Meglio 60% azioni e 40% obbligazioni oppure meglio 40% obbligazioni e 60% azioni, questa è una delle classiche domande che si pone l’investitore che deve scegliere come investire per i prossimi n anni. Il 60/40 (o 40/60) è una tipica ripartizione che troviamo spesso e volentieri anche nei fondi bilanciati a gestione passiva oppure nei fondi pensione con profili di rischio bilanciato.
Personalmente confermo ciò che ho già scritto in altre occasioni. Certo, scegliere se dare un maggior peso all’azionario rispetto all’obbligazionario (o viceversa) è un qualcosa che inciderà nei rendimenti e nella rischiosità alla quale saranno soggetti i vostri soldi. Alla fine di tutto però i pesi percentuali saranno un contorno ad un atteggiamento di ottimizzazione del processo di risparmio.
Accantonare regolarmente una certa quantità di denaro, evitare spese inutili, automatizzare il processo di investimento, allontanare le emozioni, sono solo alcuni degli atteggiamenti di buon senso che alzeranno da soli i rendimenti dei vostri investimenti abbassando il rischio.
Poi verrà l’asset allocation ma non preoccupatevi di capire quale sarà il peso ottimale, perdereste inutile tempo (a tal proposito consiglio la rilettura del post L’asset Allocation del Tempo). Scegliete quanto rischio volete prendervi ed avviate gli investimenti di conseguenza, ci sarà tempo per porre in essere i doverosi aggiustamenti.
Per i più curiosi ho deciso però di svelare l’arcano. Negli ultimi 20 anni meglio 60/40 a 40/60? Grazie al backtest tarato su azioni e obbligazioni americane (quelle con maggiore significatività storica), il risultato è quello espresso nell’immagine seguente:
Dieci mila dollari investiti 20 anni fa si sono moltiplicati per 12 volte nel 60% azioni 40% obbligazioni, per un tasso di rendimento annuo del 8,7% e una volatilità di poco inferiore a 10.
Dieci mila dollari investiti 20 anni fa invece nel portafoglio 40% azioni e 60% obbligazioni si sono moltiplicati per 10 volte con un tasso di rendimento annuo del 7,9% e una volatilità di circa 6 e mezzo.
In termini reali, quindi aggiustati per l’inflazione, gli entusiasmi si devono smorzare un po’. Il 60/40 infatti si è moltiplicato per 5.6 volte (Cagr annuo reale del 5,9%), il 40/60 invece si è moltiplicato di 4.5 volte (Cagr annuo reale del 5,1%).
Ecco perché dico sempre che le aspettative di rendimento vanno fatte in modo realistico. Un conto è basarsi sull’8% annuo, un conto sul 5%. E questi numeri, giova ripeterlo, sono ancora al lordo delle tasse.
Interessanti sono anche i dati di rischio che bisognerebbe sempre approfondire per avere un quadro più preciso della storia appena vissuta.
In termini di scomposizione del rischio infatti il mercato azionario ha contribuito per il 96% nel portafoglio 60/40 e per l’85% in quello 40/60. Numeri che di fatto riflettono la volatilità delle due asset class. L’azionario ha vissuto in questi 20 anni con una deviazione standard rispetto al rendimento medio del 9,9% che è stata pari a 15.4%, l’obbligazionario invece ha portato a casa un 6% annuo con una volatilità di appena il 3,8%.
Questo si riflette anche nelle percentuali di massimo calo (novembre 2007 – febbraio 2009 per entrambi) e nei tempi di recupero. Dopo 2 anni e 1 mese il portafoglio con maggiore peso di obbligazioni aveva già recuperato tutte le perdite mentre il portafoglio a maggior contenuto azionario tagliò il traguardo dopo 3 anni.
Il 60/40 ha vissuto in territorio positivo di rendimento nel 66.5% del tempo, il 40/60 invece nel 69% del tempo.
Informazioni che nessuno si sogna di proiettare come attendibili per un rendimento futuro, ma che a mio modo di vedere dimostrano come spaccarsi la testa attorno a certe percentuali tutto sommato rappresenti un esercizio inutile se l’orizzonte temporale è piuttosto lungo. Provate solo a immaginare quali fattori di disturbo possono intervenire nel durante a modificare, anche solo provvisoriamente, il vostro piano di investimento.
Scegliere il grado di rischio che si vuole correre è molto importante, aggiustare di qualche punto percentuale il peso di questo rischio è decisamente più marginale.
Ho letto dappertutto che gli stop loss sugli ETF diversificati sono un’eresia. Sui bilanciati multiasset una cosa da sicuro rogo intellettuale da parte degli investitori ‘stay the course’. Ma mi chiedo lo stesso: è così sbagliato mettere uno stop loss a metà del max drawdown storico? Per esempio -10% sul 40/60? Vicino all’obiettivo mi proteggerebbe dal prossimo crollo. (che arriva molto probabilmente, ma non si sa quando, magari a Maggio 22). Grazie.
Post che arriva nel momento giusto, per quel che mi riguarda. Lunedì prenderà vita il mio portafoglio di etf.
In questi giorni sto facendo gli ultimi ritocchi al mio piano (anche se, in realtà, è tutto ben chiaro da qualche tempo).
Ho scelto un’allocazione che si avvicina molto al portafoglio “golden butterfly”, ho il 50% di $ e il 50% di €.
Ho 38 anni e un bel po’ di risparmio accantonato in questi anni. Ho deciso di entrare a mercato in un’unica soluzione e ribilancerò annualmente attraverso il versamento di ulteriori risparmi (l’idea è quella di non prelevare mai per ottimizzare l’aspetto fiscale).
Incredibili gli spunti che ho trovato grazie al vostro lavoro… mi sento di ringraziarvi!
Buona giornata