Con questo articolo, rendo omaggio ad uno dei maggiori “scienziati” italiani dell’educazione finanziaria, il prof. Paolo Legrenzi.
Il prof. Legrenzi è, prima di tutto, uno psicologo, professore di Psicologia all’università di Ca’ Foscari a Venezia e noto a livello internazionale nel campo della psicologia cognitiva.
È questa una branca molto affascinante della psicologia perché studia come il nostro cervello elabora le informazioni che recepisce e come vengono poi tradotte in azioni e comportamenti.
Come sanno i lettori di questo blog, investire è anche una questione di gestione della propria psicologia. Ovvero delle proprie emozioni e del loro impatto sui nostri comportamenti nel momento in cui decidiamo di investire i nostri soldi.
Aggiungo anche che, saper investire, è anche e soprattutto il saper analizzare e sintetizzare la marea di informazioni che ci vengono propinate ogni giorno dai media finanziari.
Da “soli” non sappiamo capire cosa sia importante e cosa no, cosa può avere un impatto sui miei investimenti e sui miei portafogli. E quindi tendiamo a movimentare inutilmente il portafoglio, perdendo soldi e interrompendo il processo naturale di crescita di un portafoglio costruito sui miei obiettivi.

Dalla rubrica: “I soldi in testa”
Il prof. Legrenzi scrive una rubrica settimanale molto seguita nel mondo della consulenza finanziaria, “i soldi in testa” e la scrive per una società di gestione del risparmio svizzera, GAM Investments (dove scrive un’altra persona che seguo con molto piacere, Carlo Benetti, e il suo “L’alpha ed il Beta”).
L’intento di GAM è quello di educare i promotori finanziari delle banche reti che distribuiscono i fondi di GAM (per la cronaca: purtroppo pessimi), ma sia il prof. Legrenzi che l’ottimo Benetti, a mio personalissimo avviso, predicano nel deserto.
Chi scrive ha passato sette anni e mezzo in una banca rete, Fineco; il mio partner e co-fondatore di Meridian, Riccardo Tajè, in un’altra banca rete, Azimut. Il responsabile di questo blog, Lorenzo Biagi, ha lavorato a lungo in una SIM del gruppo BPER.
Sappiamo insomma, per vita vissuta, come tanti bei concetti espressi bene e con l’intento di educare i consulenti ad essere veri consulenti e non venditori di fondi, si perdano nel mare cosmico dei prodotti della casa, delle pressioni commerciali, dei viaggi premio in località esotiche se si vendono più fondi di altri.
(A tal proposito, segnalo che FABI, il sindacato dei dipendenti bancari italiani, sta battagliando con le banche per inserire nel nuovo contratto collettivo nazionale un “freno” alle indebite pressioni commerciali che i poveri bancari devono subire dalle direzioni commerciali delle banche: – cioè, non so se sia chiaro: i dipendenti bancari non ne possono più di essere sempre sotto pressione per vendere, indebitamente, prodotti alla povera clientela… come siamo messi? Ma sto divagando).
Tornando al titolo dell’articolo, l’ho preso “paro paro” da uno degli ultimi articoli del prof. Legrenzi (che vi invito a leggere):
E lo segnalo perché ci sono dei passaggi che ho trovato illuminanti sulla estrema difficoltà oggi di capire cosa sia importante e cosa meno di tutto ciò che ci propinano i media. Ed i media finanziari innanzitutto.
Partiamo con un primo paragrafo:
“Apriamo il cellulare, andiamo in rete, ed ecco una nuova notizia. Passa un po’ di tempo. Rifacciamo la stessa operazione e compaiono tante altre notizie fresche di giornata. Non è detto che siano false, o che siano fasulle, o che siano vere o verosimili. Non importa: sono tante, troppe. E il più delle volte sono irrilevanti. Non lo sembrano sul momento, ma lo sono: e lo diventano appena compaiono altre notizie, poco tempo dopo. Le une si susseguono alle altre e, il più delle volte, le cancellano, nel senso che noi le dimentichiamo poco tempo dopo”.
Anche a me succede che l’algoritmo di Google news (o di Apple news per chi ha l’iPhone) mi consigli notizie sulla base delle ricerche che ho fatto o di quello che ho detto, magari in una call con un cliente (perché purtroppo, mi sembra di capire, che gli smartphone “ascoltino” quello che diciamo, per poi proporci news “targetizzate”).
Sono news che hanno attinenza con qualcosa a cui stavo rivolgendo il mio interesse ma, spesso e volentieri, di interessante hanno poco o nulla, O se ne hanno poi non servono per capire che impatto possano avere sui miei investimenti.
Andando avanti nell’articolo:
“Il nostro problema oggi è non badare a questo flusso incessante, sempre nuovo e quasi sempre effimero. Facile a dirsi, un po’ meno a farsi. Noi non siamo stati costruiti dall’evoluzione naturale per non badare alle cose. La nostra attenzione è attirata dalle novità”.
Verissimo, le novità catturano la nostra attenzione rispetto a un articolo che riprende concetti giusti ma “vecchi” e “già sentiti”. Diciamo sempre le stesse identiche cose, perché sono giuste e non è che poiché sono state già dette, perdono la loro valenza.
Ma la natura umana (ecco la psicologia cognitiva che entra in gioco) si annoia presto di concetti, anche se giusti, ma ripetuti e non nuovi.
Quindi:
“(sulla disseminazione delle informazioni)…il vero salto è stato compiuto quando è nata la rete. Perché la rete sembra gratuita, ed è consultabile sempre, in un attimo, senza costi, appena si ha un minuto di tempo libero. Ma, di nuovo, le cose non sono come sembrano. In realtà la rete e tutti coloro che la costruiscono e la tengono in vita guadagnano con la pubblicità. Invece di farci pagare cercano di catturare, meglio rubare, la nostra attenzione”.
Anche qui, ne abbiamo scritto nell’articolo Quel fastidioso rumorino di sottofondo che ci accompagna quando investiamo. I giornalisti finanziari sono giornalisti. Non sono analisti finanziari. Non sanno analizzare l’informazione e capire che impatto possa avere sui mercati finanziari. Devono sparare l’informazione fuori, con titoli che acchiappano la nostra attenzione, per vendere spazi pubblicitari. A loro non interessa chi siamo, perché stiamo investendo, da quando, per quanto tempo, quanti soldi abbiamo investito, su cosa stiamo investendo. Devono sparare nel mucchio, sperando nel nostro clic sopra la notizia.
Io la chiamo, spesso e volentieri, “pornografia giornalistico-finanziaria”.
Ci ho messo anni ed anni di studi (e sto ancora studiando) e oltre 27 anni sui mercati per capire subito se un articolo relativo a un evento economico finanziario sia frutto di una vera analisi o una mera copiatura di qualche altro articolo (per la cronaca: molti articoli che non riguardano l’Italia e che trovate sul Sole24ore, su Milano Finanza e qualche altro giornale italiano, sono mere scopiazzature di articoli già apparsi sul Wall Street Journal, Financial Times, Barron’s, Bloomberg qualche giorno prima).
Altri due passaggi fondamentali dell’articolo:
“Ma la nostra attenzione non è illimitata, anzi è molto ridotta. E così, nei decenni, i media – prima le televisioni commerciali e poi, soprattutto la rete – sono diventati bravissimi ad attirare e, possibilmente, imprigionare la nostra attenzione. Le notizie e tutto il resto che ci attrae è uno specchietto per le allodole: il vero scopo è cercare di fare in modo che ci soffermiamo sulla pubblicità. Perché è così che vivono. La pubblicità diffusa in rete oggi supera tutte le forme e i canali pubblicitari di un tempo.”
Idem come sopra. Ma repetita iuvant.
E per finire:
“Si è creata così una situazione che è particolarmente nociva nel campo della gestione dei risparmi nel senso che tutto il bombardamento di notizie giornaliere ci distoglie dalle poche notizie economico-finanziarie importanti che, in genere, si rivelano sui tempi lunghi e, soprattutto, durano per i tempi lunghi. Ma, proprio perché si manifestano sui tempi lunghi, non vengono dai più notate perché sommerse dall’incessante bombardamento giornaliero”.
Verissimo: solo che il prof. Legrenzi sorvola su un aspetto abbastanza importante.
Per noi dell’”industria” (se non siamo distolti dalla vendita di tal prodotto o di un altro) capire quali siano le informazioni importanti per il lungo termine è esercizio relativamente facile. Ma per i risparmiatori là fuori? Come fanno? O hanno studiato economia (e da sola non basterebbe comunque), oppure dovrebbero avere anni di esperienza sulle spalle sui mercati finanziari (ma allora non dovrebbero neanche leggere il Legrenzi o le news su Google news).
Per concludere
Bisognerebbe essere capaci, dice il prof. Legrenzi, di agire con una “ignoranza critica”:
“Ai tempi della selezione esaminavamo tutte le informazioni e approfondivamo solo quelle rilevanti in quanto la quantità complessiva era ancora gestibile. Ai tempi dell’ignoranza critica dobbiamo proprio non badare alle informazioni incalzanti, ignorare alcune fonti, non pretendere di guardare tutto e accedere solo a sorgenti affidabili che non utilizzino la tecnica del sensazionalismo dell’ultima ora”.
Quante volte ho sentito dire dai clienti “lo stratega X ha detto che il mercato scenderà dell’Y % nei prossimi 6 mesi” o “la banca W ha detto che l’economia entrerà in recessione tra 3 mesi” o “l’analista Z ha detto che Apple crollerà del 30% nei prossimi due anni”.
“Ah sì?” è di solito la mia risposta (con fare vagamente distratto).
Indi silenzio.
Il cliente mi guarda preoccupato.
Altro silenzio.
“E non dici niente?”.
“No” (magari guardando fuori da una finestra e masticando qualcosa).
“Come no?!”. Il cliente inizia a preoccuparsi seriamente
Io (distogliendo molto lentamente ed in maniera annoiata l’attenzione dal panorama fuori dalla finestra):
“Hai per caso controllato il track record dello stratega, dell’analista, della banca nel passato?”
“Come scusa?”
“Hai controllato cosa hanno detto nel passato questi personaggi e se le loro previsioni si siano mai rivelate accurate?”
“Ehm…non so, non saprei…me lo dici tu?”.
“No”.
“Ecco ci risiamo….”.
“Caro Giangiacomo…..Se io dovessi passare il mio tempo a confutare tutte le previsioni di tutta la gente che spara previsioni giornalmente, passerei la mia vita a dover sconfessare migliaia di previsioni al giorno…avrebbe senso?”
“Non credo …no”.
“Se tu, invece, mi avessi detto: seguo questo analista da anni, mi piace quello che scrive, fa dei ragionamenti abbastanza logici, non sembra beccarci, ma mi fa ragionare, ha un ottimo processo di investimento ecc…allora ti avrei detto che potrebbe aver senso leggere quello che scrive…giusto?”
“Ehm…giusto…”
“Bene…caso chiuso….dove andiamo a mangiare?”.
Ovviamente sto facendo sarcasmo facile, ma la maggioranza delle conversazioni è così: anche se sempre meno perché, dopo anni di educazione finanziaria ogni santo giorno, si impara ad avere una “ignoranza critica”.
E questo blog, se vogliamo, è uno dei campioni in Italia dell’ignoranza critica. Meglio ancora direi, del “filtro positivo” su ciò che sia veramente importante quando dovete investire i vostri soldi.
Una volta tanto, essere ignoranti, ovvero che si ignorano la maggior parte della marea di informazioni del web, diventa un plus nel nostro processo di crescita dei nostri investimenti: chi l’avrebbe mai detto?
Buon investimento!
Ciao
Io seguo sempre lo strategist di kairos Alessandro Fugnoli che , ninle imbroccherá tutte neanche lui ma però mi fa riflettere e mi aiuta a crearmi un’ idea o un razionale di pensiero da sviluppare autonomamente.
Lo conosci ?
Dante
Buongiorno Dante,
certo che conosco Fugnoli, come non si fa a conoscere Fugnoli e lo leggo anche io spesso.
Al buon Fugnoli piacerebbe solo scrivere di argomenti “alti” e di lungo termine ma, come fa lo stesso Benetti di GAM, alla fine ci deve dire che dobbiamo fare qualcosa nel breve termine, magari comprando il fondo X o Y di Kairos o di GAM o aumentando il peso di tale asset class o di tal altra.
Perchè sono pagati da loro per scrivere ma anche per promuovere il brand ed i prodotti della casa e far “muovere” i portafogli.
La vera verità è che loro scrivono ad un pubblico indistinto e la loro “raccomandazione” di breve può o non può aver senso per il portafoglio e gli investimenti della singola persona: ognuno è diverso, così come anche il suo portafoglio, la sua propensione o meno alla volatilità (nota che ho scritto volatilità e non rischio) ed il proprio arco temporale.
Ma tant’è: si prende per ora colato anche quello che viene detto in quel momento da quella tal persona o banca, senza ragionare se abbia veramente un impatto sul proprio piano di investimento.
Detto ciò e al netto di questi aspetti, sono ottimi strategist che, appunto e guarda caso, cercano di farci focalizzare sui trend di lunga che sono difficili da capire, interiorizzare e monitorare: la natura umana fa sì, però, che ci si dimentichi spesso dei trend di lunga nei quali bisogna investire e si torni a guardare le notizie del giorno.
E’ così, ormai me ne sono fatto una ragione anche se prima mi arrabbiavo con i clienti: lo fanno sempre meno, quello di concentrarsi sul breve, ma la natura umana è quella che è purtroppo e allora scriviamo, scriviamo e scriviamo.
Come sempre, buon investimento!
Grazie per i vostri preziosi consigli, siete unici nel panorama italiano caratterizzato da conflitti di interesse e sensazionalismo. Vi seguo con estremo interesse.
Grazie Gianfra, troppo buono!
Ma voi 3 del blog siete i vecchi archeo-qualcosa o solo Lorenzo è un ex archeo?
Mi piaceva leggere del portafoglio di archeowealth, ma è sparito…
L’articolo è interessante, ma dovreste rileggerlo perché è pieno di refusi.
Ciao Luca l’articolo mi pare a posto (almeno da smartphone -), qualche virgola e una e di troppo ma non vedo tutti questi refusi. Magari fammi qualche esempio così andiamo a sistemare.
Il portafoglio esiste ancora (come ho sempre scritto è quello che il sottoscritto sta portando avanti personalmente da anni), ma avendo fatto un passettino avanti verso la consulenza indipendente adesso di portafogli ne abbiamo diversi per ogni esigenza e che condividiamo molto volentieri con i nostri clienti.
La pubblicazione di portafogli da parte di consulenti iscritti all’albo è un qualche cosa che rimane una zona grigia in Italia visto che si prospetterebbe la raccomandazione di investimento. Preferiamo evitare problemi sotto questo punto di vista, ma molto volentieri siamo disposti a condividerli se deciderai di voler utilizzare i nostri servizi. A presto
Qualcuno li ha sistemati rispetto alla versione che avevo letto io, ad esempio “Ecco ci risiamo….” era qualcosa tipo “Ccco ci risiamo….”; erano verso la fine. È rimasta una maiuscola dopo una virgola verso metà articolo.
Per il tuo portafoglio, mi piacevano gli aggiornamenti periodici, e mi piacerebbe giusto vedere che asset allocation avevi scelto (non ricordo proprio), ma capisco perhé lo abbiate tolto.