By |Categorie: Pensione|Pubblicato il: 4 Luglio, 2022|

Acquisire oggi consapevolezza di un problema che si manifesterà molto più avanti nel tempo richiede un notevole sforzo personale di visione e responsabilità. Se però questo problema riguarda il nostro tenore di vita futuro vale la pena compiere lo sforzo di studiare e comprendere meglio le conseguenze della non azione.

Perché è giusto essere preoccupati del futuro finanziario

Non essere finanziariamente preoccupati di quello che succederà terminata la carriera lavorativa rischia di trasformare in incubo quello che per ora vediamo solo come un fastidioso richiamo alla realtà di qualche esperto (o presunto tale) della materia.

Tante volte dietro consigli che sembrano disinteressati vediamo della mala fede o del conflitto di interesse.

In alcuni casi è sicuramente così e facciamo benissimo a esplorare ai raggi X la qualità e la provenienza del consiglio.

In altri casi siamo così tanto sospettosi perché non vogliamo ammettere che abbiamo un problema al quale non abbiamo pensato.

Questo richiede azione e l’azione non collegata al piacere frena l’iniziativa.

Ecco spiegato perché (giustamente) i versamenti previdenziali pubblici sono obbligatori e quelli privati come i fondi pensione hanno dei vincoli temporali e di prelievo.

Risparmiamo poco per la pensione ignorando la realtà

In uno studio condotto nel 2021 da Intesa San Paolo e Centro di Ricerca Luigi Einaudi dal titolo “Indagine sul Risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani 2021” solo il 4,3% degli intervistati ha dichiarato di risparmiare per la pensione, quasi 5 volte in meno rispetto ad un’altra motivazione, risparmiare per eredità/figli.

Bello pensare agli eredi ma, o siamo così sicuri di essere ricchi e benestanti al momento della verità, oppure stiamo solo sognando ignorando la realtà.

In un’indagine condotta da Mercer nel 2016 tra i lavoratori americani emerse un dato shock.

Considerando che le forme di tutela pensionistiche negli Stati Uniti sono decisamente inferiori rispetto a quelle dei paesi europei, la metà degli over 50 si preoccupava della situazione finanziaria durante la pensione, ma solo un quarto del campione under 50 anni metteva questo problema al primo posto. C’era il quotidiano da sistemare, ma detto da chi ha un Pil pro capite di oltre 60mila dollari, la cosa fa sorridere.

Circa un italiano su tre che sta lavorando attivamente partecipa oggi ad un forma di pensione integrativa, un dato assolutamente insufficiente.

Ma ancora peggio va a coloro che sono fuori sia dal mondo del lavoro che non potranno contare in pensione su questo secondo pilastro previdenziale, ma solo su sé stessi.

Si potrebbe sorvolare sui vantaggi fiscali dei fondi pensione e fare tutto in proprio con forme di investimento private.

Sarebbe fantastico. Alla fine quello che conta è il risultato.

Quando prendiamo consapevolezza del problema è troppo tardi

Il problema è che anche in questo caso pensiamo al problema quando è troppo tardi per essere risolto. Oppure se lo facciamo per tempo abbiamo la tendenza a sottostimare i dati.

Un esempio.

Lo sapete che un bambino nato nel 2007 che oggi ha 15 anni ha una elevata probabilità di vivere oltre 100 anni?

Senza scomodare gli adolescenti che in questa estate rovente devono dedicare le loro attenzioni a ben altro, chi è già entrato nel mondo del lavoro sta pensando a come gestire una fase di ritiro nella quale molto probabilmente le capacità lavorative di oggi diventeranno inutili o comunque sorpassate?

Il World Economic Forum nel 2017 aveva stimato che il 65% dei bambini che entrano nella scuola primaria oggi termineranno la loro carriera lavorativa svolgendo una mansione che in questo primo ventennio del secolo neanche esiste.

La soluzione si chiama pianificare per tempo

Di fronte a questi dati i margini di errore e incertezza sono certamente alti, ma non pianificare (o farlo male) pensando che il problema si risolverà da sé, o che comunque qualcuno penserà a noi, è un errore gravissimo anche perché poi non ci sarà tempo di riavvolgere il nastro.

Molti elementi di pianificazione sono incogniti o soggetti a variabilità, ma su una cosa abbiamo la certezza.

Il tempo che trascorrerà da oggi fino alla presunta età di aspettativa di vita. Dico certezza perché nessuno si augura che nel frattempo qualche sfortunato evento stronchi il nostro viaggio. E quindi dobbiamo, e sottolineo dobbiamo, ragionare come se andasse tutto secondo programma. O anche meglio.

Ritardare certe scelte finanziarie sappiamo già che ha dei costi.

Non nascondiamoci dietro la facile risposta che facciamo fatica ad arrivare a fine mese perché, nella maggior parte dei casi, di consumi non necessari e comprimibili nei bilanci delle famiglie ce ne sono.

Ritardare di 10 anni la partenza di un piano integrativo per la pensione può costare anche più del doppio dei risparmi che dovremo mettere da parte per raggiungere il medesimo obiettivo partendo con una decade di anticipo.

I numeri non mentono e la capitalizzazione composta degli interessi nemmeno.

Ipotizzando di partire con un investimento annuo di 6300 euro all’età di 25 anni e andando avanti così fino ai 70, con un rendimento medio annuo del 5% riusciremo a costruire quello che serve per arrivare al mitico milione di euro. Lo zainetto che serve per avere disponibili 40mila euro annui per almeno i 25 anni successivi.

In questa simulazione non tengo in considerazione tasse e inflazione, ma nemmeno tengo conto del fatto che dai 70 anni in avanti avremo una pensione pubblica e probabilmente una percentuale di spesa sul reddito più bassa.

Fonte dati: rielaborazione autore – Cagr 5%, età obiettivo 70 anni, importo obiettivo 1 milione di euro. Risultati al lordo di tasse, costi e inflazione

Questo esempio è sufficiente per comprendere che partire con un piano di risparmio 10 anni dopo alle stesse condizioni (quindi 5% di rendimento annuo fino a 70 anni di età) richiederà oltre 11mila euro annui di risparmio per arrivare a 1 milione di euro; il 75% di risparmio in più all’anno rispetto al 25enne previdente.

Se poi rimandiamo di altri 10 anni e quindi partiamo all’età di 45 anni serviranno 21mila euro annui di risparmio; il 90% in più rispetto al 35enne.

Se proprio ce ne siamo fregati e cominciamo a risparmiare all’età di 55 anni, per arrivare a 1 milione serviranno oltre 46mila euro annui; il 120% in più del 45enne.

Un giovane informato parte avvantaggiato

Ecco perché la frase “risparmiare fin da subito conviene” deve essere il tormentone dei giovani italiani.

Naturalmente per un 25enne pensare di risparmiare 6300 euro all’anno è impegnativo.

Sono 525 euro al mese. TFR e datore di lavoro contribuiscono in molti casi al fondo pensione e, se noi facciamo lo stesso, l’obiettivo diventa abbordabile. Gli anni futuri, quando lo stipendio dovrebbe aumentare, aiuteranno a risolvere alla radice il problema del basso risparmio che, poco o tanto che sia, è un tassello fondamentale per un futuro migliore.

Se invece dobbiamo fare da soli perché svolgiamo un lavoro autonomo non ci sono molte soluzioni. Dobbiamo scavare nelle pieghe dei bilanci per cominciare a trovare qualche risorsa. Basta la metà o anche meno di ciò che abbiamo programmato, avremo sempre tempo di incrementare quando gli affari saranno più floridi.

Adesso abbiamo qualche dato oggettivo in più.

Non fare nulla sarebbe un atto di grande irresponsabilità contro noi stessi. ma soprattutto contro le persone che dovranno preoccuparsi per noi nella fase più avanzata della vita.

Finché siamo in tempo pensiamo molto bene alle conseguenze di quello che NON stiamo facendo.

Buon investimento.

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