By |Categorie: Pensione|Pubblicato il: 23 Settembre, 2021|

Oggi abbiamo il piacere di ospitare un blogger italiano che è anche un nostro affezionato lettore. L’articolo che ci ha gentilmente concesso di pubblicare tratterà il tema, sempre molto apprezzato dai lettori, dell’indipendenza finanziaria.

La sua introduzione all’articolo mi ha incuriosito e devo dire che arrivare fino in fondo è stato piacevole e interessante. Esattamente quello che deve trasmettere un articolo che tratta questo tema. Buona lettura.

Qualche anno fa ho dovuto mettere in discussione i miei principi ed ho capito che viviamo tutti immersi in folli illusioni che rovinano la nostra esperienza. Da allora cerco di individuare quelle idee che possono migliorare la nostra vita e renderci più efficaci e felici; saltomentale.it è il posto dove provo a renderle chiare e disponibili a tutti.

Tanti si pentono di non aver cominciato prima, quasi nessuno si pente di non aver cominciato dopo.

Sapete bene cos’è l’indipendenza finanziaria, avete letto della regola del 4% e conoscete i vari tipi di ritiro anticipato, ma vi siete mai chiesti cosa succede quando ormai ci siamo? Intendo quel fatidico momento in cui valutate il vostro patrimonio, vedete che è della dimensione che vi eravate prefissati e dovete fare il salto.

Non è facile abbandonare le sicurezze e le routine. Se abbiamo atteso tanto, potremmo anche aver perso parte della motivazione: i figli a cui volevamo dedicarci sono cresciuti o la chiamata all’avventura si è assopita oppure non sentiamo più la smania di essere capi di noi stessi perché, nel frattempo, siamo diventati capi di qualcun altro.

Più aspettiamo e più saremo indecisi poiché la motivazione è fondamentale per il cambiamento e se non sapremo sfruttarla quando arde forte è possibile che non la sfrutteremo mai.

Dobbiamo quindi considerare un compromesso importante:

  • Saltare appena le condizioni sono accettabili ma con qualche rischio economico in più;

 oppure

  • Accumulare un patrimonio tanto grande da minimizzare le incertezze materiali, ma nel frattempo rischiare di aver perso la motivazione necessaria a saltare.

Penso che la scelta giusta, nella maggior parte dei casi, sia saltare appena possibile, dandosi un obiettivo sensato senza esagerare con le sicurezze.

In questa ottica, propongo una definizione diversa di indipendenza finanziaria che potrebbe esserci di aiuto: essa è la nostra capacità di far fronte ai nostri bisogni, senza dover scendere a compromessi o essere vulnerabili a imprevisti comuni. Se si è in grado di appagare tutti i propri bisogni, incluso quello di fare ogni giorno ciò che ci soddisfa, e si ha un margine di sicurezza per quando lo sterco colpirà il ventilatore allora siamo già finanziariamente indipendenti. Secondo questa definizione non è necessario vivere esclusivamente di rendita ma si può continuare a lavorare, purché sia un lavoro che ci dia la massima soddisfazione; spesso ciò si traduce in un lavoro flessibile, vario, in proprio e significativo.

Immaginiamo ora di trovarci sul ciglio, pronti a fare il salto, mollare un lavoro che non ci soddisfa e passare alla vita che sogniamo: abbiamo un capitale sufficiente, le competenze necessarie e siamo motivati. Proverò a ribattere alle preoccupazioni più comuni, se ne avete altre scrivetele nei commenti!

Se non sei già sul punto di fare il salto ma devi ancora lavorare sulle basi, potrebbe interessarti questa guida per migliorare la tua indipendenza finanziaria.

E se non mi bastassero i soldi?

Invece di lasciare il lavoro ora potrei continuare ancora qualche anno e mettere da parte più risorse per qualsiasi evenienza.

Ragionando in questo modo non faremo mai il salto, per il semplice fatto che non esiste un capitale sufficiente a proteggerci da ogni scenario. Conviene pensare in termini di ritorno dell’investimento, cioè quanto beneficio ci darebbe l’investire altro tempo per aumentare il nostro capitale.

È intuitivo che più è grande il patrimonio, minore è l’impatto di ogni singolo Euro aggiunto. Facciamo un esempio: avere da parte 10.000€ invece di 0€ può fare una differenza enorme se perdiamo il lavoro, mentre avere da parte 500.000€ invece di 490.000€ non comporta differenze apprezzabili.

Una volta accumulato un capitale ragionevole, le competenze che sviluppiamo hanno un impatto maggiore sulla sicurezza economica; possiamo infatti sfruttarle in futuro e generare reddito reale nel momento in cui ci servirà. Il miglior investimento, ed il più sicuro, è la formazione personale, cosa che Warren Buffett ripete da decenni.

Non si torna più indietro

Se lascio il lavoro ora, farò fatica a rientrare nel mondo del lavoro in futuro.

Non vedo validi motivi per pensarlo: se abbiamo una professione che oggi è spendibile nel mercato ed il mercato non cambia, domani sarà ugualmente spendibile; e se il mercato cambia saremo fuori mercato anche se rimaniamo nel nostro lavoro attuale.

È una leggenda metropolitana quella del reclutatore aziendale che, notando un buco tra le esperienze lavorative, esclude un candidato. E se così fosse, vogliamo davvero lavorare per qualcuno che è turbato dal fatto che non siamo stati sempre soldatini ubbidienti?

Possiamo comunque mitigare questa paura adottando uno stile di vita più frugale: se ci serve meno, abbiamo più margine per non dover tornare indietro in caso di difficoltà, oppure, se proprio dobbiamo tornare indietro, possiamo accettare uno stipendio più basso e trovare lavoro più velocemente.

Perdere il treno

Se lascio il lavoro resterò indietro rispetto a chi ci rimane e fa più esperienza.

Proviamo a tornare con la mente ai primi sei mesi del nostro attuale lavoro: era un continuo imparare; nei successivi sei mesi, ho imparato molto meno ed il successivo anno ancora meno. Con il tempo, il lavoro diventa più monotono e ripetitivo, quindi s’impara meno.

D’altro canto, cambiare stimola l’apprendimento: è come tornare al momento iniziale, quando imparavamo a ritmi vertiginosi; è probabile che il treno lo si perda rimanendo attaccati al posto fisso.

Sicurezza del lavoro

Se lascio il lavoro non avrò più la sicurezza dello stipendio ogni mese, ferie pagate, malattia e via dicendo.

Purtroppo non le avremo neanche col mitologico posto fisso. Chiediamoci:

Perché può perdere il reddito un imprenditore?

  1. Perché è incompetente;
  2. Perché il mercato lo stritola;
  3. Perché avviene una sciagura.

Perché può perdere il reddito un suo dipendente?

  1. Perché è incompetente o lavativo o ribelle;
  2. Perché il suo padrone è incompetente;
  3. Perché il mercato stritola il suo padrone;
  4. Perché avviene una sciagura a lui o al suo padrone.

Con il lavoro dipendente abbiamo aumentato, non diminuito i rischi. Mi direte: ci sono gli ammortizzatori sociali. Vero, e li paga il dipendente con il suo lavoro; se così non fosse, nessuno si prenderebbe la briga di assumere un dipendente: l’imprenditore deve coprire i costi ed avere un profitto che giustifichi i rischi che si assume nel farlo.

Il lavoro dipendente non è il male assoluto, quello che qui voglio evidenziare è che esso non è, di per sé, meno rischioso del lavoro in proprio o dell’imprenditoria.

Incertezza

Chi lascia la via vecchia per la nuova, sa quel che lascia ma non sa quello che trova.

Ci si può preparare all’incertezza, ad esempio coltivando modelli mentali adatti a dominarla. Più affronteremo l’incertezza, più saremo in grado di capire come gestirla e ci metteremo in posizioni di vantaggio in futuro.

L’incertezza, comunque, ha questa bella caratteristica: se ne infischia che noi facciamo o meno qualcosa, lei ci sarà sempre e comunque in qualche misura difficile da prevedere.

Ripartire da zero

Se lascio quello che ho fatto per anni, dovrò ripartire da zero.

Quando si fa il salto, raramente si parte da zero: è probabile che faremo qualcosa di affine a quello che facciamo oggi e magari ci porteremo dietro una rete di contatti e conoscenze utili nella nuova avventura.

Se vogliamo cambiare radicalmente, possiamo cominciare a saggiare l’acqua prima di fare il salto, ad esempio facendo una prova senza mollare il lavoro, durante un anno sabbatico, nel tempo libero o durante le ferie.

Via di fuga

Non mi hai convinto.

Poco male, in tal caso esiste sempre l’alternativa del F.I.R.E. tradizionale: accumulare 25 volte le proprie spese annue ed investirle in modo diversificato. L’importante è essere convinti e consapevoli della strada che si sta seguendo e guardare in faccia i rischi che, anche in quel caso, ci stiamo assumendo.

2 Commenti

  1. BierDividend 25 Settembre 2021 at 07:10 - Reply

    Tante riflessioni condivisibili. Personalmente ho intrapreso questa strada una decina di anni fa, l’obiettivo è quello di diventare pensionato a 50 anni e godere di un flusso di dividendi crescente. Credo che potrei anticipare i tempi di 2 o 3 anni.
    Perché il tempo è il bene più importante che abbiamo e pensare di dover lavorare fino a 67 anni è angosciante

  2. Giovanni 23 Settembre 2021 at 20:51 - Reply

    Ciao, interessante l’articolo. Ecco le mie riflessioni. Dal punto di vista investimento non ho mai avuto nella mia vita folli illusioni d’investimento, poichè mio padre mia aveva inculcato, già a 6 anni, l’arte del risparmio mettendo le 1000 lire nel porcellino di coccio. Sono cresciuto, così, mettendo da parte tutti i soldi che mi regalavano ed ho proseguito l’arte di investire. Complice, molti decenni fa, i titoli di stato e buoni postali con rendimento a doppia cifra. Man mano che investivo accresceva l’esperienza, così ho potuto guadagnare anche negli ultimi anni con strumenti (portafoglio ETF e azioni) non certo del tutto sicuri come i titoli di stato. In tutti questi anni ho anche speculato un pò, diciamo approfittato dello spread, delle crisi dei mercati, della pandemia per aumentare il capitale. Mi sono ritirato anticipatamente dalla pensione di qualche anno, perchè con il capitale accumulato ed i dividendi mi permetteranno di arrivare alla pensione. A quel punto avrò TFR, pensione e capitale accumulato. Se qualcuno mi chiedesse che cosa rifaresti, risponderei: “è stata una fortuna per me aver capito da subito che era importante creare un capitale, per un futuro con tante “incognite”. Educazione finanziaria e determinazione hanno fatto il resto. Molti lavoratori, dopo di me, avranno una pensione precaria, o di vecchiaia a 67 anni, quindi a maggior ragione per loro dovrebbe prevalere un discorso di visione di lungimiranza, pensando che anche in finanza nessuno ti regala niente.

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