By |Categorie: Investimento|Pubblicato il: 12 Aprile, 2016|

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Abbiamo parlato diverse volte di quanto importante sia per ogni investitore definire fin da subito un piano di investimento basato su aspettative di rendimento realistiche. Come il valore e il tipo di investimenti, anche le aspettative possono cambiare nel corso del tempo. Proprio per questo motivo credo sia un errore grande come una casa far partire un processo di piano di accumulo o investire subito sul mercato i propri risparmi seguendo una certa asset allocation con la convinzione che queste scelte rappresentino il punto finale del processo di investimento.

Al contrario (e a questo servono e serviranno i consulenti finanziari umani) è necessario fare tagliandi regolari all’asset allocation (ribilanciando oppure modificando gli asset sui quali si investe) come alle aspettative di rendimento.

In quest’ultimo caso si possono adottare diverse metodologie. Prendere i dati del passato e proiettarli nel futuro, prendere le valutazioni offerte dal mercato e proiettarle nel futuro o ragionevolmente mediare le due cose (la mia preferita).

Non finisce qui però. Un rendimento atteso è un valore nominale espressione di un portafoglio composito di bond e azioni soggetto ad oscillazioni periodiche.

Ecco allora che è necessario stimare la volatilità dello stesso (qui necessariamente bisogna basarsi sulla storia), ma anche le correlazioni storiche tra le asset class che lo compongono.

Mettendo nel frullatore tutte queste informazioni un buon consulente (con un buon software) è in grado di fare una stima di lungo periodo dei vostri rendimenti futuri. Nulla è scolpito nella pietra e ci sono margini di errore, ma quanto meno saprete in che territorio andrete a giocare senza navigare a vista. Saprete poi anche chi vi troverete di fronte. Promettere rendimenti su un portafoglio bilanciato bond-azioni nell’ordine del 8-10% annuo è un qualcosa di assolutamente irresponsabile con le valutazioni attuali.

Manca però un tassello. Abbiamo finora parlato di rendimenti attesi nominali, ma quando ritirerete il vostro denaro oltre a pagare le tasse sui guadagni conseguiti (ma di questo parleremo un’altra volta) non necessariamente avrete lo stesso potere di acquisto di 20 anni prima. Ecco allora che diventa fondamentale ottenere una stima di rendimento reale, quindi depurata dall’inflazione. Un altro esercizio utile è stimare un tasso di inflazione atteso nel momento in cui si comincia ad investire. Vi spiego quello che faccio io.

La Banca Centrale Europea ha un target di inflazione del 2% annuo nel medio periodo, ma è innegabile che lo sforzo enorme che sta facendo Draghi per riportare questo indicatore verso l’alto non sta producendo i risultati attesi. Pensare quindi ad un tasso di inflazione a 10 anni medio del 2% in Europa è al momento irrealistico.

Per questo motivo ritengono doveroso, quando creo un piano di investimento, basarmi sulle attese del mercato, nello specifico nella differenza tra i rendimenti nominali dei titoli di stato a 10 anni e i titoli inflation linked. Prendendo una media a 24 mesi di questo valore posso avere a disposizione un buon indicatore di riferimento sul quale progettare gli investimenti.

Essendo italiano e vivendo in terra italica i tassi saranno quelli sui Btp (anche per compensare una remota ipotesi di uscita dalla zona Euro). La media degli ultimi due anni è pari a 1,10% e questo è il numero che prendo come riferimento per rendere reali (e quindi depurare dall’inflazione) rendimenti nominali stimati degli investimenti.

Ora il vostro piano è completo. Con un buon consulente potrete così navigare con una certa dose di tranquillità  nel difficile mare degli investimenti. Buon investimento.

2 Commenti

  1. Alessio Lessi 6 Febbraio 2020 at 20:52 - Reply

    Perché non prendere semplicemente in esame i dati Istat per l’inflazione?

  2. lorenzo savoldelli 24 Settembre 2019 at 09:58 - Reply

    Ciao!! Dove posso trovare la differenza tra i rendimenti nominali dei titoli di stato a 10 anni e i titoli inflation linked. Su investing.com trovo solo le varie differenze tra tutte le scadenze spalmate fino a 30 anni, ma non quelle degli inflation linked.

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