiettivi. Nel contesto attuale potrebbero essere in linea con la media storica o decisamente peggio.

La dispersione delle previsioni è storicamente ampia e questo impone la definizione non di uno, ma di più scenari verso cui andremo incontro in futuro nel tentativo di centrare il nostro obiettivo.

Questa dispersione è legata al fatto che il premio al rischio riconosciuto all’azionario varia nel tempo, un fattore che Jack Bogle definì la parte speculativa del rendimento.

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A chi critica l’incertezza ricordo sempre che stare fermi ha un costo che si chiama inflazione. Muoversi con buon senso ha diverse probabilità di successo.

Serve sempre un piano B perché non siamo sicuri di raggiungere un certo obiettivo con un certo ammontare di denaro. Le incognite sono tante e le opzioni che avremo davanti per fronteggiare l’imprevisto sono diveres. Ritornare a lavorare, risparmiare di più, spendere di meno, vendere casa, trasferirsi in luoghi a minor costo della vita, ridimensionare gli obiettivi.

Nulla è dovuto in finanza ed il rendimento che otterremo dai nostri investimenti sarà collegato ad una percentuale più o meno alta di rischio di perdita di parte del denaro investito.

Un esempio a mio modo di vedere particolarmente azzeccato da Swedroe nel suo articolo è il seguente.

Il rapporto inverso tra utili e prezzi definito sulla base del CAPE indica rendimenti attesi del 3.6% in America, del 5.8% nei paesi sviluppati ex US, del 7.3% nei mercati emergenti.

Alcuni investitori interpretano questi numeri come una facile equazione per sottopesare America e sovrapesare il resto.

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Se fossi così semplice non pensate che tutto il mondo avrebbe trovato il sacro Graal? Questo è esattamente l’utilizzo sbagliato che si fa di questa tecnica perché si ignora il rischio.

E’ come dire che i bond high yield sono un investimento migliore dei Treasury o dei Bund perché rendono di più. Sciocchezze da ignoranti finanziari.

Se i prezzi di mercato forniscono questi multipli un motivo ci sarà ed è legato al fatto che molto semplicemente le azioni emergenti sono ad esempio considerate più rischiose di quelle americane e quindi il mercato richiede un premio di rendimento aggiuntivo come compensazione del rischio.

Ecco perché la migliore asset allocation geografica è quella che investe con pesi adeguati a quello di un normale indice mondiale dove gli emergenti pesano 10/15% al massimo.

Deviazioni da questo sentiero sono legati a scelte e valutazioni personali con gli inevitabili rischi di scegliere una strada diversa da ciò che il mercato azionario ha da offrire, nel bene o nel male.

2 Commenti

  1. lorenzo savoldelli 9 Settembre 2019 at 08:36 - Reply

    Ciao!! ormai dirvi che sono diventato un assiduo lettore del vostro blog, è pleonastico ;). Andando a vedermi sul sito di starcapital i valori del CAPE e del P/e dei vari Paesi, ho notato che sono assai diversi da quelli pubblicati sul factsheet dei rispettivi MSCI (es MSCI Europe è assai diverso da quanto riportato sul sito Starcapital). Io per avere un’idea sul possibile ritorno a 10/15 anni ho fatto una media dei valori presi dal factsheet di MSCI e quello di Starcapital. Può avere senso?. Inoltre il rendimento stimato medio si intende p.a?

    • lorenzo savoldelli 11 Settembre 2019 at 09:15 - Reply

      Ti ringrazio per la risposta!! Buon lavoro

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