Diversi lettori hanno apprezzato la serie educational dedicata a Bitcoin e allora abbiamo chiesto al nostro amico lettore super specialista del settore (al quale mandiamo un enorme grazie) se per caso avesse voglia di scrivere un’altra mini serie in due puntate dedicata a quella che sembra essere una vera e propria rivoluzione. La tecnologia Blockchain. Alcuni troveranno forse un pò troppo tecnico l’articolo, ma la materia non è semplice ed il nostro autore ha cercato di semplificare i concetti anche con alcuni esempi pratici. Buona lettura.
La rivoluzione blockchain – Parte 2
Nell’articolo precedente abbiamo visto come le applicazioni blockchain potrebbero risolvere alcune tipologie di problemi che oggi comportano situazioni difficilmente risolvibili, in particolare quando riguardano entità situate in nazioni differenti del mondo.
Come anticipato alla fine dell’articolo, una di queste tipologie è sicuramente rappresentata dai veicoli usati. Chi, acquistando un’auto usata, non ha mai avuto qualche dubbio sull’effettivo stato dell’auto? Non sarebbe bello poter visionare prima dell’acquisto la cronologia dei tagliandi, un report su eventuali danni occulti o ripristini del chilometraggio, le foto storiche, il numero dei proprietari e l’eventuale registro dei furti? Magari con la garanzia di avere sotto mano dati certi e non alterabili, provenienti anche da eventuali altre nazioni dove l’auto sia stata immatricolata nella sua vita?
Date le caratteristiche della blockchain, questa sarebbe sicuramente un’ottima applicazione per sfruttare i benefici di tale tecnologia. E infatti, alla fine del 2017, un gruppo di esperti di auto situati tra la Lituania e l’Estonia, Paesi dove le problematiche relative alle auto usate sono molto sentite, ha deciso di fondare un’azienda, denominata carVertical, con lo scopo di raccogliere informazioni relative alle automobili da tutte le fonti dati possibili (officine, flotte di veicoli, compagnie di assicurazione, registri statali, ecc.), proteggerle tramite la blockchain e consentire a chiunque di consultarle, dietro il pagamento di una piccola cifra, indicando solamente il “numero di identificazione del veicolo” (VIN, che tutte le auto hanno impresso normalmente sul motore, sul telaio e in vari altri punti dell’auto) o, più semplicemente, la targa.
La storia di carVertical è molto simile a quella di altre aziende che hanno provato a sviluppare applicazioni blockchain ed è sicuramente utile per chiarire il ruolo che rivestono in genere i vari elementi di un’applicazione blockchain: l’applicazione stessa, la blockchain di supporto e la criptovaluta.
Alla fine del 2017 i fondatori di carVertical hanno lanciato una ICO (Initial Coin Offering) per raccogliere capitali, emettendo una loro criptovaluta proprietaria, tecnicamente denominata “token” e il cui simbolo è “CV”, che si appoggia alla blockchain di Ethereum (la seconda criptovaluta attualmente più capitalizzata dopo Bitcoin). Le ICO, utilizzate principalmente per raccogliere fondi per progetti basati sulla blockchain, hanno avuto un boom esplosivo durante la “bolla” delle criptovalute nella seconda metà del 2017 ma, anche a causa delle molte truffe che si sono verificate, hanno perso parte dell’interesse negli anni successivi. I partecipanti di una ICO sono normalmente persone sparse in tutto il mondo che in genere acquistano un certo numero di queste nuove criptovalute, pagando solitamente con bitcoin o Ethereum, per finanziare progetti che pensano avranno successo, sperando poi di guadagnare rivendendo le criptovalute se il progetto avrà effettivamente successo. In realtà esistono diverse modalità di funzionamento delle ICO, tuttavia questa è quella che esemplifica meglio le relazioni che intercorrono generalmente tra i vari elementi delle applicazioni blockchain.
La ICO di carVertical è stata un vero successo ed è stato raccolto l’equivalente di 20 milioni di dollari in meno di un mese.
Il progetto si è dimostrato effettivamente molto valido e l’azienda ha iniziato una rapida espansione che l’ha portata in pochi anni ad essere presente in oltre 20 Paesi, tra cui recentemente anche l’Italia (www.carvertical.com/it). Oggi chiunque, per pochi euro, può acquistare un report, per uno delle decine di milioni di veicoli censiti da carVertical, contenente: cronologia dei tagliandi, danni occulti, ripristino del chilometraggio, foto storiche, elenco proprietari, registro dei furti e altre informazioni.
Fonte: www.carvertical.com/it
Attualmente l’azienda censisce oltre 50 milioni di veicoli coinvolti in incidenti stradali ed è stata invitata da Volkswagen a partecipare al suo incubatore Future Mobility. Tutte le informazioni registrate sono protette dalla blockchain, per cui, come abbiamo visto in precedenza, non possono essere alterate.
Fonte: www.carvertical.com/it
Il progetto carVertical rappresenta quindi sicuramente un esempio di come un’applicazione blockchain possa nascere da un’idea di poche persone, che si finanziano con piccoli investitori che credono nel loro progetto, lo realizzano e lo portano al successo. Bene, visto il successo ottenuto dal progetto, quanto ci aspettiamo che abbiano guadagnato quegli investitori che hanno creduto nel progetto rischiando i propri soldi? Quanto sarà variato il valore della criptovaluta “CV” da quando il progetto era solo un’idea ad oggi?
Fonte: coinmarketcap.com
Quello sopra è il grafico dell’andamento in bitcoin della criptovaluta “CV”. Il 23 gennaio 2018, il valore su CoinMarketCap era pari all’equivalente di 0,02255 dollari; alla data della scrittura di questo articolo, 19 marzo 2021, il valore è pari a 0,001355 dollari (quando si parla di criptovalute è sempre utile indicare la data, in quanto i prezzi possono cambiare in pochissimo tempo). Chi avesse investito 100 dollari allora, oggi ne avrebbe in mano 6, con una perdita del 94%.
Cosa è accaduto? Perché se il progetto è stato un successo, la criptovaluta è stata invece un insuccesso di tali dimensioni (almeno finora, nessuno sa cosa potrà accadere in futuro)?
Per comprenderlo occorre comprendere le differenze e le relazioni che esistono tra Bitcoin, blockchain, applicazioni blockchain, criptovalute e speculazione sulle criptovalute, e per farlo possiamo utilizzare un paragone, pensando a una classica località di villeggiatura marittima e alle sale giochi per bambini di cui sono normalmente pieni questi posti. L’edificio della sala giochi è la blockchain. Questo edificio di per sé non serve a nulla se non a fornire il supporto ai giochi (elettricità, illuminazione, pulizie, sicurezza, ecc.), così come la blockchain offre alle applicazioni l’infrastruttura su cui operare. Dentro l’edificio ci sono le varie giostre e i giochi per i bambini, che rappresentano il fine ultimo della sala giochi. Queste sono le applicazioni blockchain. Per utilizzare le giostre normalmente non si possono usare direttamente gli euro, ma è necessario cambiare gli euro con dei “gettoni”, che sono normalmente dei tondini di metallo o plastica. Con questi gettoni è poi possibile utilizzare i giochi. I gettoni rappresentano le criptovalute e il luogo della sala giochi dove si cambiano gli euro in gettoni rappresenta un “exchange”. Come questi gettoni, anche le criptovalute nascono generalmente con lo scopo di consentire di pagare l’utilizzo delle applicazioni blockchain. Così come le giostre non possono di solito essere utilizzate direttamente con gli euro, ma occorrono i gettoni, anche le applicazioni blockchain non possono essere utilizzate pagando in euro ma è necessario utilizzare le criptovalute.
Qualcuno si è mai domandato quale sia il reale valore dei gettoni della sala giochi? Perché un gettone costa 50 centesimi e un altro magari un euro? E da cosa dipende se un gettone che costava 50 centesimi l’anno prima, l’anno successivo magari ne costa 60? Se si considera il valore intrinseco dei gettoni, questo è probabilmente pari a zero, infatti fuori dalla sala giochi i gettoni non valgono nulla e, se a qualcuno rimangono in tasca, deve normalmente conservarli nel caso tornasse nella stessa sala giochi. Tuttavia consentono di utilizzare le giostre della sala giochi, con il relativo divertimento dei bambini, per cui in realtà hanno un valore: il valore che ha questo utilizzo.
Immaginiamo quindi che, per questo motivo, alcune persone inizino a fare incetta di gettoni della sala giochi fino a farli sparire dalla circolazione, e poi li rivendano a vario prezzo (più alto o più basso) in base alla domanda. A volte 50 centesimi, a volte 1 euro e così via. A un certo punto la sala giochi diventa un successo e la gente si accalca, tanto che il valore di un gettone è passato da 1 a 10 euro. A questo punto qualcuno pensa di approfittarne per guadagnare speculando, si sparge la voce e in tanti iniziano ad acquistare i gettoni solo per rivenderli a prezzo più alto. Il valore aumenta fino a 20 euro. A un certo punto però i giochi passano di moda e il valore crolla a 1 euro. Chi li aveva acquistati a 20 euro perde tutto quello che aveva investito. I giornali iniziano a scrivere sulle truffe delle sale giochi e le autorità iniziano a pensare a come intervenire per limitare il fenomeno.
Eppure la sala giochi è la stessa dell’inizio e il suo utilizzo è immutato rispetto a quello che c’era prima. I giochi al suo interno funzionano allo stesso modo e hanno la stessa utilità che avevano prima. La speculazione sui gettoni in realtà non cambia minimamente né lo scopo né il funzionamento della sala giochi.
Quello a cui stiamo assistendo oggi sulle criptovalute non è altro che quanto descritto sopra trasportato nell’ambito della blockchain. Esiste una nuova tecnologia ed esistono delle applicazioni correlate che hanno un funzionamento tale per cui è necessario utilizzare criptovalute al loro interno (alla fine della prima lezione di Bitcoin è indicato il motivo della necessità dell’esistenza delle criptovalute, cioè consentire il tracciamento delle “monete” all’interno del sistema). Poi esiste la speculazione sulle criptovalute che non ha nulla a che vedere con la tecnologia sottostante e che presto o tardi finirà. Nel frattempo però la speculazione “fa più notizia” sui giornali, confondendo i concetti di criptovaluta e blockchain in maniera tale da non consentire di capire che in realtà questi concetti non hanno nativamente nulla a che vedere con la speculazione attuale.
Di fianco alla sala giochi c’è un altro negozio, che vende solo un tipo particolare di gettoni, fatti con lo stesso materiale di quelli della sala giochi, ma in numero limitato. Nell’insegna dice che quei gettoni non possono essere usati nella sala giochi, anzi che in realtà non servono a niente, ma potranno in futuro diventare delle monete. La gente li acquista perché pensa che probabilmente aumenteranno di valore nel tempo, perché sono in numero limitato e quindi rari.
Questi gettoni sono Bitcoin.
Chi potrebbe pensare che, visto che questi gettoni sono fatti con lo stesso materiale di quelli della sala giochi, siano quindi la stessa cosa? Probabilmente nessuno, eppure è quello che accade quotidianamente per le criptovalute, dove Bitcoin, Ethereum e altre criptovalute vengono affiancate come se fossero la stessa cosa. Bitcoin è invece nato per essere una moneta e basta, Ethereum per creare un’infrastruttura per fornire servizi basati sulla blockchain.
Per Bitcoin la blockchain è quindi uno strumento finalizzato alla moneta, per Ethereum la moneta è uno strumento finalizzato all’utilizzo della blockchain.
Cos’hanno allora in comune? Nulla di più di quello che hanno in comune un libro di ricette di cucina e uno di economia solo per il fatto di essere stati scritti entrambi usando Word. Finito il caos della speculazione, se la tecnologia blockchain avrà successo, probabilmente acquisteremo Ethereum per pagare dei servizi che useremo sulla blockchain, così come compriamo i gettoni della sala giochi, mentre acquisteremo (o non acquisteremo) bitcoin per le stesse ragioni di oggi.
Riassumendo: Bitcoin = moneta, blockchain = infrastruttura, applicazione blockchain = servizio che utilizza la blockchain, criptovaluta = mezzo di pagamento interno alla blockchain.
In realtà la casistica è più complessa di quella descritta ed esistono molte sfaccettature differenti, comunque questi principi generali dovrebbero consentire a tutti di inquadrare in maniera corretta la distinzione tra i principali elementi della tecnologia blockchain.
Se questa distinzione è chiara, un investitore che pensa che Bitcoin sia una truffa dovrebbe avere compreso che Bitcoin non ha in realtà nulla a che vedere con un’applicazione blockchain e la differenza è la stessa che intercorre tra un gettone necessario per usufruire di un servizio della sala giochi e un gettone che ha invece l’unico scopo di avere un valore.
Adesso possiamo tornare a carVertical e alla sua criptovaluta “CV”. Perché la criptovaluta “CV” ha perso così tanto valore mentre il successo dell’azienda carVertical cresceva di giorno in giorno?
Perché l’azienda ha deciso che era più pratico farsi pagare i servizi direttamente in moneta fiat, ad esempio euro o dollari, piuttosto che in criptovaluta.
Fonte: www.carvertical.com/it
E se la giostra della sala giochi, invece di accettare i gettoni, accetta direttamente le monete da un euro, perché qualcuno dovrebbe voler acquistare dei gettoni che possono essere utilizzati solo in quella giostra?
Per cui, se avevate acquistato delle criptovalute “CV”, l’unica cosa che al momento potete fare è quella di comprare un report carVertical, se decidete di acquistare un’auto usata, visto che l’azienda ha lasciato questa possibilità.
Quindi, per chi desidera speculare sulle criptovalute, attenzione. L’acquisto di criptovalute con il solo scopo di rivenderle a un prezzo più elevato se le applicazioni blockchain avranno successo, potrebbe non portare i risultati attesi anche se questo si avvererà realmente. Se le aziende decideranno che la valuta fiat è più pratica da utilizzare per l’utente finale, in realtà le criptovalute potrebbero essere utilizzate principalmente dalle aziende stesse per pagare i servizi interni della blockchain, senza che l’utente finale ne abbia conoscenza, e le aziende normalmente non speculano, per cui il valore delle criptovalute corrisponderà solo a quello dei servizi che consentiranno di acquistare. E se le commissioni della blockchain saranno effettivamente basse, il valore delle criptovalute sarà probabilmente di poco superiore a quello dei soli costi (computer ed elettricità) che occorreranno per far funzionare la blockchain.
Ma per un investitore che investe in maniera molto diversificata (noiosa, direbbe ArcheoWealth), c’è invece una buona notizia. Se a lui non interessa speculare sulle criptovalute e non gli interessa neanche approfondire il mondo che ruota attorno alla blockchain, può probabilmente disinteressarsi del tutto dell’argomento. Le aziende blockchain che avranno successo prima o poi finiranno negli ETF che questo investitore già acquista, senza magari che lui neanche lo sappia, per cui potrà comunque beneficiare degli eventuali successi, ma correndo rischi sicuramente più limitati.
Leggi anche:
A lezione di Bitcoin #5 – Considerazioni finali
Grazie per questi articoli così chiari, non è facile far capire ai neofiti temi così complessi con tanta semplicità!
Una domanda: cosa ne pensate dell’etf Invesco Elwood Global Blockchain – BCHN? Può essere un buon modo per investire sulla tecnologia blockchain, senza esporsi sul “gettone” bitcoin, il cui valore è molto aleatorio (come avete ben spiegato)?