La persona o la famiglia che, con grande lungimiranza è stata capace di accumulare un cospicuo capitale finanziario nel corso degli anni, nel momento in cui decide di godersi la vita magari smettendo di lavorare o semplicemente rallentando i ritmi della routine quotidiana, quasi sempre si pone la seguente domanda. Se investo oggi i miei soldi con la asset allocation X e prelevo ogni anno una quantità di euro pari a Y dal mio conto in banca, con quanti soldi mi ritroverò ad esempio all’età di 80 anni?
Ovviamente i dubbi possono poi sfociare in tanti altri quesiti.
Durerà tutta la vita il mio gruzzoletto?
Resterà qualcosa per gli eredi?
Mi ritroverò vecchio e incapace di produrre nuovo reddito e privo di ogni forma di ricchezza perché ho calcolato male tempi e modalità di gestione del denaro?
E se dovesse accadere un imprevisto molto costoso, saprò fronteggiarlo senza distruggere il mio patrimonio?
A ogni domanda la sua risposta
Quesiti leciti e fondamentali che rappresentano i giusti test di sicurezza ad ogni buon piano finanziario che si rispetti e che non possono essere lasciati all’approssimazione. O meglio. Si può fare da sé fino ad un certo punto, ma poi per evitare disastri totali quando le complessità aumentano, sempre meglio spendere qualche spicciolo affidandosi a dei professionisti.
Se poi questo piano è finalizzato al ritiro anticipato dal mondo del lavoro in un’età nella quale le prestazioni professionali sono ancora alte e redditizie, giusto essere ancora più analitici studiando piani A e piani B. Tenendo conto dei rischi C e dei rischi D.
Ci sarà sempre un’età che non ci consentirà più di ritornare nel mondo del lavoro con le stesse capacità intellettuali e fisiche di quando abbiamo deciso di adottare la filosofia FIRE.
Opportunità (godersi la vita), ma anche rischi enormi (bruciare il capitale troppo presto), sono là fuori che ci aspettano.
In questa serie dedicata non all’accumulo, ma al decumulo del capitale, cercherò di fornire qualche buon consiglio per navigare al meglio questo mare.
La soluzione del 4%
William Bengen, il creatore della celebre regola del 4%, cercò di arrivare ad un obiettivo molto semplice quando formulò la sua ipotesi.
Determinare quali erano le tipologie di portafogli di investimento che, associate ad un determinato tasso di prelievo annuo del capitale iniziale, potessero garantire su un certo orizzonte temporale e sulla base di determinati scenari storici analizzati la sopravvivenza del capitale stesso. Tradotto in parole più semplici, come bisognerebbe investire per non rimanere al verde quando siamo ancora in vita.
In pratica se dispongo di 1 milione di euro ed investo al 50% su azioni e al 50% su obbligazioni, quanti dei soldi presenti nel mio salvadanaio posso prelevare ogni anno senza correre il rischio di rimanere a secco prima del tempo?
Nel 1994 Bill Bengen pubblicò un articolo nel quale rivoluzionava il concetto di tasso minimo di sopravvivenza, quello che gli americani chiamano Safe Withdrawal Rate.
Bengen divenne in quel momento il creatore della cosiddetta regola del 4%, ovvero quella percentuale di sicurezza nell’erosione annua del capitale causata da spese e inflazione, che poteva limitare al minimo le probabilità di ognuno di noi di sopravvivere più a lungo del proprio capitale.
Definito il livello di sicurezza i pianificatori finanziari non dovevano far altro che mostrare al cliente i vari gradi di probabilità di conservazione del capitale sulla base delle ipotesi di spesa e dei livelli di rischio degli investimenti scelti per accompagnarci nel viaggio del decumulo.
Analizzando tutte le casistiche di ritiro con orizzonte temporale 30 anni dal 1926 al 1967, con un tasso di prelievo del capitale del 4% poi ogni anno aggiustato per l’inflazione, Bengen arrivò a definire il mitico 4 come livello ottimale e sufficiente per garantire una soglia di denaro superiore allo zero nel corso del trentennio di vita.
Tutto ciò condito da un’asset allocation indicativa del 50% di azioni e del 50% di obbligazioni. Non meno del 50% e non più del 70% di azioni fu la conclusione di Bengen.
Bengen ha cambiato la pianificazione finanziaria
Lo scalpore innescato da quella ricerca fu molto forte, soprattutto perché andava in contrasto con la teoria fino ad allora consolidata che bisognava scaricare rischio nelle fasi più avanzate della vita per evitare di depauperare tutto il capitale mantenendolo investito su asset class rischiose.
Tra le critiche che vennero mosse a Bengen negli anni successivi la presentazione dello studio, ritroviamo soprattutto il ricorso esclusivo dell’allora consulente finanziario a dati storici di un arco temporale ristretto (41 anni) senza aver esplorato le conseguenze di questa tipologia di gestione dei prelievi al variare della geografia di investimento. Un conto era simulare lo studio investendo solo in bond e equity americani, un conto su altri mercati.
Per quello che riguarda il primo punto bisogna essere sinceri fino in fondo. I dati storici sono l’unico punto certo sul quale si possono fare simulazioni.
Oggi abbiamo data base più ampi a nostra disposizione, ma utilizzando metodologie di natura diversa (ad esempio Montecarlo) non verrebbe comunque risolto il problema.
Tutta l’architettura gira su numeri usciti dalla lotteria dei mercati finanziari nel ventesimo secolo.
Gli stessi mercati sono molto diversi rispetto a 50 anni fa. Liquidità, accesso di massa a strumenti un tempo complessi, politiche monetarie senza precedenti, sistemi di contabilità diversi. Non sono così sicuro che le metriche di oggi possano essere calate nella realtà del 1960.
Certamente un più ampio database ci permette di avere a disposizione una bussola più raffinata per il ventunesimo secolo. Non sappiamo a priori se questa bussola se ci porterà esattamente dentro al porto o solo nella sua prossimità, però nell’incertezza abbiamo la certezza della direzione.
Altre teorie si sono fatte avanti negli ultimi anni
Per quello che riguarda la geografia studi come quelli di Wade Pfau nel 2010 hanno dimostrato che la scelta del luogo dove investire conta e parecchio.
Riproponendo il 4% come tasso di prelievo in 17 paesi diversi dagli Stati Uniti, l’analisi di Pfau ha dimostrato che solo in 4 di questi la regola del 4% ha funzionato. Nella maggior parte dei casi il tasso più sicuro di prelievo stava tra il 3% e il 4%. In alcuni casi come Germania e Giappone addirittura si scendeva al 1%.
Infine ci sarebbe anche un elemento che pochi studi riescono a catturare. Ovvero l’effetto negativo dell’indisciplina finanziaria.
Il 4% può essere preso come modello, ma ogni tasso di spesa annuale (come la stessa inflazione) è personale ed influenzato da una miriade di fattori tra cui la nostra capacità di essere disciplinati gestendo questo numero senza farci prendere da panico o euforia a seconda del momento di mercato.
Michael Kitces, il celebre advisor americano, in un suo paper del 2012 ha provato a fare una sintesi indicando in 4/4,5% il tasso di prelievo più indicato per un “decumulatore” che decide di partire con un’esposizione azionaria oscillante tra il 40% e il 70%.
In un contesto però di bassa crescita economica il numero che prudenzialmente ogni early retirement che parte con il decumulo farebbe bene ad assumere nella fase iniziale è il 3,6% del capitale.
Vi sembra basso? Come sempre rischio e rendimento vanno a braccetto.
Più abbasseremo l’asticella del rischio azionario, più questo numero si contrarrà e serviranno capitali più grandi per sostenere la pensione anticipata.
Questa è solo una base di partenza.
Proprio grazie all’analisi di Kitces in un prossimo articolo vedremo come alcuni accorgimenti “tecnici” potrebbero (stiamo sempre parlando di probabilità) spostare l’asticella verso un ben più interessante 5% di prelievo annuo del capitale.
ho un dubbio. leggo ovunque che il 4% forse è troppo in una fase (futura) di bassa redditività come quella che si prevede. meglio scendere verso il 3%. poi guardo i coefficienti di trasformazione in rendita del mio fondo pensione. 4,6% a 65 anni. guardo quelli INPS (contributivo): 5,2% a 65 anni. come è possibile che una assicurazione (che carica costi) e lo stato (che di sicuro non mi regala niente) possano realizzare una WR rate (senza rischio out-of-money, senza rischio sequence-of-return) più elevata?
una volta che muori, finiti i pagamenti di reversibilità, lo stato si tiene il malloppo….forse sono percentuali veramente basse se ci pensi
a 5,2%, a rendimento reale zero (cioè più dei BTP), dopo 19 anni sono finiti. di che malloppo parli?
65 + 19 = 84
aspettativa di vita di un uomo oggi in italia = circa 82 anni
a livello statistico dovrebbe essere a favore dello stato
poi btp a tassi 0, ma prova anche solo immaginare cosa fa un 2-3% di rendimento su un orizzonte temporale di 19 anni…
se l’inps liquidasse l’intera posizione al momento del pensionamento, molti farebbero la fame, chi invece possiede una cultura finanziaria farebbe una fortuna anche per i suoi discendenti
Caro Anonimo, un rendimento reale del 3% si fa solo con 100% azioni. Allocazione perfetta per un 80-enne. Se ricapita un bear tipo 2008?
Tanti auguri!
😂
Io ho raggiunto l’età della pensione, in pensione anticipata a 61 anni, essendo anche un lavoratore precoce. Il mio stipendio è stato in media di 1600 euro al mese, esclusi premi ed extra, come impiegato. Fin dalla infanzia ho avuto un’autodisciplina finanziaria molto dura che, portata avanti regolarmente per tanti anni, mi ha dato la possibilità di accumulare una rilevante quantità di capitale. E considerato anche che ho goduto dell’era BOT e BTP con tassi del 15%. Quindi, in condizioni di investimento molto favorevoli. In realtà a me risulta difficile pensare ad un’analisi matematica precisa del decumulo: di quanto dovrebbe essere, per quanti anni, del residuo rimanente dopo la morte….etc. Ho personalmente impostato l’investimento pensando alle incognite del futuro. Ora, mi ritrovo con una pensione di 1600 euro al mese, più un decumulo equivalente a 2000 euro al mese di cedole senza intaccare il capitale. Cioè l’equivalente di 3600 euro al mese spendibili. In questo lasso di tempo muore il padre che lascia in eredità la casa, che non avevo mai avuto. Poi accade che mia madre rimane inferma e, con una pensione di 1030 euro al mese, sono costretto a ricoverarla in una casa di accoglienza a 2500 euro di retta mensile. Più le spese incalcolabili della famiglia. In pratica riesco a far fronte anche alle spese impreviste e, in virtù della casa ereditata, sono nelle condizioni di spendere 5000 o 6000 euro nette al mese. Spero di avere fatto un’analisi corretta della mia situazione finanziaria, ma ad ogni modo: ha senso fare un calcolo teorico della spesa di decumulo, a prescindere, visto che non puoi calcolare gli imprevisti della vita? Ma ha senso?
Dubito che possiamo permettercelo, ma aspetto con interesse il prossimo articolo.
Di sicuro la PWR (perpetual, che significa che avrei sempre il ‘capitale’ per i rischi, o per lasciarlo agli eredi se i rischi non si manifesteranno) è pari al rendimento reale. E qui sul rendimento reale di un bilanciato dubito si superi il 1% (dopo tasse e spese). Secondo me saranno tempi duri nei prossimo decenni. Vedremo. Grazie.
Ottimo lavoro. Per noi consulenti e coach è una sfida importante fare capire ai nostri clienti che 1. Sì può ed, in alcuni casi, si deve pensare di smettere di lavorare prima dell’età classica pensionistica decisa dallo stato (chi vuole e può veramente pensare di lavorare fino a 67 anni e più?) – ovviamente se siamo stati bravi a fare loro risparmiare ed investire sufficienti risorse finanziarie e 2. Accompagnarli proprio durante la fase di decumulo (ci sono financial advisors Americani che si specializzano solo su questa fase!) – ovvero, se si è calcolato che il safe withdrawal rate è il 3 piuttosto che il 5 (inflation adjusted), poi gli devi fare da coach trimestre su trimestre per evitare che sforino questo tasso di decumulo…altro che promozione finanziaria, vendita di questo prodotto o quest’altro, market outlook di qua o di là…come sempre, ottimo lavoro Archeowealth!