By |Categorie: Investimento|Pubblicato il: 16 Maggio, 2015|

Su questo blog cerchiamo sempre di offrire dei contenuti che speriamo risultino qualitativamente apprezzati dai lettori, dove possibile sempre ben supportati da numeri, casi reali, storia vissuta ovviamente in termini finanziari.
Sapete anche che una delle questioni che più ci divertono è quella di smentire i falsi miti della finanza (e del marketing finanziario) di cui spesso e volentieri media e operatori specializzati tendono ad abusarne a loro vantaggio.
Questa settimana ci soffermiamo sull’inutile spaccarsi la testa circa la preferenza dei titoli value piuttosto che quelli growth e lo faremo grazie al supporto di questo articolo. Vedremo di seguito i ritorni per un investitore che ha deciso di scegliere uno stile di investimento piuttosto che un altro nel corso della storia.
La tabella che riportiamo qui sotto riporta le performances dell’azionario inteso come growth e di quello value per ciascun bear market americano dal 1929 ad oggi. Già potete vedere come mediando i valori il risultato è pressochè lo stesso, ma ogni periodo fa storia a sé ed effettivamente si notano delle differenze tra stili…peccato che siano assolutamente random.

value growth
Nei nove bear market compresi tra il 1929 e il 1970 lo stile growth ha premiato rispetto a quello value in 7 casi e questo avrebbe prevedibilmente portato un investitore veggente a privilegiare il growth nelle decadi successive per mettersi sulla difensiva. Peccato che, dal 1970 al 2002, i sette bear market hanno visto il value vincente sul growth in sei casi pareggiando il settimo. Visto che la memoria è ancora fresca e considerando l’intensità del movimento, ha quasi dell’incredibile il sostanziale pareggio tra i due stili nella discesa del 2007-2009 che dimezzò i valori degli indici.

Già questo ci porta a ritenere assolutamente falsa l’idea che uno stilo value è più difensivo di uno growth (o viceversa). Questa difficoltà nasce anche dalla diversa composizione settoriale che ha caratterizzato gli stili nel corso degli anni. Nel growth degli anni 90 ad esempio non c’era quasi traccia della tecnologia a favore di farmaceutici e beni di consumo, mentre nel 2000 telecom-high tech la facevano da padroni.

Molto interessante il secondo grafico che mostra l’evoluzione del Beta di mercato a 5 anni di ogni stile. Per Beta si intenda la capacità di replicare l’indice da parte di un’azione o in questo caso di uno stile. Valori inferiori ad 1 indicano maggior difensività.

value groth beta
Evidente come lo stile cosiddetto “difensivo”, ovvero quello con Beta inferiore ad 1, ha visto l’alternanza di value e growth con il primo che a metà anni ’30 aveva un Beta superiore a 1.5 mentre nel 2000 era precipitato sotto 0.7.

Se perciò dovessimo basarci su queste valutazioni oggi, a maggio 2015, lo stile growth dovrebbe essere privilegiato come difensivo per chi teme uno scrollone dei mercati azionari ormai da tempo sui massimi storici. Non possiamo però essere sicuri di questo visto il processo di convergenza del Beta Value verso quello Growth.

Soprattutto la storia ci insegna come queste due parole fanno molto la felicità degli uffici marketing o dei filosofi della finanza, ma andando sul concreto scegliere tra l’uno o l’altro stile è assolutamente inutile per l’assenza di stabilità statistica.

Usate il buon senso e non lasciatevi trascinare dalle mode o da desideri di usare discrezionalità nella scelta dello stile di investimento, ma piuttosto continuate ad utilizzare poche ma valide regole di gestione della vostra attività di risparmio.

Fonte: AdvisorPerspective

Leggi anche: Perchè gli investitori non battono mai i mercati

Perchè perdiamo il buon senso quando investiamo?

I migliori consulenti del vostro risparmio

Qualche regola di autodifesa finanziaria

Lascia un Commento