Nei giorni scorsi questo articolo prendeva spunto da alcune tabelle di lungo periodo fonte JpMorgan che miravano a dimostrare la teorica appetibilità di un investimento in bond High Yield rispetto ad uno azionario soprattutto per investitori con un profilo più prudente e meno desideroso di salire sull’ottovolante dei mercati.
Nell’articolo vengono riportate le favorevoli condizioni di rapporto rischio rendimento dell’High Yield americano rispetto all’azionario (pari rendimento ma volatilità più contenuta) rilanciando sul fatto che dal 1984 in soli quattro casi l’indice High Yield Total return ha fornito ritorni negativi. Tutto verissimo, ma sul mondo delle obbligazioni ad alto rendimento ci siamo già espressi qui e riteniamo doverosa qualche precisazione che contrasta con la tesi della miglior efficienza garantita da questo tipo di investimento all’interno di portafogli bilanciati.
Abbiamo fatto una simulazione partendo dal 1986 ed arrivando al 2014 confrontando due tipi di portafogli molto semplici. Il primo rappresentato da 70% bond il 30% high yield (linea blu), il secondo da 70% bond e 30% azioni (linea rossa), tutto sempre centrato sugli Stati Uniti e con ribilanciamento annuo.
Come prevedibile il portafoglio solo bond ha avuto un ritorno annuo inferiore di 126 punti base all’anno a fronte però di una volatilità di 114 punti base più bassa. Incredibilmente la differenza tra anno migliore e anno peggiore dei due portafogli è praticamente identica (circa 470 punti base) nonostante 28 anni di storia. Incredibile fino ad un certo punto perché forse state già cominciando a capire a cosa stiamo per arrivare. Andiamo avanti e per unità di rischio (Sharpe ratio) notiamo come ha pagato di più l’azionario.
Va bene Archeowealth ma perché non ci fai vedere cosa è successo nei momenti di tensione dei mercati dove il cuscinetto cedolare ci avrebbe maggiormente protetto dai ribassi? Eccovi accontentati. Partendo con la stessa cifra il 31 dicembre 2000 e tirando le somme alla fine del 2009, quindi dopo due feroci bear market, il portafoglio composto da high yield avrebbe fatto meglio di 51 punti base all’anno rispetto a quello azionario con una volatilità più contenuta di circa di 2,5 punti.
Però ora se permettete mi prendo una rivincita. Stesso esercizio ma dal 2010 al 2014, ovvero in anni di bull market. Il portafoglio con il 30% di azioni (linea rossa) realizza un bel 7,81% annuo quello con 30% high yield (linea blu) il 5,55% annuo. Da notare che il primo ha una volatilità più bassa.
Non vi fidate? Bene 2004-2007 altro bull market ed altro netto distacco con 6.37% per il portafoglio con le azioni e 5,03% per quello con high yield a volatilità invariata.
Comunque la giriamo il risultato si ripete. Nelle fasi correttive l’high yield ci protegge dai cali ma in maniera marginale, mentre nelle fasi di rialzo la potenza dell’azionario si sprigiona in modo molto marcato distaccando nettamente le performance dell’obbligazionario alto rendimento. Considerando che i mercati azionari mediamente passano 4 anni su 5 in fase rialzista e che nessuno potrà mai sapere il giorno prima quando comincerà un bear market e quanto intenso sarà, ci dispiace per i tanti asset allocators ma ragionando con buon senso un bell’azionario a basso costo è molto meglio di qualsiasi Etf o fondo high yield a gestione attiva o passiva che sia e questo anche per profili di rischio più cauti.
C’è poi una questione meramente economica da considerare. Osservando ad esempio due ETF di Ishares quotati a Milano (S&P500 core e Us Liquid High Yield) notiamo come l’azionario ha un costo totale di 0,20%, quello obbligazionario di 0,50%; in 10 anni lascerete per strada 3 punti percentuali per ottenere lo stesso risultato, non mi sembra una gran scelta.
Fonte: Advisorperspective
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