Siccome è sempre meglio prevenire che curare, questa volta anticipo una critica che sono certo prima o poi mi pioverà addosso. Nei miei post stresso continuamente sul concetto di diversificazione, di piano di accumulo e di ribilanciamento.
Proprio con riferimento a questo ultimo aspetto vi svelerò una cosa. Coloro che, dal 2009 anno di partenza del bull market, hanno evitato di ribilanciare annualmente il proprio portafoglio (60% azioni 40% bond per esempio) hanno fatto la scelta vincente.
Ma come, sei impazzito Archeowealth? Allora ci hai raccontato un sacco di storie fasulle!
Tranquilli non è così ed ora vi dimostro il perché. Osservate la tabella sotto che pone a confronto l’andamento di un portafoglio costituito dal 60% di azioni americane e dal 40% di bond Usa Global Aggregate a puro titolo di esempio.
Fonte dati: PortfolioVisualizer
Ho scelto tre periodi. Due di questi rappresentano bull market recenti, il 2003-2007 ed quello attuale partito nel 2009. Il terzo periodo abbraccia il periodo globale 1999-2014.
Se un investitore dal 2009 avesse avuto un portafoglio 60/40, senza ribilanciamento annuo avrebbe ottenuto oltre 7 mila dollari in più rispetto a colui che bilancia continuamente. Stesso discorso per il bull market 2003-2007 dove non ribilanciare avrebbe portato un vantaggio di oltre 2 mila dollari. Peccato però che la stessa analisi fatta partire 15 anni fa, ovvero dal 1999, dimostra come chi è stato metodico e ha ribilanciato continuamente ogni anno il proprio portafoglio per tenere la proporzione 60/40 stabile, avrebbe ottenuto un sostanzioso vantaggio di oltre 21 mila dollari, più del 9% di plusvalore rispetto a chi odia ribilanciare.
La spiegazione di questo mistero non è poi così complicata. In fasi di mercato bullish le azioni vedono aumentare il loro peso nel portafoglio ed ovviamente ogni guadagno ulteriore è amplificato; questo è dovuto alla maggiore esposizione all’asset azionario accumulata nel tempo per effetto di quotazioni più elevate.
Se potessimo sapere con precisione quando un bull market comincia e quando finisce allora il ribilanciamento potremmo buttarlo tranquillamente nel cestino. Peccato che nessuno è in grado di prevedere questi eventi e soprattutto i grossi problemi arrivano quando gli orsi si impossessano dei mercati finanziari e cominciano a colpire duramente i portafogli azionari. E’ chiaro che se il vostro 60% per effetto di un non ribilanciamento è diventato 70% o 80% nel corso degli anni, l’impatto di un calo del 20% o del 30% nei prezzi delle azioni sarà molto più pesante e amplificato complice anche l’assottigliamento del vostro cuscinetto di sicurezza chiamato bond.
Ecco perché, analizzando il periodo 1999-2014 in cui due bear market si sono affacciati sul mercato, il risultato ribilanciato è decisamente migliore di quello non ribilanciato.
Ho voluto verificare anche cosa sarebbe successo andando indietro di 5 e 10 anni ed il risultato non cambia.
Sono sicuro che se questo bull market durerà altri 5 o 10 anni chi non ribilancerà il portafoglio otterrà risultati migliori rispetto a colui che opererà con metodo; quello che però dobbiamo fare quando costruiamo un piano di investimento di lungo periodo è adottare tutte le cautele necessarie per prevenire scenari negativi che non possiamo prevedere.
Siamo di fronte al concetto di risk management. Non è necessario pagare fior di gestori o di esperti matematici per dotare il nostro portafoglio di una saggia politica di risk management, è sufficiente seguire poche semplici regole (come il ribilanciamento) per ottenere eccellenti risultati.
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