By |Categorie: Investimento|Pubblicato il: 6 Maggio, 2019|

In questi ultimi mesi ho avuto un pò più di tempo a disposizione per navigare nella “rete” italiana dedicata a quello che è il tema principale del nostro blog, finanza personale ed investimenti.

Incuriosito da qualche amico che mi sollecitava a prendere spunto da alcuni blogger rampanti (o meglio Youtuber) ha cercato di vedere quale tipo di offerta esiste oggi in Italia.

Al netto dei soliti fenomeni modaioli (vedi criptovalute, trading online, diventare ricchi in poche mosse) o di coloro che scrivono per commissione con lo scopo di sbarcare il lunario, mi sono trovato di fronte ad un panorama piuttosto arido anche se non manca qualche eccellenza.

Naturalmente il vostro autore non ha nessun diritto di mettersi su un piedistallo e giudicare (anche perchè il nostro stesso blog viene giudicato ogni giorno dai lettori). Quello che però ho visto non mi stupisce affatto vista la richiesta (scarsa) di educazione finanziaria da parte del pubblico italiano. Di conseguenza la finanza personale “tira” poco.

Anche sui numeri che vengono promessi e raccontati ci sarebbe tanto da dire e da fare. Proviamo a vedere se questo post riuscirà a correggere un pò il tiro ad esempio raccontando ai lettori qual’è stato il rendimento dell’azionario mondiale a cambio aperto degli ultimi 30 anni.

In rete troviamo immancabilmente chi prevede il crash delle borse rendendo necessari immediatamente investimenti alternativi, oppure chi parla di piani di investimento ed obiettivi di lungo periodo raggiungibili con investimenti azionari che viaggerebbero al ritmo annuale di rendimento del 8%-10% all’anno.

Spesso e volentieri vengono poi citati grandi investitori americani e libri che snocciolano come investire sui mercati finanziari con successo. Ma è tutto oro quello che luccica?

Piggy Bank, Money, Finance, Banking

In questi miei giri virtuali mi sono reso conto che più lo Youtuber ha traffico ed è bravo a “bucare” lo schermo (come si diceva una volta), più il messaggio è convincente nonostante le informazioni non risultino essere le più corrette.

Fake news (o minchiate se traduciamo le due parole all’italiana) difficilmente scovabili da un pubblico assetato di ricette magiche da mettere in pratica il prima possibile non sono così infrequenti.

Al sottoscritto non piacciono i voli pindarici, questo lo sapete bene.

Associo certe promesse di consulenza a delle immagini di portate succulente che troviamo nei menù dei ristoranti, ma che poi si traducono nella realtà in qualcosa di decisamente più deludente.

Se vi dico ad esempio che l’azionario mondiale convertito in valuta locale negli ultimi 40 anni ha reso il 9% annuo  vi faccio sognare ma, pur fornendo una notizia vera, trascuro qualche particolare importante.

Questo 9% è al lordo di un’inflazione che ha assunto un valore medio in Italia negli ultimi 40 anni del 5%. Allo stesso tempo trascuro di dirvi che questo valore è al lordo delle tasse, ma anche al lordo dei costi degli strumenti che avete utilizzato per investire. E siccome 40 anni fa investire nell’azionario mondiale era difficile e terribilmente costoso capite subito che attualizzare questo rendimento con i costi attuali di un ETF rappresenta un esercizio abbastanza inutile.

Cambia la prospettiva vero? Questo spiega il motivo per cui in questo blog cerchiamo sempre di rimanere prudenti nel fare simulazioni di rendimenti potenziali di un portafoglio azionario (ma anche obbligazionario).

Question Mark, Important, Sign, Problem

A noi interessa progettare investimenti su ciò che realmente possiamo riportare a casa da un investimento finanziario basandoci sui dati del passato e sulle prospettive future che possiamo ragionevolmente stimare in base alle attuali valutazioni di mercato. Il tutto con un occhio attento agli inevitabili rischi.

Così facendo perdiamo sicuramente click di persone desiderose di sognare e leggere ciò che vorebbero sentirsi dire. Preferiamo (o meglio cerchiamo) invece di essere seri e responsabili.

Per investire con buon senso questi sono due fattori essenziali.

Un grande problema del mondo degli investimenti è la difficoltà di trovare strumenti con una storia talmente lunga da poter fare valutazioni reali di quello che è stato nella realtà. Normale che sia così.

Chi vende prodotti di investimento non ha nessun interesse a tenere in piedi per decadi un veicolo destinato ad essere perdente nel lungo periodo rispetto ad un benchmark. Si cambia nome o si fa confluire in un altro prodotto oppure si cambia politica di gestione, queste sono le strategie solitamente adottate dalle case di investimento quando ci si rende conto di avere in mano una ciofeca.

Per chi ha voglia di capire cosa intendo con tutto ciò consiglio la lettura del libro del compianto John C. Bogle – The Clash of the Cultures: Investment vs. Speculation

Cancellando le tracce del passato si evitano i giudizi negativi di chi potrebbe chiedere conto del proprio investimento.

Gli stessi ETF sono un fenomeno recente che non ci permette di fare valutazioni storiche adeguate. I fondi indice di Vanguard in Italia non sono al momento venduti ed anche questo canale di valutazione per comprendere l’esito di un investimento al netto dell’effetto cambio ci è precluso.

Quindi come facciamo a scoprire la verità? Esistono sempre gli indici di mercato e, pur con l’accorgimento di considerare tutto al lordo (di inflazione, commissioni e tasse), possono essere utili a fare considerazioni storiche che in pochi fanno (e non solo in Italia).

Orme, Beach, Sabbia, Mare, Ocean

Abbiamo perciò preso uno degli ETF più capitalizzati a Milano che investe in azionario mondiale a cambio aperto, carpito il benchmark, scaricata la serie storica (che parte dal 1969) e fatte tutte le considerazioni del caso.

In un prossimo post cercheremo di fare considerazioni più “pratiche” con una simulazione di cosa avrebbe generato un Piano di Accumulo sull’azionario mondiale negli ultimi 30 anni.

Oggi vogliamo invece commentare quattro grafici che ci mostrano il rendimento annuo composto rolling a 5, 10, 20 e 30 anni dell’azionario mondiale a cambio aperto dal 1970 al 2018. In pratica cosa avremmo guadagnato dopo 5, 10, 20 e 30 anni per ogni giorno a partire dall’inizio del 1970.

Un investimento azionario a distanza di 5 anni non è stato esente da perdite che però storicamente non sono mai andate oltre il 5% annuo. E dire che di bear market ne abbiamo visti.

Sull’orizzonte 10 anni solo chi ha riscattato i propri soldi nel 2009-2010 si è ritrovato con un perdita che ha toccato il punto peggiore con un calo del 2,5% annuo. Certo un -25% complessivo fa male dopo 10 anni di investimento e per questo bisogna essere onesti.

La storia dice che può accadere.

A distanza di 20 anni a livello nominale nessuno ha mai perso soldi in borsa dal 1970 ad oggi con il punto più basso toccato nel 2009 a 3,7% annuo di rendimento. Attenzione perché proprio a dicembre 2018 è stato toccato il punto più basso di rendimento dal 2009, +4,4% annuo. Non abbiamo vissuto un ventennio certamente generoso.

Fonte Bull&Bear- Msci Index

Infine sul rendimento a 30 anni proprio a dicembre del 2018 abbiamo toccato il punto più basso della profittabilità di un investimento azionario dal 1970 ad oggi, il 5,9% annuo.

Avete sentito o letto di qualcuno che ha citato questo dato? Io no ed il motivo è facilmente comprensibile. Nessun marketing sano di mente pubblicherebbe un annuncio  di questo tipo.

Affidateci i vostri soldi e guadagnerete il 6% ogni anno da oggi fino al 2049!

I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri. Al rendimento ipotizzato dovete sottrarre costi di gestione (2%), commissioni di performance (20%), tassazione (26% su utile), imposta di bollo (0,2%), inflazione (2%)…

Questi sono i numeri nudi e crudi ed ognuno può fare le sue considerazioni.

Stiamo vivendo uno dei momenti storici a più basso ritorno reddituale da investimento azionario. Questo è però il passato.

Non abbiamo la sfera di cristallo per prevedere il futuro, ma l’andamento dei tassi di interesse a lunga scadenza non sembra lasciare pensare ad un’inversione di tendenza a breve in questa dinamica.

Ogni crash di mercato sarà ben accolto da chi ha davanti un orizzonte temporale adeguato (15-20 anni almeno).

Chi ha davanti pochi anni dovrà invece opportunamente fare valutazioni di rischio opportunità.

Soluzioni solo ed esclusivamente personali basate sui soliti obiettivi e sul solito orizzonte temporale.

Meglio quindi impostare piani di investimento realistici con prudenza e buon senso.

Evitiamo soprattutto di illuderci con numeri tirati fuori dal cilindro della storia, numeri che poi nella realtà potrebbero non trovare nessun riscontro.

6 Commenti

  1. Anonimo 8 Dicembre 2021 at 21:50 - Reply

    Non è invecchiato bene questo articolo

  2. Erreffe 9 Maggio 2019 at 12:49 - Reply

    Sul piedistallo vi ci mettiamo noi lettori, in particolare il vostro piu cronologicamente vecchio e affezionato lettore 😉

  3. nic 8 Maggio 2019 at 16:50 - Reply

    Grazie per avermi risposto, quindi voi preferireste un global aggregate a un gobal aaa? pensavo anche alla versione europea, per evitare volatilità del cambio aperto o i costi per la copertura, ma c’è troppa italia e pure francia, per farci stare tranquilli, non siete d’accordo? agli high yield e agli emergenti non mi ci avvicino, al limite aumento esposizione azionaria.

  4. nic 7 Maggio 2019 at 16:16 - Reply

    Salve, mi piacerebbe farvi qualche domanda:
    vedo che per quanto riguarda i bond, tutti i siti specializzati fanno riferimento al barclays global aggregate index, ma non sarebbe più opportuno un high quality? E’ vero che in tempi di vacche magre a livello di rendimenti, col corporate (l’indice aggregate dovrebbe contenerne un 25% se non sbaglio) si spunta qualcosa, ma l’asset class in questione non serve per bilanciare l’azionario, in fase di flight to quality, un pò come fa l’oro, ma senza l’assurda volatilità che storicamente contraddistingue il metallo prezioso? Grazie e complimenti, siete bravissimi

  5. Marco Canni 6 Maggio 2019 at 10:17 - Reply

    Sicuramente gli spunti sono interessati ma trovo anche questo articolo particolarmente fuorviante.
    Dovresti puntualizzare meglio che numerosi degli oneri figurativi che giustamente tu consideri, in realtà colpiscono tutti gli investimenti. Sto parlando di:
    – inflazione (l’aumento del costo del pane colpisce l’azionista ma anche l’obbligazionista);
    – costi di transazione (anche le obbligazioni le devi comprare);
    – tassazione (salvo i titoli di stato la cui aliquota è ridotta, redditi da capitale di obbligazioni corporate sono comunque soggetti al 26%; stesso discorso per l’imposta di bollo sul dossier).

    Con questo non voglio dire che i titoli “guadagni il 7% annuo in 20 anni di azionario” siano pienamente corretti però analizzando comparativamente due investimenti, ad esempio ETF azionario e ETF obbligazionario, occorre considerare solo i valori differenziali.
    E sul lungo termine l’azionario ha battuto l’obbligazionario.
    Se poi dici che il rendimento reale netto dell’investimento azionario è inferiore a quanto viene sbandierato, su questo sono d’accordo.

  6. Stefano 6 Maggio 2019 at 10:03 - Reply

    Bell’articolo.
    A fronte della consapevolezza di un adeguamento dei redimenti annui verso un 6% non risulta avere ancor più senso investire non attraverso un PAC mensile/annuale, ma bensì attraverso qualche indicatore di fine ciclo economico??
    Questo permetterebbe di iniettare denaro cercando di individuare i momenti migliori, alzando quindi il rendimento annuo medio.
    Perchè non fare un post didattico su questi indicatori?
    Grazie

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