Nei giorni scorsi State Street ha deciso di tagliare le commissioni di gestione su 41 dei 145 ETF collocati sul mercato americano con il marchio SPDR presente anche in Italia.
La nuova dimensione nella quale siamo entrati, soprattutto nel mondo obbligazionario dove i rendimenti di mercato non coprono più i costi di molti prodotti a gestione attiva (ma anche passiva), ha costretto la società americana a ridurre le commissioni su un quarto della gamma.
In base ai dati di Bloomberg, il rendimento medio a scadenza di un indice governativo globale è del 0,90% lordo con una duration di circa 7,5. Lo stesso indice globale ma costituito da emissioni societarie invesment grade ha attualmente un rendimento a scadenza del 2,2% lordo con duration di 6,6.
Interessante notare come State Street non ha solo tagliato i costi degli ETF obbligazionari in percentuali comprese tra il 20% e il 50%, ma anche le commissioni di diversi prodotti azionari che in alcuni casi hanno raggiunto, dopo la riduzione, un “Expense Ratio” di 0,15%. (vedi lista completa)
Il taglio più importante è stata attuato su uno degli ETF maggiormente collocati sul mercato come il SPDR Barclays Aggregate Bond passato da 0,21% a 0,10%.
A Milano è quotato un ETF di DB-X Global Aggregate Bond il cui TER è dello 0,30%. Come indicato nel factsheet a fine dicembre 2014 il rendimento a scadenza dei titoli incorporati nell’ETF è del 1,63% lordo con duration 6,5. Facendo un semplice conto della serva e sottraendo a 1,63% la commissione annua pagata a DB-X dello 0,30% rimane l’1,33% di rendimento al lordo delle tasse (deposito titoli compresa). Non consideriamo qualche punto base di spread bid ask in fase di acquisto e le commissioni di intermediazione ma è chiaro che il rendimento netto scende sotto l’1% a fronte di un rischio duration non indifferente.
Molto intelligentemente State Street ha rinunciato al 50% del proprio guadagno per mantenere le masse dei clienti all’interno dell’ETF tenendo conto delle nuove condizioni di mercato, ma anche delle sterminate praterie che si stanno aprendo negli Stati Uniti grazie ai ROBO-Advisors. Come abbiamo già commentato qui questi Consulenti virtuali utilizzano esclusivamente ETF nelle loro strategie ed hanno l’esigenza in fase di start up di tenere molto bassi i costi a carico della nuova clientela.
Togliere 10 punti base dalle commissioni di gestione in un mercato in cui i rendimenti a 5 anni americani sono al 1.25%, quelli tedeschi negativi e quelli inglesi all’1%, significa spingere all’insù il rendimento obbligazionario mediamente del 10%.
Se nel 2015 il ribasso dei listini commissionali sarà inevitabile, ma cosa faranno i fondi a gestione attiva? Ovviamente cercheranno di distorcere l’attenzione dei risparmiatori mettendo in risalto le qualità di fondi non a benchmark come i total return, i long/short, i multiasset, gli absolute return, ecc…dove la qualità del team di gestione dovrebbe in teoria fornire un valore aggiunto tale da giustificare i maggiori costi.
In seconda battuta partiranno fusioni di fondi (o modifiche di politiche di gestione) anche in questo caso per cercare di convincere il cliente che le attuali condizioni di mercato richiedono prodotti “innovativi”.
Ovviamente ognuno è libero di fare le proprie considerazioni positive o negative sulla gestione attiva, ma come abbiamo visto qui quando si parte con un investimento l’unica cosa certa è il costo e l’unica incerta è il ricavo.
Andando a spulciare tra i KIID delle principali case di gestione si può vedere come per i prodotti retail (ovvero destinati alla massa) del genere Global Bond il totale delle spese correnti (TER) oscilla mediamente tra 1% e 2% (mi scusino i gestori lasciati fuori che saremmo bene felici di pubblicizzare in caso di TER inferiore). In alcuni casi i fondi retail hanno anche commissioni di sottoscrizione, ma assumiamo che non esistano.
Tra lo 0,30% dell’ETF e l’1% dei fondi ci sono 70 punti base di differenza che in un contesto di tassi così bassi non sono pochi. Come abbiamo evidenziato qui questa differenza deve essere ovviamente giustificata dalla gestione attiva, ma abbiamo anche visto qui che 70 punti base per 10 anni rappresentano il 7% del vostro capitale investito che non ritorna a voi ma passa al gestore.
Tra certezza ed incertezza ognuno fa le sue scelte, ma credo che in un momento come questo le società di gestione dovrebbero saggiamente ridurre i margini di guadagno abbassando le commissioni, mossa che sarebbe apprezzata commercialmente dai clienti. La proposta shock sarebbe quella di fondere tutti i fondi a classe retail nelle classi istituzionali (dove le commissioni sono molto ma molto più basse). Siccome i fondi istituzionali e retail sono spesso dei cloni, siete consapevoli e contenti di pagare per lo stesso prodotto anche il doppio di quello che paga un soggetto istituzionale come una banca, una SGR, ecc…? Qualcuno risponderà che l’intermediario finanziario è come il grossista nel mondo del commercio, ma è proprio per saltare questa “terra di mezzo” che in America i ROBO-Advisors stanno avendo così successo.
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