By |Categorie: Investimento|Pubblicato il: 16 Aprile, 2015|

Credere alla capacità di creare valore tramite stock picking è pura illusione.

L’autore di questa affermazione piuttosto forte che non troverà certo d’accordo i gestori di fondi non sono io, ma bensì Daniel Kahneman premio Nobel per l’Economia nel 2002 e autore del bel libro Daniel Kahneman – Pensieri lenti e veloci.

Nell’articolo pubblicato per il ROBO-Advisor Wealthfront, lo psicologo israeliano si chiede come mai un compratore e un venditore che hanno le stesse informazioni si ritrovano sul mercato convinti entrambi di fare la scelta migliore?

I compratori pensano che il prezzo è talmente basso che può solo salire, il venditore pensa che il prezzo è troppo alto e può solo scendere, entrambe quindi pensano che il prezzo è sbagliato pur avendo le stesse informazioni a disposizione.Le statistiche pubblicate regolarmente sulla capacità dei fondi di battere il mercato confermano l’assoluta incapacità dei gestori di giustificare lo stock picking come strumento vincente.

Almeno due fondi su tre non riescono infatti a superare il loro benchmark, ma soprattutto i fondi che hanno successo un anno difficilmente riescono ad averlo l’anno successivo confermando la casualità dei risultati.

Kahneman cita un esperimento fatto da lui presso una società di advisory che gli aveva chiesto di determinare un criterio di classificazione per merito e competenza al fine di erogare i bonus di fine anno.

Analizzando i risultati di 25 consulenti finanziari su 8 anni consecutivi, Kahneman cercò di determinare chi fossero i migliori calcolando la correlazione dei risultati ottenuti dai consulenti in ognuno degli 8 anni, In pratica venivano comparati i risultati dell’anno 1 con quelli del 2, quelli del 1 con quelli del 3 e così via fino a quelli dell’anno 7 con quelli del 8 per un totale di 28 correlazioni.

Il risultato finale fu la media delle 28 correlazioni, media che risultò 0.01, praticamente random, casuale, la competenza non c’entrava nulla nella definizione del risultato finale.

Questo ci riporta un po’ all’esempio della scimmia di Malkiel.

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La teoria presentata di Malkiel risale al 1973 e fu illustrata dall’economista dell’universita’ di Princeton Burton Malkiel. Se i mercati finanziari sono cosi’ efficienti che le quotazioni dei titoli riflettono tutti i fattori che lo possono influenzare nel momento in cui questi sono resi noti, allora anche una scimmia bendata che sceglie i titoli lanciando freccette a caso su un lista di azioni dovrebbe dare risultati simili a quelli degli investitori professionisti.

Kahneman cita anche un esperimento realizzato da Terry Odean dell’Università di Berkeley per avallare la sua teoria di irrilevanza dello stock-picking.

Odean analizzò il track record di 10 mila conti di trading di operatori individuali su un periodo di sette anni seguendo cosa era successo alle azioni oggetto di compravendita da parte dei trader.

Il risultato fu pessimo per i traders. In media le azioni vendute facevano meglio rispetto a quelle comprate di circa il 3,3% all’anno a cui si dovevano aggiungere i costi delle operazioni di acquisto e vendita.

Ovviamente è una media e c’erano traders capaci di fare meglio e altri peggio, ma la maggioranza degli investitori individuali confermava come lo stock picking era vincente più nella mente del trader che non nei risultati effettivi. Lo stesso Odean dimostrò poi come i traders più attivi erano quelli che avevano i risultati peggiori, mentre quelli che muovevano meno ottenevano i guadagni più alti.

Sapete come la penso sul trading, buono strumento per divertimento e guadagni nel breve periodo (pure il sottoscritto dedica una piccola fetta del capitale a questa attività), ma assolutamente inadeguato nel medio-lungo periodo dove difficilmente diventa sostenibile come mezzo in grado di battere il mercato.

Capisco che per molti investitori è forte la tentazione di dimostrare di conoscere ed interpretare il mercato meglio degli altri o di credere che altri, professionisti o amici da bar, siano in grado di farli diventare ricchi e di battere i mercati finanziari in ogni situazione.

Purtroppo non è così e la fortuna ha una rilevanza notevole nei risultati futuri.

Forse è molto meglio stare “in corrente” prendendosi i rischi adeguati a obiettivi, orizzonte temporale e profilo di rischio, lasciando che il mercato ci ritorni ciò che è in grado di offrire, niente di più e niente di meno.

Libro consigliato:Daniel Kahneman – Pensieri lenti e veloci

Un commento

  1. Francesco 30 Marzo 2016 at 10:26 - Reply

    D’accordo col senso complessivo del post, mi chiedo il suo parere circa questo celeberrimo articolo

    http://www.grahamanddoddsville.net/wordpress/Files/Gurus/Warren%20Buffett/Superinvestors%20of%20Graham%20and%20Doddsville%20-%20Hermes.pdf

    Saluti!

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