By |Categorie: Investimento|Pubblicato il: 11 Aprile, 2015|

Nel post di oggi vorrei condividere con voi un’attività ricorrente che faccio ogni tre mesi e che reputo assolutamente di buon senso oltre che utile per estraniarmi dal rumore di giornali e blog specializzati di finanza.
Ogni trimestre prendo il mio database di indici Msci e ne valuto l’andamento storico. In particolare mi disinteresso della volatilità e mi concentro solamente sulla performance assoluta e di conseguenza del tasso di rendimento composto (CAGR). I parametri temporali sono diversi, ma oggi a titolo di esempio vi porto quelli a 5 e 15 anni sui principali indici settoriali ed aree geografiche. Come vedremo insieme questo esercizio molto semplice dispone di una grande dose di realismo.
Partiamo dalle performances a 5 anni approfittando del fatto che ci celebra il poderoso rally delle borse europee arrivate a massimi storici con lo Stoxx 600. Se partiamo con la borsa italiana ci accorgiamo che il CAGR annuo è ancora negativo, con l’indice nostrano poco sopra lo zero annuo anche a 15 anni di distanza nella sua versione MSCI Total Return. In pratica chi avesse comprato a marzo 2000 incassando tutti i dividendi oggi si vedrebbe ritornato lo stesso valore di partenza in termini nominali e al lordo delle tasse. Se poi potiamo l’investimento anche dell’inflazione cumulata in questi 15 anni (il 32%), in termini reali e al netto delle tasse l’investitore porterebbe a casa più o meno la metà dei suoi soldi.

5anni

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Tornando agli altri indici non sembra poi così eccessivo il rialzo di quella tedesca che viaggia ad un +9,6% annuo, mentgre diventerebbe facile concludere che una borsa americana (che corre al ritmo di +14% annuo) sta esagerando; stessa conclusione ma opposta per la borsa brasiliana che a 5 anni perde il 12% annuo rappresentando a detta di molti un’opportunità. Stesso ragionamento sui settori Msci World; il +18% annuo dei farmaceutici (Health Care) spingerebbe ad un facile arbitraggio con minerari (Materials) o energetici (Oil) i cui rendimenti annui risultano veramente bassi.

Se però lo stesso esercizio lo facessimo a 10 anni cominceremmo a notare delle differenze (ad esempio gli Stati Uniti crescono ad un più equilibrato 8,2% annuo), ma ancora più chiaro e lampante è raffrontare il tutto a tabelle a 15 anni.

geo2

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Ecco che i carissimi Stati Uniti ci mostrano una faccia diversa con rendimento medio annuo degli ultimi 15 anni pari ad un deludente 4% (questi sono quelli che comprarono sui massimi di marzo 2000), mentre il Brasile che sembrava così sottovalutato, guardandolo da questa prospettiva, pare equamente valutato con un rialzo medio annuo del 7,8%. Chi invece ha bruciato questi 15 anni senza ottenere risultati sono gli ultimi della classe come Finlandia, Portogallo, Giappone, Italia e Taiwan, piazze dove al netto, dell’inflazione, si sono bruciati soldi fitti insegnando per l’ennesima volta agli amanti dell’home bias come questa strategia di concentrazione su singoli paesi è deleteria.

Anche a livello settoriale quel misero 1% annuo raccolto dai minerari dal 2010 al 2015 si trasforma in un eccellente 8,6% in un orizzonte temporale molto più lungo, numeri che ci fanno capire come il processo di mean reversion è in atto sui Materials i quali pagano in questi ultimi anni gli eccessi della decade passata.

Vi lascio leggere con tranquillità queste tabelle (ricordo che sono indici MSCI total return in dollari Usa), ma credo che dopo un’attenta lettura di questi numeri anche voi vi farete influenzare molto meno dalle indicazioni spot di acquisto che ogni tanto qualche allegro consulente vi spedirà a casa solo “perché un titolo o una borsa ha perso tanto” oppure di vendita “perché è insostenibile un rialzo come quello che stiamo vivendo”.
Nel lungo periodo molti fenomeni di eccesso si ripianano, si ritorna verso la media e le perforamance si livellano. Non abbiate paura di andare controcorrente, ma soprattutto leggete ed interpretate ogni dato utilizzando una memoria storica che vada al di là del semplice anno.

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