By |Categorie: Investimento|Pubblicato il: 25 Luglio, 2016|

illuIl fenomeno dell’illusione monetaria trova molto spazio nei dibattiti economici quando i tassi di interesse sono elevati (ma l’inflazione lo è di più erodendo così potere d’acquisto), mentre non se ne parla affatto in un mondo di tassi bassissimi o addirittura negativi.

Il perché succede ciò è spiegato in tanti esperimenti fatti negli anni da studiosi della materia. Uno di questi chiedeva alle persone se erano più felici:

  • di un aumento di stipendio del 2% con inflazione a zero
  • di un aumento di stipendio del 5% con inflazione al 4%

In termini reali la prima ipotesi è vantaggiosa, permettendo al lavoratore di aumentare il suo potere d’acquisto del 2% rispetto al caso n.2 in cui il miglioramento è pari alla metà.

Tuttavia nell’esperimento i due terzi degli intervistati scelsero il caso numero 2 preferendo un aumento nominale più consistente. Il motivo è la maggiore sensazione di ricompensa che appaga la nostra mente. Più è grande il numero nominale, più puntiamo su questa soluzione. E’ lo stesso motivo per cui ancora oggi tanti investitori comprano obbligazioni a cedole elevate pagando prezzi astronomici fin da subito ed anticipando un importo consistente di tasse su interessi fin da subito.

E’ il più classico fenomeno dell’illusione monetaria citato negli anni ’20 da Irving Fisher nel suo libro.

Altra domanda tipica con risposta altrettanto tipica è questa.

Preferisci ricevere un incremento di stipendio del 2% oggi con l’inflazione al 4% o un taglio di stipendio del 2% a fronte di un’inflazione inesistente. Le risposte convergono in entrambi i casi verso l’incremento dello stipendio. Peccato che il risultato finale per entrambi sia identico. In termini reali, sia la prima che la seconda soluzione portano lo stipendio reale a quota 98. Oltretutto nel primo caso c’è una maggiore tassazione rispetto al secondo.

Illusione monetaria che oggi fa sentire smarriti molti risparmiatori i quali lamentano tassi di interesse inesistenti sui propri investimenti obbligazionari. In realtà chi ha comprato un BTP a 10 anni a marzo 2015 con un rendimento del 1,20% ha visto accrescere dopo un anno il proprio rendimento in termini reali al 1,40%, frutto di una deflazione dello 0,2% su base annua in Italia. Incremento di rendimento senza tassazione, vorrei ricordarlo.

Ovviamente non sto dicendo che comprare obbligazioni adesso è l’affare della vita, ma ricordo che da febbraio a oggi il nostro paese è in deflazione e questo aumenta inevitabilmente il rendimento reale di ogni nostro investimento. Oltre a questo ricordo anche una cosa banale, a chi teme un rialzo improvviso dei tassi. Portare un’obbligazione a scadenza non  genera perdite in termini nominali (salvo default dell’emittente). Ma non solo; comprando bassi rendimenti oggi non significa tenerseli fino a scadenza. Reinvestendo ogni anno le cedole incassate nella stessa obbligazione potrete partecipare al rialzo dei rendimenti futuro in modo positivo reinvestendo a tassi più alti.

Quando andrete quindi a guardare con tristezza l’1% di cedole incassato su 100 mila Euro investiti, ricordatevi sempre che il suo valore nell’ultimo anno è aumentato di un ulteriore 0,6% (ultimo dato di inflazione, o meglio deflazione italiano). D’altro canto ricordate che quei 1000 Euro li potrete reinvestire, nel caso di rialzo dei tassi, su un titolo dai rendimenti più elevati, accrescendo così il vostro potenziale di reddito futuro.

La realtà attuale è complessa, le previsioni difficili, ma certi concetti rimangono validi ora come fra 100 anni.

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