La mini serie dedicata alla storia di alcune delle principali tipologie di investimento disponibili per un piccolo investitore si chiude oggi con le obbligazioni corporate, ovvero le emissioni di società private.
Dopo l’azionario e l’obbligazionario governativo globale, dopo le azioni small cap e value, chiudiamo questo ideale cerchio con la componente obbligazionaria teoricamente più redditizia ma anche più speculativa, le obbligazioni emesse da società private.
Cosa sono le obbligazioni corporate
Una delle tre asset class principali, quella obbligazionaria, ha la caratteristica peculiare di rappresentare un prestito che l’investitore concede a un emittente il quale in cambio offre una remunerazione solitamente espressa da una cedola fissa o variabile.
Questo emittente che raccoglie denaro sul mercato per finanziarie progetti di investimento o semplicemente per esigenze interne di liquidità, può essere un soggetto pubblico o privato.
Nel primo caso il soggetto pubblico può essere rappresentato da uno Stato nazionale come l’Italia o la Germania, oppure da un organismo sovranazionale (ad esempio la Banca Europea degli Investimenti o la Banca Mondiale).
I gradi di rischio misurati dal rating variano a seconda della qualità dell’emittente. Se le emissioni sovranazionali solitamente hanno il rating massimo di tripla A, quelle nazionali oscillano dalla AAA fino alla categoria junk bond che caratterizza gli stati con una qualità molto bassa.
Le stesse metriche di giudizio vengono adottate per le emissioni obbligazionari di soggetti privati.
In questo caso si parla di obbligazioni corporate bond e possono essere divise in due categorie. Quelle con un rating medio alto (investment grade) e quelle con un rating basso (high yield).
A questo link una tabella esaustiva che riassume la scala dei rating.
Come si determina il rendimento delle obbligazioni corporate
A seconda del grado di rischio misurato dalle agenzie di rating e quotidianamente dal mercato con l’oscillazione del differenziale di tasso rispetto ad un titolo di Stato tripla A come il Bund tedesco, le emissioni societarie offrono rendimenti più elevati rispetto ai titoli governativi più sicuri.
In questo caso si parla di spread, un numero che assieme ai cosiddetti Credit Default Swap (premio pagato per assicurarsi contro l’insolvenza dell’emittente), fornisce agli investitori l’indicazione del grado di rischio che si andrà a correre sull’investimento.
L’impegno assunto dall’emittente di un’obbligazione societaria è quello di pagare regolarmente all’investitore gli interessi promessi fino al rimborso finale a scadenza del capitale prestato.
Se uno di questi due eventi non si verifica come previsto allora può scattare il cosiddetto default dell’emittente, ovvero l’impossibilità per l’investitore di recuperare immediatamente e per intero il valore del suo investimento.
Come ogni obbligazione, dopo l’acquisto l’andamento di un investimento in corporate bond è influenzato dalla dinamica dei tassi di interesse dei titoli di Stato (se salgono scende il prezzo e viceversa), dalla sua durata (più è lontana la scadenza, più forti sono le oscillazioni per effetto della variazione dei tassi) e dal rischio credito (il grado di qualità dell’emittente misurato dal rating). Possono esserci rischi aggiuntivi legati ad esempio alla struttura variabile della cedola, al grado di subordinazione nel rimborso del debito, al cambio, ecc…
I corporate bond possono avere vari tagli di emissione. Dai 1000 euro fino a 500mila euro o più per quelle obbligazioni riservate a soggetti istituzionali come le banche.
L’investitore può quindi decidere di acquistare lo strumento direttamente sul mercato se quotato, fuori mercato se non quotato, oppure via fondi e ETF.
Questa ultima appare la soluzione migliore proprio per garantire all’investitore quel beneficio di diversificazione quanto mai importante quando si acquistano debiti di un emittente privato sicuramente più rischioso di molti titoli emessi da Stati.
Anche acquistando queste obbligazioni con fondi e ETF il rischio sarà maggiore rispetto ai titoli di Stato come testimoniano i dati storici delle obbligazioni corporate americane.
La storia delle obbligazioni corporate
Negli ultimi 20 anni la volatilità annua di un investimento in obbligazioni statali americane a scadenza intermedia (5 anni) è stata di 4,4% contro il 7,5% delle obbligazioni societarie.
Oscillazioni di performance più ampie che si traducono in maggiori rendimenti potenziali ma anche in drawdown (perdite massime) superiori.

Massima perdita per governativi Usa vs corporate bond Usa anni 2002-2022
Per avere una visione storica più ampia sui rendimenti ottenuti da un investimento in obbligazioni societarie americane dobbiamo necessariamente ricorrere al database del professor Damodaran.
La tabella che riportiamo qui sotto rappresenta i rendimenti annui composti storici su tre blocchi temporali dell’obbligazionario corporate americano messo a confronto con i titoli di Stato, l’azionario S&P500 e la liquidità.

https://pages.stern.nyu.edu/~adamodar/
Dal 1928 al 2021 il rendimento annuo offerto agli investitori dalle obbligazioni con merito di credito investment grade sfiora il 7%, tre punti percentuali in meno dell’azionario e due punti in più dei titoli di Stato.
Negli ultimi 10 anni il premio per il rischio misurato dal differenziale di rendimento rispetto ai titoli di Stato, è salito a oltre tre punti e mezzo confermando, come per il mercato azionario, un ritorno senza precedenti nella decade appena conclusa. E che l’inizio del 2022 ha già provveduto almeno in parte a resettare.
Per quello che riguarda le obbligazioni high yield, ovvero quelle con merito di credito definito “spazzatura”, grazie al database di Portfoliovisualizer possiamo andare indietro di 40 anni e verificare se e quanto valore aggiunto ha fornito questa tipologia di investimento al portafoglio di un investitore.
I dati sono al lordo di fiscalità e inflazione, al netto dei costi trattandosi di ETF.
La linea gialla rappresenta il rendimento annuo composto delle obbligazioni high yield, inferiore naturalmente a quello dell’azionario, superiore al cosiddetto free risk, i titoli di Stato americani a scadenza intermedia.

Fonte: Portfoliovisualizer 1982-2022
Il rendimento annuo che un investimento in obbligazioni corporate high yield ha ottenuto in 40 anni è stato del 7,8% con una volatilità di 7,1%. Esattamente un punto percentuale in più del rendimento ottenuto nello stesso arco temporale dai titoli di Stato (ma con volatilità di 5,1%) e poco più di tre punti percentuali in meno rispetto all’azionario americano (ma con volatilità 15%). Interessante il dato della massima perdita di un investimento high yield negli ultimi 40 anni. Il -29% diventa un fardello pesante quando confrontato con il -10% di un titolo di stato. Prima di acquistare qualche cosa che si chiama obbligazioni cerchiamo sempre di capire di quale tipo stiamo parlando.
Cosa offrono oggi i corporate bond
Alla data del 1 agosto 2022 un investimento in ETF che investe in obbligazioni corporate europee investment grade offre un rendimento implicito del 2,5% a scadenza. L’ETF che investe in obbligazioni high yield europee del 7%.
Se per i titoli di Stato questo numero è importante perché sappiamo essere quello che potrà ottenere un investitore su un certo orizzonte temporale (diciamo 10-15 anni), lo stesso ragionamento non vale per le obbligazioni societarie con grado di rischio crescente.
Più rischio mettiamo, dentro più volatili e incerti saranno i rendimenti futuri del nostro investimento.
L’unico aspetto che quindi possiamo valutare è quello del premio per il rischio offerto dal mercato oggi.
Un BTP a 10 anni offre ad esempio un rendimento leggermente superiore a quello delle obbligazioni societarie investment grade, mentre un Bund tedesco sempre a 10 anni offre rendimenti inferiori di oltre un punto e mezzo all’anno.
Molto più alto il premio per il rischio offerto dalle obbligazioni spazzatura high yield.
Questo numero che oggi si posiziona attorno al 7% deve però tenere conto di tassi medi storici di default (quindi fallimento societario) più alti.
Per le obbligazioni americane questo numero è del 3,6% (fonte J.P.Morgan – Guide to the market 2022).
Questo significa che prese 100 obbligazioni di 100 emittenti diversi, quasi quattro sono destinate ogni anno a fallire. I default ovviamente riducono la performance dell’investimento ma non di quattro punti percentuali, piuttosto di una percentuale data dalla differenza tra quello che era l’importo dovuto dall’emittente in assenza di default (solitamente 100) e quello che l’investitore riesce ad ottenere. Quello che in gergo si chiama recovery rate (tasso di recupero) storicamente si posiziona attorno al 40% (quindi di quei 100 recupereremo circa 40) rendendo amara sì la pillola per l’investitore, ma molto meno rispetto ad una perdita totale.
Cosa ci dice la storia dell’obbligazionario corporate
Questa breve storia dell’obbligazionario societario ci dice due cose molto importanti.
La prima. Se siamo avversi al rischio partendo da un porzione rilevante di titoli di Stato inserire obbligazioni corporate in portafoglio può avere senso per aumentare la redditività dell’investimento con un occhio però attento al livello di rischio. Soprattutto nelle fasi di alto stress un ribilanciamento a favore delle obbligazioni corporate penalizzate dalla fase negativa di mercato può avere senso.
La seconda. Se abbiamo una propensione al rischio più elevata ha poco senso utilizzare strumenti obbligazionari ad alta volatilità (come i bond high yield) rimanendo preferibile puntare direttamente sull’azionario. Gli strumenti obbligazionari governativi continueranno a rappresentare un valido strumento di conservazione del capitale e riduzione della volatilità per portafogli che preferiscono spingere di più su asset potenzialmente più redditizi ma anche più ballerini.