La filosofia FIRE sta spopolando, ma raggiungere l’indipendenza finanziaria in giovane età non è semplice, soprattutto in Italia. Sempre meglio essere realisti ed utilizzare un approccio che io chiamo soft FIRE. Partendo da alcuni principi di base cercherò di spiegare come la soddisfazione di raggiungere un approccio di vita da soft FIRE forse è probabilmente anche superiore a quello molto austero del classico FIRE.
La corrente di pensiero FIRE (ne abbiamo parlato qui), vede prevalere nei suoi sostenitori più radicali l’idea che bisogna risparmiare il più possibile in giovane età per potersi permettere il ritiro dal mondo del lavoro a 40-45 anni raggiungendo così l’indipendenza finanziaria.
Il FIRE è una filosofia estrema e difficile da praticare
Ritengo questa visione oltre che estrema anche irrealistica, soprattutto in un paese come l’Italia dove l’accesso al mondo del lavoro per un giovane arriva molto avanti negli anni e con stipendi medi non certo alti.
Negli stessi Stati Uniti, per una persona che racconta la sua esperienza di successo o che apre un blog, ce ne sono centinaia che falliscono nel tentativo di raggiungere un livello di capitale adeguato per vivere di rendita. E quelli che falliscono rimpiangono di non aver vissuto la loro gioventù concentrati come erano alla ricerca del risparmio estremo. Ma queste sono voci silenziose che in rete trovano poco spazio.
Personalmente vedo questo percorso come un qualcosa di diverso. Sacrifici, buon senso, parsimonia e raggiungimento dell’indipendenza finanziaria richiedono tempo e dedizione, oltre che studio e naturalmente investimenti adeguati.
Perchè preferisco la corrente soft FIRE
Se devo sposare una corrente di pensiero mi avvicino di più al cosiddetto soft FIRE, ovvero uno stile di vita che rinuncia sì a soddisfare parte dei consumi oggi risparmiando ed investendo il denaro, ma senza eliminare o comunque rendere troppo minimalisti i piaceri della vita.
Alcuni di questi piaceri sono sì accessibili gratis, ma vivere con 500 euro al mese con moglie e figli è un’impresa di non facile realizzazione per tante persone e che richiede una dedizione, un impegno e delle rinunce non sempre facili da assimilare ed accettare.
Ecco allora che una cosa più sensata o comunque meno difficile da accettare, può essere quella di ridurre l’impegno lavorativo man mano che avanzano gli anni.
Con un lavoro part time o in proprio si possono integrare le entrate lavorative più basse con rendite passive (ovviamente se le abbiamo create in precedenza). In alternativa si può pensare di consumare gradualmente un capitale precedentemente accumulato e che possa essere sufficiente per arrivare al momento del diritto alla pensione pubblica.
Il terrorismo psicologico fatto da media main stream e istituzioni finanziarie circa l’importo modesto che andremo a ricevere con la pensione pubblica serve proprio per tenere sulla corda le persone. Ma se abbiamo accumulato adeguato capitale prima dell’età pensionabile, la rendita vitalizia che comunque avremo a nostra disposizione a partire dai 70 anni, rappresenterà la miglior rendita passiva possibile.
Perchè durerà per tutta la vita. Lavorare più a lungo e ricevere meno, questo è quello che ci prospettano, ma è veramente così?
No. Nell’età stabilita dalla legge la pensione che riceveremo sarà quella calcolata sulla base dei contributi versati e sulle aspettative di vita definiti nelle tavole di mortalità. Molto democratico e equo come sistema. Semmai il danno per la società intera è stato fatto negli anni del sistema retributivo con persone che tuttora percepiscono (e percepiranno) somme ben superiori a quelle a cui avrebbero diritto per i contributi effettivi versati agli enti di previdenza.
Se i versamenti nel corso della vita lavorativa saranno pochi e saltuari le somme che andranno a comporre il mosaico pensione saranno basse. Se saranno regolari, le somme percepite in futuro avranno una misura adeguata a quello che ci servirà per vivere esattamente come il giorno prima del pensionamento.
Concentrarsi su capitale, rendite e spese future è fondamentale
Un altro punto sul quale non si presta mai la dovuta attenzione è il volume di spesa quotidiana durante l’età della pensione.
In pensione il tenore di vita è più basso, non ci saranno più le spese per pranzi, vestiti, abbonamenti, benzina e tutto ciò che era legata alla settimana lavorativa. Aumenteranno le spese per viaggi e farmaci. Il paniere di spesa si modificherà insomma.
Diversi studi confermano che il livello di reddito più realistico per un pensionato per poter mantenere inalterato il suo tenore di vita è attorno al 70-80% dell’ultimo stipendio.
Con questo non voglio dire che le pensioni che verranno pagate ai futuri pensionati (tra cui il sottoscritto) saranno da nababbi, ma piuttosto che forse le stiamo sottovalutando. Piuttosto ciò sul quale sarebbe corretto concentrarsi è semplicemente integrarle.
Il soft FIRE, ovvero il raggiungimento dell’indipendenza finanziaria in un modo più morbido e graduale, prevede proprio la riduzione consistente del ritmo lavorativo a partire dai 50/55 anni per arrivare a staccare la spina definitivamente tra i 65 e i 70 anni quando il reddito da pensione pubblica comincerà ad alimentare i nostri conti.
Tutto sommato una prospettiva non male. Ritmi più bassi, la mente che continua ad essere attiva (la noia e l’apatia è un altro aspetto sottovaluto nel FIRE) prendendo tutto con più calma. Magari un lavoro diverso e più divertente. Comunque un reddito che ci permette di vivere adeguatamente.
Un esempio di soft FIRE
Se ad esempio a livello familiare abbiamo una spesa annua di 40 mila euro, supponendo che ancora per diversi anni i figli potrebbero pesare sul bilancio può essere ragionevole pensare di dimezzare le ore lavorate integrando quello che serve dal punto di vista finanziario con capitale risparmiato in precedenza, o con rendite passive, o con un lavoro secondario in grado di generare nuove entrate.
Per il momento mi voglio concentrare solo sul capitale necessario per sostenere l’attuale tenore di vita senza esaurire lo stesso capitale prima della pensione.
Ipotizziamo ad esempio di dover coprire 20 mila eur di spese (le altre 20 mila sarebbero coperte dal lavoro part time) per un periodo di 20 anni (dai 50 ai 70). A questo punto mi servirebbe una base di capitale di circa 350 mila eur se ipotizzo un rendimento medio annuo sullo stesso capitale investito del 3% netto e un inflazione al 2%. Un rendimento reale medio del 1% in 20 anni, mi sembra un’ipotesi realistica.
Con questo capitale potremo prelevare con relativa tranquillità fin dal primo anno 20 mila euro e poi via via un importo crescente per compensare l’inflazione dei prossimi 20 anni senza dover lavorare a tempo pieno.
Se invece volessimo pensare ad una strategia di questo tipo della durata di 10 anni, con le medesime ipotesi il capitale necessario per prelevare 20 mila euro l’anno sarebbe di 200 mila euro.
Se ragionassimo su uno stile di vita di questo tipo della durata di 30 anni, allora ci servirebbe un capitale di 500 mila euro.
Naturalmente questo esercizio ha come effetto collaterale l’esaurimento totale dei risparmi prima dell’età pensionabile, cosa non raccomandabile. anche per gli inevitabili imprevisti che potrebbero accompagnare il percorso.
Sempre meglio disporre di un capitale di riserva in grado di fronteggiare le emergenze legate a spese impreviste o perdita ad esempio del posto di lavoro part time.
Al tempo stesso tenersi un cuscinetto di denaro può essere utile per affrontare con maggiore tranquillità il momento successivo all’inizio del periodo pensionistico.
Tutto dipende dal tenero di vita di ciascuno di noi.
Se torniamo all’ipotesi dei 20 anni di ritiro anticipato soft dal mondo del lavoro, la cifra secondo me più corretta sulla quale far partire un ragionamento di questo tipo si aggira attorno ad un capitale complessivo di 500 mila Eur.
Buon soft FIRE a chi l’ha già raggiunto e a chi ci sta provando.
Grazie. Se ho capito bene l’ultima frase, per un periodo piu lungo conviene sempre affidarsi ad un obbligazionario che al di là dei tassi del momento, saprà dare il giusto rendimento. La scelta del conto deposito evidentemente viene perchè siamo abituati nostro malgrado a guardare corto e non a quando effettivamente sono riferiti i nostri obiettivi. Spero di non aver interpretato male il suo pensiero.
Grazie. Un’ultima cosa: prendendo spunto da un articolo sulle polizze assicurative ramo I, conclude dicendo che tra tasse, costi e inflazione probabilmente non sono un buon affare. Le chiedo se un conto deposito, oramai conosciutissimo, al 3,25% per i prossimi 5 anni, possa essere considerato un’alternativa valida al rendimento negativo delle obbligazioni, o visto e considerato il lungo periodo temporale è consigliabile ragionare in altro modo?
La ringrazio.
Ci si aspetta rendimenti molto più bassi per il futuro, ritiene che per pensare di ottenere un 2% reale sia necessario quanto meno il classico portafoglio 60 – 40 o c’è da auentare l’azionario, considerando che parliamo di un periodo totale di 40 – 50 anni?
buongiorno, se avessi bisogno della stessa cifra del vostro esempio, ma per i prossimi 50 anni, di quale capitale avrei bisogno, nell’ipotesi di rendimento reale 0 (un milione), 1 e 2%? Vi ringrazio e complimenti per le utili informazioni
Complimenti per gli articoli sempre estremamente motivazionali ed interessanti!!
Ottimo lavoro ragazzi ☺☺☺