By |Categorie: Risparmio|Pubblicato il: 6 Marzo, 2023|

Quanto incide sul bilancio delle famiglie italiane un figlio? A questa domanda ha cercato di dare una risposta nel 2022 Banca d’Italia all’interno della consueta Relazione Annuale.

Tra poco commenterò i risultati di questo interessante studio, ma l’ articolo di oggi ha lo scopo di sottolineare ancora una volta quanto è importante pianificare le spese familiari per non farsi trovare impreparati nel momento della verità. In questo caso il lungo periodo di convivenza con i figli.

Si parte sempre dal bilancio familiare

Senza un rendiconto costi-ricavi è certamente più complicato riuscire a definire i contorni precisi di un piano finanziario di investimento che già dalla sua sua creazione deve scontare l’incertezza legata a tante “cose” della vita che potrebbero cambiare.

Stabilire degli obiettivi finanziari senza avere un’idea di massima del bilancio familiare rischia di essere un esercizio fine a sé stesso.

In assenza di una bussola, imprecisa quanto vogliamo (ma  quanto meno che ci indica dove sta il Polo Nord), potremmo risparmiare in modo quasi maniacale senza goderci la vita e solo perché “temiamo” di andare in pensione con pochi soldi. Siccome il risparmio è tempo sottratto al presente per regalarlo al futuro, meglio fare due calcoli un pò più precisi.

Privi di un rendiconto, non potremo creare nemmeno un budget di spesa familiare. La diretta conseguenza sarà il rischio di spendere di più di quello che è nelle nostre possibilità non avendo un metro di misura del nostro reale tenore di vita.

Pianificare le spese familiari permette di fissare un adeguato tasso di risparmio annuo e quindi, di pianificare nel modo più corretto l’investimento ( e il suo livello di rischio) necessario per avere una elevata probabilità di raggiungere un obiettivo.

Se proprio non ce la facciamo a fare i contabili

Se siamo veramente troppo pigri per tenere nota delle spese familiari, possiamo aggirare il problema ragionando secondo quello che gli americani chiamano ““reverse budgeting”.

In pratica diamo primaria importanza al risparmio lasciando alle spese tutto quello che avanza.

Definita la quantità di denaro da risparmiare ogni mese o anno, tutto il resto è spendibile.

I pregi e i difetti di questo modo di contabilizzare il livello di spesa “standard” sono diversi.

Tra i pro sicuramente il comprimere all’essenziale i consumi se il tasso di risparmio è particolarmente ambizioso. Altro vantaggio è quello di adeguare il risparmio sulla base degli obiettivi magari già raggiunti (oppure che sono entrati nella lista dei desideri).

Tra i contro la necessità di essere molto analitici nella definizione degli obiettivi finanziabili con il risparmio, una certa confidenza nella stabilità dei flussi futuri in ingresso e un rigore, un automatismo non sempre praticato (e praticabile) di fronte a eventi  che ci piace definire “eccezionali” per avere la scusa per estrarre un pò di risparmio con lo scopo di finanziare qualche spesa estemporanea.

La ricerca di Banca d’Italia sul costo mensile di un figlio

Quando abbiamo un’età tra i 30 e i 60 anni sicuramente la spesa per i figli, pur con aggregati molto diversi a seconda dell’età degli stessi, è una componente determinante del bilancio familiare.

Secondo Banca d’Italia un quarto della spesa media di una famiglia mediamente se ne va in consumi dedicati ai figli.

Quantificando questo numero siamo nell’ordine dei 640 euro al mese, ovvero circa 7.700 euro in un anno per una famiglia di due persone con uno o più figli.

Essendo questo un valore medio (quindi ognuno di noi dovrà contestualizzarlo nella propria realtà personale) ed essendo il tasso di natalità in Italia modesto, è banale dire che questo numero tenderà ad essere più alto per chi di figli ne ha più di due.

Come precisa Banca d’Italia nella sua analisi, questa spesa include l’acquisto di beni e servizi esclusivamente dedicati ai figli (come alimenti specifici per neonati o rette universitarie) ai quali sono state aggiunte una quota parte di spese familiari comuni alla famiglia come cibo, trasporti, casa…

Ad esempio per quello che riguarda la voce immobili, più numerosi saranno i figli più esigenze di spazio si renderanno necessarie in termini di numero di camere, arredamento, consumi energetici e altro ancora. Il 60% delle spesa complessiva assolve comunque bisogni considerati primari.

Le medie sono numeri che hanno il dono di semplificare, ma rischiano anche di creare fraintendimenti, illusioni e depressioni quando il sentiero reale prende forma.

La distorsione geografica, ad esempio, in Italia è notevole. Secondo l’indagine, al nord il costo dei figli per una famiglia supera gli 800 euro al mese; al sud siamo più vicini ai 500 euro.

Minore spesa dedicata al tempo libero, all’istruzione, ma anche prezzi immobiliari diversi incidono su questa presunta austerità della popolazione meridionale del paese.

Ogni famiglia potrà identificarsi o meno in questo valore medio fornito da Banca d’Italia. Un numero che può essere un punto di partenza per integrare il budget familiare e soprattutto disegnare un piano finanziario sostenibile.

Se abbiamo già dei figli possiamo tentare di verificare se siamo sopra o sotto media. Se non abbiamo una contabilità familiare delle spese questo numero è un indicatore più attendibile delle sensazioni. Diverse evidenze empiriche dimostrano infatti che le persone tendono a sottostimare le proprie spese in assenza di dati certificati.

Il costo sostenuto da ogni famiglia per crescere i figli è importante anche in ottica previdenziale/ritiro anticipato dal mondo del lavoro.

Nel momento in cui i figli diventeranno autonomi, questa fetta di spesa (assieme ad altre come, probabilmente, la rata del mutuo) uscirà dal budget oppure verrà ridimensionata.

In Italia, purtroppo, per l’uscita dei figli dal focolare domestico c’è da aspettare un pò.

L’errore di pianificare sul gap previdenziale

In Italia, secondo i dati Eurostat, nel 2020 la percentuale di giovani italiani che aveva dichiarato di vivere ancora in famiglia nell’età compresa tra 18 e 34 anni era del 66%, il livello più alto d’Europa dopo Grecia, Croazia e Slovacchia. I maschi rimangono i più attaccati alle abitudini domestiche con oltre il 71% che vive sotto lo stesso tetto di mamma e papà, mentre le femmine sono posizionate poco sotto il 61%.

Tenuto conto di questa e altre considerazioni (in pensione pagheremo meno tasse, ma aumenteranno le spese mediche tanto per fare un paio di esempi), uno degli errori che, secondo il sottoscritto commettono molti pianificatori, è quello di insistere sul famoso gap previdenziale.

Per gap previdenziale si intende la quantità di denaro che bisognerà accumulare prima della pensione per colmare la differenza nei redditi percepiti rispetto all’ultimo stipendio da lavoratore attivo.

Problemi prevalentemente di chi oggi ha un sistema previdenziale basato sul regime contributivo e che rischia di ritrovarsi con gap anche del 50%-60% nei casi più estremi; problema non certo di chi è andato o andrà in pensione con il vecchio sistema retributivo la cui pensione è parametrata proprio all’ultima busta paga.

Manca però un pezzo a questa analisi del gap previdenziale.

Rispetto al livello di spesa sostenuto durante la vita lavorativa di quanto saranno più basse le uscite dal giorno successivo alla pensione?

Potremmo scoprire con piacere che i risparmi accumulati nel corso della nostra vita, sommati a quel vitalizio che si chiama pensione pubblica, saranno sufficienti per  mantenere un tenore di vita adeguato fino all’ultimo dei nostri giorni.

Analisi che devono ovviamente essere condotte in modo dettagliato, sintetizzate e integrate in quel documento “vivo” che prende il nome di piano di investimento e dentro al quale convergono i numerosi obiettivi finanziari.

Da soli, o con la collaborazione di un professionista della pianificazione finanziaria, è necessario calibrare nel modo migliore possibile il tasso di risparmio attuale per comprendere come e quanto investire per il futuro.

Come sfruttare a nostro vantaggio l’assegno unico e universale

A onor del vero il dato della spesa media sostenuta per mantenere i figli andrebbe depurato dal sussidio alle famiglie che lo Stato italiano fornisce ogni mese con l’assegno unico universale. Come sfruttare a proprio vantaggio questo assegno familiare è stato l’argomento di questo articolo.

Dal 2021 questo strumento di welfare eroga tra i 50 e i 175 euro per figlio fino a 21 anni (con importi più elevati in situazioni particolari) riducendo così l’impatto sul costo del futuro erede in famiglia.

Anche in questo caso, indagando più a fondo, potremmo scoprire che se il nostro tasso di risparmio è già importante, grazie a questo assegno potremo avviare forme di investimento dedicate specificatamente ai figli senza incidere sul bilancio.

Come ho spiegato nel mio libro “Come investire il mio primo euro” espressamente dedicato al tema figli e investimenti, è possibile costruire progetti finanziari interessanti con strumenti efficienti e poco costosi, il tutto anche con importi modesti purché ricorrenti.

In alcuni casi possiamo ottenere dei risparmi fiscali che liberano ulteriore denaro che a sua volta verrà riversato dallo Stato sui nostri conti correnti rendendolo disponibili per nuovi investimenti.

Ad esempio, attraverso un versamento automatico su un fondo pensione intestato al proprio figlio (magari una settimana dopo l’accredito sul conto corrente dell’assegno unico per avere un impatto neutrale sul conto corrente), l’anno successivo si pagheranno meno tasse grazie alla completa deduzione fiscale dei versamenti al fondo fino alla soglia dei 5.164 euro.

Una bella volata che ogni genitore potrebbe tirare per un figlio impiegando sui mercati finanziari un assegno che lo Stato eroga ogni mese a nostro favore a interesse passivo pari a zero. Assegno che potremo reinvestire a rendimenti potenzialmente anche del 8-10% (rendimenti storici dei mercati azionari) per un periodo prolungato di tempo.

Un figlio rappresenta certamente una voce di spesa importante per un bilancio familiare.

Abbiamo definito su base statistica quanto vale questa spesa.

Una spesa che in parte viene ammortizzata dallo Stato italiano con l’assegno unico e che per il resto rimane in carico alle decisioni delle singole famiglie di comprimere costi non essenziali.

Riuscire a inserire questo tassello nel budget familiare è uno dei passaggi necessari e fondamentali per raggiungere gli obiettivi più o meno ambiziosi che ci siamo dati. Ma anche per spendere soldi in modo più oculato e orientato al futuro.

Buon investimento.

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