By |Categorie: Investimento|Pubblicato il: 26 Luglio, 2021|

Il Credit Suisse Global Investment Returns Yearbook è un rapporto che annualmente viene pubblicato dagli autori Dimson, Marsh e Staunton con contenuti statistici molto utili per investitori e pianificatori di percorsi finanziari.

Tutti i mercati finanziari sono concentrati in questo documento che racchiude oltre 100 anni di storia offrendo la giusta misura di cosa si intende per rendimenti storici delle principali asset class.

L’aspetto che personalmente apprezzo di più è il modo di presentare questi numeri di performance storica. Ovvero in termini reali, al netto dell’effetto quasi sempre negativo dell’inflazione (positivo quando abbiamo deflazione come nel 2020).

Consiglio a tutti una lettura del documento (anche di quelli relativi agli anni passati se avete tempo, voglia e conoscenza dell’inglese) perché spesso si trovano dei focus su temi molto interessanti. Qui trovate il link all’ultimo rapporto

Ma perché vi dicevo che apprezzo molto il fatto che i rendimenti vengono espressi in termini reali? Perché, come tante volte ho scritto su questo blog, incassare un interesse del 15% con un tasso di inflazione al 17% equivale ad una redditività reale dell’investimento del -2%. Incasso una cedola di 15 su un capitale di 100 e metto assieme 115. Peccato che il capitale di 100 a causa di un’inflazione del 17% ha perso potere d’acquisto e non mi posso più permettere di acquistare ciò che oggi costa 100, bensì solo 83. Ehi ma abbiamo una cedola di 15? Appunto 83+15 = 98 e quindi il risultato finale del mio investimento è -2.

Il fenomeno dell’illusione monetaria fa molta presa sugli investitori al dettaglio, ingolositi dai ricchi rendimenti. Un po’ meno sugli istituzionali che tendono ad evitare investimenti ad esempio in valute straniere con rendimenti reali negativi. Questo fenomeno spiega anche il perché molti paesi emergenti con alti tassi di inflazione sono perdenti come tipologia di investimento in ambito obbligazionario in valuta locale.

Ma torniamo al nostro rapporto di Credit Suisse. Vi dicevo che avere a disposizione dei rendimenti reali permette anche di avere a disposizione delle metriche spendibili in fase di pianificazione finanziaria. Esistono periodi storici con tassi reali ampiamente positivi in cui la remunerazione è generosa. Altri con rendimenti negativi come quelli attuali. In questo caso l’oro gode, i bond holders un po’ meno.

Osservando i rendimenti reali possiamo però parificare periodi ad alti tassi nominali con periodi a bassi tassi nominali. Quello che conta è il risultato reale. Quanto potere d’acquisto abbiamo guadagnato (o perso).

Il mondo che troviamo oggi dal punto di vista finanziario ci sta preparando probabilmente ad un periodo di bassi rendimenti, azionari come obbligazionari.

Le banche centrali tengono i tassi di interesse molto bassi lasciando correre un po’ l’inflazione. I rendimenti che andiamo a comprare oggi sulle obbligazioni ci danno un’idea abbastanza precisa di quello che dobbiamo aspettarci da questo genere di investimento.

Per il mercato azionario la questione si fa più complicata e soprattutto volatile nel risultato. Abbiamo però qualche utile strumento che può affinare le nostre previsioni.

Nel grafico riportato qui sotto i ricercatori hanno verificato i rendimenti reali dell’asset class azionaria e obbligazionaria dal 1900 al 2020. A questo punto si sono chiesti, che relazione c’è tra tassi di interesse reali e rendimenti reali delle azioni? Preso il dato di tasso reale di partenza si è cercato di capire a distanza di 5 anni qual è stato l’andamento delle due asset class, bond e equity. Escludendo l’iperinflazione tedesca, sono state estrapolate 2445 osservazioni di periodi di 5 anni. Ordinati i vari dati per paese si sono ottenute diverse casistiche di tassi reali di partenza. Le barre rappresentano i rendimenti reali nei 5 anni successi per azioni e obbligazioni.

Quindi nella prima barra, quella del 5% di casi peggiori in termini di tassi reali, a -11% di remunerazione reale mediamente è stato associato un calo dell’azionario del 5,6% e dell’obbligazionario del 11,5%.

Il caso che prevedibilmente ci coinvolgerà nei prossimi anni potrebbe essere quello successivo e quello ancora dopo. Ovvero tassi reali compresi tra -2% e zero.  Questo range, assieme al peggiore visto prima, comprende il 35% delle rilevazioni fatte. Quindi non certo un’eccezione storica ed ecco perché possiamo avere qualche dato utile a fare pianificazioni realistiche.

Poco da dire sull’obbligazionario che potrà in futuro proteggere il capitale in termini nominali, ma molto difficilmente lo farà in termini reali. Sull’azionario dipende. Ai tassi reali attuali i prossimi 5 anni mediamente dovrebbero fornire rendimenti compresi tra 1,7% e 4,7% per anno. Fatto salvo un peggioramento dei tassi reali che in quel caso produrrebbe, probabilmente per effetto di un’inflazione troppo elevata, remunerazioni negative su tutta la linea.

Mi paiono numeri assolutamente ragionevoli quelli per l’azionario, naturalmente al lordo di una volatilità che può fare oscillare la bilancia anche in modo importante. Quello che però emerge è chiaro. In un ambiante di tassi reali negativi o bassi l’azionario fa decisamente meglio dell’obbligazionario. Il rapporto tra ciò che offrono le azioni ogni anno e le obbligazioni arriva anche a 5 a 1 per poi scendere a 2 a 1 o ancora meno man mano che i tassi reali diventano positivi.

Tutto questo per dire cosa. Per dire che coloro che sono nell’ultima decade prima della pensione difficilmente vedranno esplodere il proprio capitale per effetto di rendimenti stellari di borsa. La cosiddetta Generazione X non potrà perciò permettersi di cullare sogni di gloria e pianificazioni di ritiro anticipato dal mondo del lavoro basandosi sui numeri accumulati dal 1970 a oggi. Un’allocation 70% azioni 30% obbligazioni ha infatti ritornato in questo arco temporale il 5,9% all’anno.

Le nuove generazioni Z, vivranno una prima fase di accumulazione che difficilmente andrà oltre il 2/3% di rendimento reale per un portafoglio comunque aggressivo. Questo secondo le tesi gli accademici autori del rapporto. Siamo a circa un terzo del rendimento portato a casa dalle generazioni precedenti. Pur non avendo l’autorevolezza degli autori del rapporto, sbaglierò sicuramente ma mi permetto di dissentire.

La Generazione Z accumulerà ricchezza nei prossimi anni e quindi è assolutamente sbagliato fare previsioni di lungo periodo sulle valutazioni di oggi. E se nel 2021 la borsa dovesse crollare del 50% la Generazione Z avrebbe aspettative di rendimento molto più alte di quelle viste nel grafico. E il capitale futuro decisamente più consistente di quello di oggi ringrazierebbe.

Se le borse dei prossimi anni fossero caratterizzate da forte volatilità la liquidità a rendimento negativo sarebbe un pozzo d’acqua potabile dal quale attingere copiosamente per comprare azioni a sconto alzando così il potenziale di rendimento futuro. Insomma la sequenza dei rendimenti potrebbe sconvolgere questa previsione infausta che oggi presentiamo agli investitori più giovani.

Ma soprattutto questo non è un problema per loro. Da giovani quello che conta è accumulare il più possibile poiché l’effetto benefico della capitalizzazione composta arriva quando il capitale è come detto sopra più gonfio. Meglio fare 5% all’anno quando si hanno 500 mila euro che quando se ne hanno 5 mila, questo credo sia evidente a tutti.

Naturalmente quelle appena viste sono proiezioni che possono essere sconvolte da eventi straordinari o da irrazionalità dei mercati. Come scriviamo sempre, prevedere i rendimenti futuri dei mercati finanziari è impossibile.

Però cominciare a pianificare rendimenti reali nei prossimi 5-10 anni nell’ordine prudenziale del 2%/3% per portafogli bilanciati può aver senso, sempre avendo in testa che in un orizzonte di medio termine come questo nulla è garantito.

Buon investimento.

4 Commenti

  1. MisterK 21 Agosto 2021 at 08:39 - Reply

    Prendiamo un PTF 50/50. Ora con le previsioni sopra, il rendimento reale atteso è 1.25%. Togliamo: 0,25% di fee Etf, il gentile 0,2% di Matteo Renzi, un po’ di spread bid-ask spalmato su 10 anni, le commissioni di buy-sell, la copertura rischio cambio su bond no-€. Ci mettiamo le tasse (su 1,25% + 1,4% inflazione, ho preso la breakeven a 10 anni). Sai cosa rimane? siamo sotto zero. significa che il mio miglior investimento è il mio mutuo a tasso fisso 1%, che mi rende reale lo 0,4%. Forse come direbbe Bukowskij, meglio spendere i soldi in vino e donne. Scusate la battuta, non è maschilismo e rispetto gli astemi. Solo una riflessione amara e una maledizione alle banche centrali.

    • MisterK 23 Agosto 2021 at 08:42 - Reply

      Grazie. Ipotizziamo che sia giusta la tua previsione di 1%-2%. Questo significa che la PWR vale questo. Infatti posso prendermi ogni anno solo il rendimento reale, altrimenti il capitale diminuisce in termini reali. Voglio dire, se già mi prendo solo i dividendi di un Lifestrategy (40 o 60) il capitale non regge l’inflazione. Tempi duri, eh?
      Cordialmente.

  2. dalmas 26 Luglio 2021 at 23:42 - Reply

    Ora si funziona

  3. Marco Dal Maschio 26 Luglio 2021 at 22:15 - Reply

    Il link in articolo NON sembra essere valido

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