Quando mi chiedono perché gli investitori continuano a comprare tasso fisso anche su lunghe scadenza agli attuali livelli di rendimento, una delle risposte più convincenti che mi sento di dare è quello di una “scommessa” che viene fatta dal mercato su un periodo prolungato di bassa crescita e bassa inflazione se non deflazione vera e propria.
Ricordo sempre che comprare un Treasury a 10 anni con rendimento a scadenza del 1.80% può voler dire ottenere un rendimento reale dello 0,80% se le attese sono per un inflazione media a 10 anni del 1%.
Provate ad immaginare quanto potrebbe diventare appetibile un bond decennale ai prezzi attuali se poi l’inflazione media della prossima decade fosse zero o addirittura inferiore di zero (quindi deflazione). E’ sempre una questione di prospettive e pur ritenendo necessario un approccio diverso al mondo obbligazionario rispetto al passato, i bond non vanno mai disprezzati; ricordo che dal 1928 al 2014 il ritorno annuo su un bond decennale americano è stato del 5.3% con un tasso medio di inflazione del 3,1%, ovvero il 2,2% in termini reali.
Ecco allora che se nei prossimi anni l’America avrà un tasso di inflazione zero o moderatamente negativo saremo in perfetta media storica in termini di tassi reali. Sono consapevole che questo è uno scenario da considerare poco probabile soprattutto per un periodo così prolungato, ma in finanza meglio non escludere nulla e soprattutto non avere certezze scolpite nella pietra. La deflazione negli Stati Uniti dal 1871 si è già vista diverse volte e nulla toglie che potrebbe rappresentare un fattore di cui tenere conto in un mondo a bassa crescita (anche demografica). Ma cosa succede all’azionario in caso di deflazione? Vediamolo insieme.
La società di ricerca Source ha presentato nei giorni scorsi un interessante studio sul rapporto tra deflazione e mercati azionari americani.
Quest’analisi parte dal 1871 e ci mostra in modo piuttosto netto che associare al concetto di deflazione quello di una performance sempre negativa dell’azionario è una balla colossale. La parte inferiore sinistra del grafico (deflazione+rendimenti annui negativi dell’azionario) darebbe ragione alla teoria catastrofista, peccato che la parte superiore sinistra (quella con performances positive dell’azionario abbinate alla deflazione) la smentisce nettamente.
Considerando che le rilevazioni tra performance annue positive e negative della borsa americana in caso di deflazione sono quasi in equilibrio, quando sentirete qualcuno affermare che un tasso di inflazione negativa farà scendere le valutazioni delle azioni potrete tranquillamente porgere al vostro interlocutore una moneta indicando nella probabilità che esca testa la stessa probabilità che la sua previsione risulti corretta.
Fonti: Source
Leggi anche: Il vero killer dei bond
Siete veramente sicuri che gli inflation linked vi proteggono sempre dall’inflazione?
Articolo interessante quella che mette in relazione rendimenti delle asset class e andamento dei prezzi nell’economia.
Vorrei aggiungere alcune considerazioni allargando un po’ l’argomento:
-Storicamente dal Medioevo ad oggi si sono sempre succeduti periodi di inflazione e periodi anche prolungati di deflazione anche con sbalzi forti tra gli uni e gli altri passando da inflazione del 40% annuo a deflezioni parimenti virulenza fino a -30%. Questo è venuto meno nell’ultimo secolo grazie alle banche centrali che cercano e spesso riescono a governare e gestire i cicli economici. Ma ciò non significa che la deflazione non faccia parte anche lei della storia economica seppur non moderna.
-Storicamente dal 1900 con forte deflazione (oltre -20%) le asset class che hanno performato meglio sono chiaramente i bond nominali con rendimenti reali sopra il 20%, seguiti dai bills, poi l’oro e infine le azioni con rendimenti comunque di tutto rispetto (più dall’11% reale per l’ultima asset class). Invece con moderata deflazione (-3.5% in media) le azioni diventano l’asset class migliore con rendimenti nominali medi anche qui di più dall’11%, seguite dai bond nominali (circa 7% reale), poi i bills e infine l’oro con poco meno del 3% di rendimento reale.
-con inflazione bassa (entro il 2%) le migliori performance sono ancora delle azioni che hanno dato nuovamente l’11% reale, poi i bond dal 4 al 5% e a chiudere bills e oro con rendimenti reali intorno al 2% per entrambi.
-Più L’inflazione media del periodo sale e più vanno chiaramente in crisi prima i bonda lunga scadenza e poi anche i bills a favore dell’oro. I rendimenti azionari scendono anch’essi ma rimanendo mediamente positivi anche con inflazione dell’8% (rendimento reale che va dal 7 al 2% con inflazione rispettivamente dal 3% all’8%.
-I veri problemi per tutte le asset class eccetto l’oro giungono con inflazione media molto elevata (18% in media). In questo scenario i peggiori sono i bonds e i bills che perdono entrambi piu del 20% reale con poche differenze (e questo è sorprendente) e le meno peggio sono le azioni con rendimenti negativi di “soli” 12 punti percentuali.
-Considerazioni sparse. Per l’investitore di qualunque tipo gli scenari migliori sono quelli di deflazione (anche forte e questo è controintuitivo), seguiti da quelli di bassa inflazione (entro il 2%). Gli scenari peggiori sono quelli di iperinflazione, chiaramente. Secondariamente se si esclude lo scenario iperinflattivo si nota una forte non dipendenza dei rendimenti azionari ai vari scenari (l’azionario non presenta un renemmeno reale peggiore in scenari deflattivi, performato solo un po’ peggio con scenari moderatamente inflattivi). Infine le azioni rimangono mediamente il miglior investimatori in tutti gli scenari eccetto quelli estremi. In forte deflazione sono battuti da tutte le altre asset class ma danno comunque rendimenti molto positivi (11% reale). In iperinflazione fanno peggio dell’oro ma meglio di tutte le altre asset class finanziarie.
Per approfondimenti si veda il Credit Suisse Global Investment Return Yearbook 2012 (basta cercarlo su Google) pagg.5-15.